Il viaggio a Leuca è un viaggio nella letteratura: moltissimi sono gli autori salentini che hanno scritto di Leuca e si sono fatti affascinare dalla sua suggestione. Ne hanno scritto, oltre a tutti quelli già citati, Luigi Tasselli in “Antichità di Leuca” (Eredi Pietro Micheli 1693, poi ristampato in Lecce 1859); Don Geronimo Marciano, in un poemetto, del 1692, in vernacolo, “Viaggio a Leuche, a lengua noscia de Rusce”, pubblicato nel 1996 sulla rivista “Verso l’Avvenire”, con traduzione e commento di Padre Corrado Morciano; Lorenzo Giustiniani nel suo “Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli” (Napoli 1797); Giacomo Arditi nella “Corografia fisica e storica della Provincia di Terra d’Otranto” (Forni Bologna 1879); Girolamo Marciano in “Descrizione, origine e successi della Provincia di Terra d’Otranto”, pubblicato nel 1855; e per venire a tempi più recenti, Vincenzo Rosafio con le sue opere “Leuca e dintorni” (Marra 1970), “Le Chiese del Santuario di Leuca” (Editrice Salentina 1983), “Il Santuario di Leuca o De Finibus Terrae”(Tricase 1990); il Tanzi, con “Gagliano del Capo e il suo Santuario di Santa Maria di Leuca” (Editrice Salentina 1972) che ci riporta alla secolare contesa fra i comuni di Castrignano del Capo e Gagliano sul possesso del Santuario di S.M. di Leuca; Corrado Morciano, autore di tantissime pubblicazioni sul tema, a partire da “Leuca, la bianca del sud” (Editrice Salentina 1973), passando per “Grotte rupestri nel territorio di S.Maria di Leuca” (Editrice Salentina 1990),”Il carisma del Santuario della Madonna di Leuca” (Del Grifo, 2000), “La devozione della Madonna di Leuca nel Salento” (Bleve Editore, 2000), e le varie Guide Turistiche, edite dal Circolo Culturale “La Ristola”; anche l’Università di Lecce, con la monumentale opera “Leuca” (Congedo 1978); Giuseppe Milo con “Il Santuario di Santa Maria di Finibus Terrae o di Leuca oggi” (New Cards Editore 1993); Cesare Daquino con “La guida di Leuca” (Capone Editore 1993); “Iscrizioni latine nel Salento. Paesi del Capo di Santa Maria di Leuca”, a cura di Antonio Caloro, Mario Monaco, Antonio Lenio e Francesco Fersini (Congedo 1998,) sulle innumerevoli epigrafi che incontriamo nella nostra visita; Antonio Caloro con “Relazioni del Vescovo di Alessano Celso Mancini” in “La seconda chiesa matrice di Tricase nel Settecento”, a cura di Salvatore Palese e Maurizio Barba (Congedo 2001); Nunzio Stasi con “Leuca e il Salento” (Nibbio Editore 2002); AnnaRosa Potenza con “Leuca una perla ai confini della terra” (Leucasia 2004) ; ma come non citare il De Giorgi, che spesso ha trattato Leuca nelle sue opere di geografia, archeologia, idrologia, agraria ed arte. E poi la pubblicistica leucana si completa con le riviste “Mamma Nostra di Leuca. Bollettino dei pellegrini di Maria”, storica rivista voluta nel 1951 da Mons. Giuseppe Ruotolo, la più recente “Verso l’avvenire”, rivista bimestrale della Basilica, nata nel 1980 (prima come “Voce nuova”)diretta da Mons.Stendardo (Laborgraf Editore) e “La Spina de Rizzu”, rivista annuale dell’Ass. Cult. La Ristola, nata nel 1974 e diretta da Padre Corrado Morciano.Queste riviste hanno un loro illustre antesignano ne “Il Leuca”, la prima rivista di cultura e costume fondata sul finire dell’Ottocento da Tommaso Fuortes (1846-1915), animatore delle serate della dolce vita leucana (come riporta Alessandro Laporta in “Un secolo di stampa periodica da <Il Leuca> a <Spina de Rizzu>”, in “La Spina de Rizzu”, numero unico 1998) e fratello di quei Gioacchino e Tarquinio Fuotes dei quali è stato recentemente ripubblicato un “Saggio di canti popolari di Giuliano (Terra D’Otranto)” da Sergio Torsello per Edizioni Dell’Iride (2006).
Qui, nel “Tallone d’Italia” , fra cartoline e depliant e le prelibatezze della cucina locale, la vita scorre più lentamente se ci si lascia vincere da quella dolce indolenza che ci fa intorpidire nei meriggi estivi, quando cerchiamo riparo dalla canicola nel fresco delle case leucane o in un bagno rigenerante a mare. Leuca è l’approdo, in una mattina d’azzurro e di vento,in una terra gentile ed ospitale, è quel grido “terra!” dopo tanto e tanto mare. Leuca è l’incrocio dei venti, da tramontana a libeccio, da scirocco a maestrale, forse è in una di queste caverne che il mitico Eolo li raccolse ed è da qui che si scatenano e spirano. Leuca è l’anfora nella quale hai racchiuso i tuoi pensieri , e lapislazzuli sembrano quei riflessi del sole sul mare di mezzogiorno e un lampo improvviso che infiamma il cielo di mezzanotte.
Il viaggio a Leuca è un viaggio nella letteratura: AaVv. “Leucadia Studi e ricerche” Vol. I e II, a cura della “Società Storia Patria sez. Tricase” (Grafiche Salentine 1986); Michele Rosafio con “Leuca, guerra e navi. L’incrociatore francese Leon Gambetta. I sommergibili Rubino e Pietro Micca. Il piroscafo cisterna Sanandrea” (Edizioni dell’Iride 2000); Andrea Chiuri con “Pellegrini a Leuca. 2000 anni di storia” (Edizioni dell’Iride 2000); Toti Carpentieri con “Verso Oriente. Santa Maria de Finibus Terrae: La storia, un restauro e le tre porte bronzee” (Bleve Editore 2000); Gino Pisanò con “La leucadia salentina nell’archivio letterario del Novecento”, contenuto in “Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del Sud Salento” (a cura di F.G.Cerfeda, Salvatore Coppola, Luigi Moscatello, Publigraf 2004); Rocco Fino con “Il Capo di Leuca e dintorni” (Congedo 2004); la ristampa di “Finibusterre” di Luigi Corvaglia delle Edizioni Dell’Iride (2006); fino al recentissimo, nel senso di ristampa, “Historia della città de Leuche allo capo della provintia de Terra d’Otranto”, uno scritto anonimo “stampato a Padova il 1588”(dunque il primo in assoluto scritto su Leuca della storia), a cura di Alessandro Laporta (Edizioni Dell’Iride 2008).
L’aria salubre e la bellezza dei posti attirarono sul finire dell’Ottocento tanti esponenti del bel mondo salentino, che elessero Leuca a propria residenza estiva e commissionarono la costruzione di innumerevoli ville che oggi costituiscono una delle principali attrazioni della marina . Sul lungomare Cristoforo Colombo, nel 1874, fu edificata una delle più belle ville di Leuca: la “Meridiana”, in stile liberty, così chiamata per via dell’orologio solare collocato sulla facciata: progettata dall’ingegnere Giuseppe Ruggeri di Nociglia, fu acquistata dalla nobile famiglia Serafini-Sauli. Attualmente è annessa all’Hotel Terminal. Ma la più antica villa leucana è “Villa Romasi”, che risale al 1700, mentre tutte le altre vennero costruite nella seconda metà dell’Ottocento. Questa villa si trova a pochi passi dal Bar del Porto, noto ritrovo sociale, frequentatissimo, soprattutto d’estate, dalla gioventù salentina. Nel 1876, sempre ad opera dell’ingegnere Giuseppe Ruggeri, venne costruita la “Villa Mellacqua”, in stile neogotico, che i leuchesi, per la sua particolare struttura,hanno soprannominato “u cummò capisutta” (il comò rovesciato). Due anni dopo, sempre su progetto del Ruggeri, venne costruita “Villa Sorelle Maruccia” (oggi Villa Sangiovanni). Nel 1880, venne edificata la stupenda “Villa Daniele”,dal caratteristico arabesco, su progetto dell’avellinese Achille Rossi. Seguirono altre stupende costruzioni, come “Villa Colosso”, “Villa De Francesco-Licci”, in stile orientaleggiante, “Villa Episcopo”, in stile cinese, , “Villa Fuortes”, dallo stile pompeiano e jonico, “Villa Pia”,in stile neogotico, “Villa Stefanachi”, e tanti altri di quei paradisi dell’eclettismo di cui parlano Vincenzo Cazzato e Andrea Mantovano (“Paradisi dell’eclettismo. Ville e villeggiature nel Salento”, Capone 1992). Queste ville ci riportano alla Leuca d’altri tempi, quella dei giri in barca, del bagno delle signore dell’alta borghesia nelle bagnarole private, quella dei tavoli verdi e delle eleganti feste al chiar di luna nei giardini delle ville, quella dei balli scatenati sulla pista delle Terrazze e degli idrovolanti che atterravano sul pontile, della visita a Leuca della Principessa Soraya negli anni Sessanta, quella del “dolce vivere all’aria aperta” come ha titolato Ermanno Inguscio un suo recente libro sulla materia (“Ville del Salento – del dolce vivere all’aria aperta”, Capone 2007). Proprio per l’aria salubre che qui si respirava, il Consorzio provinciale decise, negli anni Venti del Novecento, di realizzare una stazione antitubercolare dove ospitare i bambini, ed erano davvero tanti in quegli anni, affetti da malattie polmonari. La colonia marina, realizzata in un immobile demaniale grazie anche all’intervento del benefattore Luigi Scarciglia di Minervino, e a lui intitolata, fu inaugurata con grande spolvero nel 1930 ,alla presenza di tutte le autorità e dell’allora segretario nazionale del Partito Fascista Achille Starace. Oggi Leuca è anche il meraviglioso miscuglio di stili delle sue ville patrizie ed è l’ex Colonia Scarciglia.
Leuca è una tavola di Vincenzo Ciardo. Leuca è la Lega Navale, il ristorante “Lupo di mare “, l’Hotel Rizieri, il primo albergo leucano. Leuca è la locale Pro Loco e il Molo degli Inglesi, Leuca è il Circolo della Vela. L’Hotel Terminal e l’Hotel Approdo. Leuca è leggenda e realtà, arrivo e partenza. Leuca è l’eternità. Leuca è “un pugno in cielo di terra buona”. Ma Leuca è anche la Chiesa di Cristo Re, iniziata nel 1896 su progetto dell’Ing.Ruggeri e terminata nel 1935; è qui che si trova la statua della Madonna che viene utilizzata il 15 agosto per la processione in mare. Leuca è il Lido Azzurro e il Lungomare è un bazar dove, tra mille colorate bancarelle, puoi trovare di tutto. Leuca bimare, Capo Horn pugliese, è una tela di Gustavo Ruggero Urro, “il pittore del capo di Leuca”, come lo ha definito Antonio Caloro. Leuca è la Grotta Porcinara con le sue antichissime iscrizioni.
Leuca è la Torre dell’Omo Morto, fatta costruire nella seconda metà del Cinquecento da Andrea Gonzaga, Principe di Alessano e così chiamata perché qui, secondo la leggenda, vennero trovate tante ossa appartenute ai pirati saraceni uccisi nei secoli scorsi. E’ qui che Mario Calcagnile, nel suo romanzo “La torre degli amanti a Leuca” (Edizioni Terrebruciate 2003), ha ambientato una drammatica storia d’amore, collocata in una immaginaria Leuca del Cinquecento.
Leuca, tra le gemme d’Italia, e le sue infinite grotte sul mare. Leuca e il Semaforo Militare.
Leuca fabulosa e pittoresca è una guida turistica, Itinerarium mentis in deum, “ascensore per il Paradiso”. “Un santuario. Un faro. Leuca oggi uguale ad ogni altro luogo di mare, con un santuario e un faro” scrive Antonio Errico in “Viaggio a Finibusterrae” (Manni 2007). E continua: “Il nome è un’esplosione di bianco: il bianco della luce, quello della schiuma del mare, il bianco di una purezza che non vuole striature. Eppure anche il nome, di origine difficilmente contestabile, diventa presto di dubitazione; si dice: e se invece venisse dall’arabo lug, che significa lume, o dall’ebraico lun, che vale pernottare. Perché Leuca come Finibusterrae quasi pretende la confusione determinata dall’improbabilità, dalla contaminazione del significato…Davvero non importa se l’origine del nome sia greca, araba, ebraica. Non importa se debba l’esistenza a genti venute dall’Oriente, da Creta, oppure dalla sirena Leucasia, o ai popoli fenici, o a Re Idomeneo. Importa, invece, l’indeterminatezza di tutto quello che riguarda Leuca, perché l’indeterminatezza è l’origine di Finibusterrae, la sua natura, perché l’incompiutezza è il suo destino”.
Leuca e i caratteristici “canaloni” che attraversano il suo territorio. Lodata anche dal “Fabbricante d’armonie” Antonio De Ferraris Galateo nel “De situ Jiapigie” del 1558 ( in “Lecce e Terra d’Otranto” a cura di Vittorio Zacchino,Edipan 2004), la nobile Leuca fascinosa, a volte altera come una dama d’altri tempi, conserva quella punta di “snobismo” che le viene dall’orgoglio della propria storia e dalla consapevolezza della propria bellezza. Qui, fra mandorli e carrubi, si respira un’aria diversa, come quando si sa di essere arrivati alla fine del viaggio e che più in là non si può andare. E dopo tutto quello che abbiamo visto e letto, ed anche quello che non abbiamo visto ma abbiamo solo immaginato, quando si arriva di fronte a queste Colonne d’Ercole salentine, allora, ci prende qualcosa dentro di più forte, come un senso di resa, che ci fa posare la nostra bisaccia e sedere sulle rocce leucane, affidando ai bianchi gabbiani, che tracciano in volo geometrie a noi incomprensibili, una speranza, un pensiero, come una cosa stupida di uomo, di fronte all’ineffabile mistero divino. E mentre il sole scende nel mare e sentiamo scorrere sulla pelle tutti i brividi del mondo, viene voglia di benedire e ringraziare chi,per un minuto di infinito, un interminabile e trascendente minuto di infinito, ci ha voluti qui, viaggiatori fragili e transeunti, ad assaporare uno scampolo d’immenso.