di Raffaella Verdesca
“Tutte le strade portano a Roma” era il detto più usato da questa nostra nazione fin nei villaggi più sperduti dello stivale.
Orgoglio patriottico e bussola per i distratti, gli insicuri e i maratoneti d’ogni giorno, quelli bisognosi di traguardi.
A me basta osservare il cielo per trovare la strada giusta, e il cielo che oggi mi è amico è quello fitto di nuvole e schiarite che Carlo Casciaro appende in alto alle sue tele per far luce sulle strade di Diso, Giuggianello, Vignacastrisi. Salento crocevia di piazze, di storie e di vita.
I prospetti bianchi delle case sono illuminati da un sole che non si vede ma si intuisce dalle tonalità celesti sopra le case senza tetti, dai giochi d’ombra sotto i cornicioni senza abbandono, fatali connubi che attestano che Casciaro riprende ciò che esiste e fa esistere ciò che ritrae.
Se fisso dove si specchiano i raggi sui muri so in quale parte del cielo danza il sole prima dell’applauso finale, so quando l’ultimo gatto lascerà la soglia della propria casa per la caccia notturna, riesco a sentire il richiamo delle madri sui giochi di strada dei figli, vedo i curiosi ritirarsi dalla facciata di una locandina che informa il mondo della Mostra Pittorica di Carlo Casciaro, quella che li farà conoscere al pubblico.
E io chiudo gli occhi certa dei miei passi.
Insieme a voi arriverò fino a ‘Roma’, ovvero alla sorgente naturale della meraviglia, calpestando le vie che una mano d’artista ha segnato attraverso l’occhio mite e attento del suo respiro innamorato.
Casciaro ama infatti la sua terra e ce ne regala i colori migliori attraverso immagini che nel passato scovano l’armonia del vissuto, del semplice, di quel palpitare non più ovvio se immortalato nei volti che quelle stesse strade e piazze hanno abitato.
Ed ecco affacciarsi i ritratti di personaggi che hanno il sapore della storia, forse della favola. In caso di dubbio sulla giusta direzione, è a loro che Carlo ci suggerisce di chiedere.
Fra tutti questi fogli appesi a consigliarci c’è u Dunatu Capone u Peppe Zainu Mescia Cosima’, non mancano la stessa madre e lo stesso padre del pittore.
La metamorfosi del tratto dell’artista fa scomparire d’incanto il colore dai ritratti, come sciolto dal sudore di una vita dura a cedere il passo alla dimenticanza.
Chiunque avrà la fortuna di ammirare queste splendide tavole di Carlo Casciaro avrà l’impressione di essere osservato da uomini e donne in carne ed ossa, figure fiere di quel chiaro-scuro che oggi di loro racconta il sacrificio, la bontà, l’inquietudine dettata da una passione da realizzare o da seppellire, la beatitudine alimentata da un sogno da consacrare o da dimenticare.
Arriveremo tutti a ‘Roma’ sani e salvi, novelli Magi all’inseguimento di cieli brillanti d’azzurro, di sguardi carichi di emozioni e di forti legami con la terra, gli stessi che scavano le strade che Carlo Casciaro oggi ci offre come un viaggio, il viaggio alla scoperta di noi stessi, l’avventura che non dura il tempo di una Mostra, la mappa di ogni cacciatore di vita che si rispetti.
Complimenti, Raffaella