Dai “Sommessi racconti inediti”
Il racconto del silenzio. L’abbazia di “Sancta Maria de le Talliate”
di Enrico Gaballo
Può sembrare un fantasioso ed antistorico controsenso che si possano raccontare vicende legate indissolubilmente ad un’antica abbazia benedettina attraverso alcuni segni rupestri. L’abbazia di S. Maria de le Talliate sorgeva a circa due chilometri dal centro abitato di Nardò e a quattro dal mare. Insisteva su di un’area di nove ettari a forma di valletta quadrilatera facilmente individuabile dalle rovine di una chiesa con campanile a vela. Della chiesetta settecentesca di origine bizantina, crollata tra il 1964 – 1966, rimane solo un cumulo di macerie.
Intorno e nelle immediate vicinanze si può godere della visione dell’omonimo insediamento rupestre (vedi sez. urbanistica Nardò, zona rilevante) con alcune abitazioni – grotte, con croci latine sugli stipiti degli ingressi, che hanno senz’altro subito scavi da parte dell’uomo nel periodo intorno all’anno Mille a.C. con scale di collegamento e con una cisterna vicino alla chiesa diroccata, che consisteva in un unico ambiente con volta a botte di circa metri tre per cinque.
Queste testimonianze si sprofondano nella roccia dissestata e sono cavità di piccola dimensione in parte allineate ed, in apparenza, intercomunicanti. Somigliano molto alle grotte otrantine. Il complesso rupestre si affacciava con molta probabilità su di un’importante via di comunicazione: la Sallentina che collegava non solo centri marittimi come Otranto e Taranto, ma anche due mari: l’Adriatico e lo Ionio. La strada un tempo tagliata dalle ruote dei carri, oggi è impietosamente sepolta da grigio asfalto.
Questi agglomerati scavati nella roccia erano occupati da popolazioni disperate per il continuo stato di guerra nell’Alto Medioevo.
Nei pressi del villaggio con molta probabilità vi era l’antichissima abbazia appunto di “Sancta Maria de le Talliate”, toponimo ricavato dalle numerose cave tufacee del territorio di Nardò, ubicate nel feudo di Pompiliano. Era soggetta al prelato di Nardò insieme ad altri complessi monastici come S. Angelo della Salute, S. Maria dell’Alto mare, S. Sebastiano di Curano ed altri, tutti in agro di Nardò.
L’abbazia è segnalata tra le quattordici inferiores abbatiae soggette all’abate di S. Maria di Nardò, al quale le suddette rinnovavano la promessa di obbedienza il 15 agosto, festa dell’Assunzione della Vergine, oltre a donare una libbra di cera dopo aver concelebrato una cum ceteris alias Dignitatibus, Canonicis Monachis et Urbis et Diocesis.
Molti sono stati i contributi di eminenti studiosi su questo argomento. Devo citare in primis il saggio di Cosimo Damiano Fonseca. L’autore sostiene in La civiltà rupestre in Puglia, ed in particolare, nel capitolo La Puglia tra Bisanzio ed Occidente (pagg. 37-43), che prima della presenza dei benedettini in Puglia, ed in particolare nel Salento, l’evento meridionale molto significativo fu la presenza di comunità del monachesimo greco – italico. Le grotte naturali o scavate nella roccia non solo a Nardò, ma soprattutto nel tarantino, erano da considerarsi come cellette monastiche, una specie di tebaide egiziana trapiantata nella nostra regione.
Nulla vieta, di supporre che fin dal periodo della ricolonizzazione bizantina, cioè dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) anche il Salento era, prima della conquista romana, colonia greca e si deve supporre che un eremo o un cenobio raccogliesse intorno gente rustica, in una vera e propria comunità rupestre.
La vicenda storica saliente come l’Iconoclastia, cioè la distruzione delle immagini da parte di Leone III l’Isaurico nell’Impero Romano d’Oriente con sede a Bisanzio, costituiva la causa predominante delle migrazioni religiose dal IV sec. in poi.
Queste presenze basiliane erano in netto contrasto col tentativo di rilatinizzare il Meridione, ed in particolare il Salento, da parte dei nuovi conquistatori normanni nel sec. X d.C.
Il bilinguismo nel Salento è la prova più evidente di tale fenomeno. Dove vi era un eremo sorse un’abbazia. Dopo i basiliani i benedettini. Il motto ora et labora era applicato anche in questi territori soggetti all’abate. Il nostro villaggio rupestre si estendeva, come già detto, su una superficie di ben nove ettari ed era probabilmente inserito nelle competenze spirituali ma anche produttive di ogni abbazia. Infatti i religiosi si occupavano non solo della salvezza delle anime loro affidate, ma anche della produttività del territorio.
Le incursione saracene tormentavano l’entroterra della compagine euro – mediterranea – orientale ed anche di quella salentina.
L’economia era essenzialmente agricolo pastorale. La proprietà nel periodo dell’Alto Medioevo produceva più per il consumo che per la vendita (cfr. Giovanni Cherubini “Agricoltura e società nel Medioevo”, Editore Sansoni, Scuola Aperta, 1972, pag. 39).
I rustici erano alle dipendenze di un patrono o di un “abate” che, terminato “l’offizio” portava sulla spalla il grano per la semina, in mano il rastrello lo zappone conduceva i monaci al lavoro. Tutti, religiosi e rustici, si occupavano sino al tramonto dei lavori dei campi.
Se lo stile di vita non era proprio identico a quello descritto dal Cherubini, il lavoro unito alla preghiera era applicato nei territori soggetti all’abbazia di Sancta Maria De Le Talliate. Il silenzio intorno all’abbazia benedettina “raccontando” canta… Non poteva mancare nella regola dei monaci benedettini il canto gregoriano che si diffondeva nello spazio in forme severe ed edificanti durante la liturgia delle ore (alba, vespro e compieta).
Il primo abate documentato è Matteo De Pantaleonibus nel 1469, ancora tale nella visita pastorale di Mons. Gabriele Setario, vescovo di Nardò dal 1491 – 1507. Nel 1567 l’abate Alessio Gaballone cede ad Annibale Gatto la masseria dell’abbazia.
Negli anni Quaranta alcune grotte della zona vennero “abitate” da gente terrorizzata dal bombardamento anglo – americano che colpì Nardò il 2 luglio del 1943 e causò dodici morti, e da contadini che coltivavano alcuni terreni intorno alla chiesa ora diroccata.
Il terreno intorno al villaggio rupestre con un paesaggio idillicamente e tipicamente salentino, è attualmente in parte coltivato, ed è, a tratti, macchia mediterranea. Nei dintorni qualche puledro in libertà di un maneggio vicino. Il paesaggio è tipicamente salentino: dappertutto in primavera orchidee e carciofi selvatici; fiori gialli di tarassaco con colchico e prati di timo in fiore; sanguigni papaveri con pennellate di avena selvatica. Modesti poggi ed intorno corolle di ulivi e cipressi.
Il racconto storico si contestualizza in fascino evocativo. Il paesaggio con clivi si distende dolcemente in orizzonte infinito senza verticalismi geologici…e la salentinità del luogo si dissolve magicamente in estatico godimento dell’anima.
pubblicato integralmente su Spicilegia Sallentina n°5
Peccato che la valletta idilliaca sia stata ormai irrimediabilmente sfregiata dalle abitazioni private costruite sul ciglio della cava, e anche nel bel mezzo dei due costoni rocciosi in cui si aprono le celle… mi chiedo se chi ha autorizzato la costruzione conosce almeno minimamente il territorio in cui vive.
Io ho pubblicato, in un mio libro del 2010, uno studio su Santa Maria delle Tagliate in quanto vi è documentata, in quel sito, la proprietà di un fondo dei Templari della precettoria di Lecce. Ebbene durante i vari sopralluoghi effettuati, mi ha colpito ( più del tarassaco, del colchico e del papapero,) l’immensa quantità di immondizia che i novelli “Sallentini” hanno sversato nelle varie cavità delle Tagliate: forse come in nessuna altra parte del basso Salento. Nei pressi di alcune importanti laure basiliane (site dal lato opposto dell’avvallamento, sul cui margine sorge la chiesetta diruta) vi erano depositate decine di copertoni di camion, trattori e auto!! Io, allora, avevo la possibilità di portare un noto presentatore televisivo, che si occupa di Templari e cose storiche inedite(ecc. ecc.) per fare un servizio sui Templari nel Salento da mandare in onda nella sua trasmissione…ma ho rinunciato per l’evidente, realistica, impossiblità di liberare questa meravigliosa zona dalle tonnellate di schifezze, bidet, televisori, frigo ecc. un vero danno alla dignità di questa terra!!!!!!!