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di Antonio Bruno
La razza podolica del Salento leccese produce poco ma con grande qualità. La questione non è allora se andrebbe specializzato verso la carne o il latte, va, invece, valorizzato tutto il suo potenziale. Grazie a uno studio della facoltà di Agraria di Bari che ha utilizzato una forma di allevamento più razionale ottenendo il risultato di mettere questa razza bovina in rilievo rispetto al quadro agro-zootecnico italiano.
I bovini del Salento leccese danno carni saporite, così come ho appreso grazie all’amico Gigi Di Mitri che mi ha scritto: “a Soleto, villaggio postneolitico …, c’è l’allevatore Arcudi che fa carni a km zero buone quanto quelle che impazzano sulle tavole dei ristoranti parigini: basta informarsi su quali sono le macellerie salentine che vendono i suoi manzi (blue belge, frisona italiana, raramente angus, derivata bruna italiana etc) e andare di corsa a comprarne i tagli.” Ma oggi nel Salento leccese c’è anche Domenica Longo, bella ed intraprendente imprenditrice del mondo della zootecnia salentina. Domenica, 27 anni, un diploma di Perito agrario nell’azienda di papà Luigi, la “Masseria Pascarito”, nell’agro di Maglie, con un’unica passione: la zootecnia. Dichiara alla giornalista Daniela Pastore:“Io avevo già da piccolissima le idee chiare: a 4 anni aiutavo papà a mungere e a fare il formaggio. E non c’è stato un solo giorno della mia vita che non abbia desiderato di fare l’allevatrice”. Amelia sempre in quell’intervista rilasciata a Daniela Pastore afferma: “Certo, non è un lavoro semplice (fare l’allevatore n.d.r.). Io mi alzo ogni mattina alle cinque e mezzo e le vacanze me le concedo con il contagocce. Non c’è un cartellino da timbrare per cui non esiste una barriera netta fra vita privata e lavoro: quante notti in bianco passate perché una pecora doveva partorire… Sacrifici che però sono ripagati dalla soddisfazione di vedere le cose migliorare, l’azienda crescere. Si prova orgoglio perché sai di averci messo del tuo”.
Una storia di uomini e donne collegata ai Bovini del Salento leccese e del resto, tranne il destino di macello, la storia dei bovini non ha aspetti drammatici ma spesso si trova al centro di ispirazioni primitive di arte figurative, così come nella « nostra » Romanelli dove trafitto da zagaglia, troneggia il Bovino su una parete rocciosa, forse come grafica invocazione di buon augurio per le sorti della caccia. Lo stile è povero, ma sufficientemente naturalistico. Il museo paleontologico di Maglie ne presenta i calchi.
L’Istat nel 5° Censimento generale dell’agricoltura 2000 per il Salento leccese aveva contato 8.080 capi bovini. Nella Soleto del nostro buon Gino Di Mitri sono stati censiti appena 102 capi bovini, spicca una Nardò con quasi 700 capi e Uggiano la Chiesa, Galatone, Copertino, Botrugno e Sternatia con circa 300 capi. Tutto dei cento Comuni del Salento leccese non ha grandi numeri come si può vedere dalla tabella che è riportata in bibliografia.
E la Podolica, quasi dimenticata, soppiantata da altre razze bovine? Qua e là, nelle masserie del Salento leccese, le corna della podolica dovrebbero ricominciare ad essere presenti.
Questo prodotto potrebbe avere delle potenzialità nella filiera della carne, la conferma viene dalla Regione Puglia che nel 2007 ha inserito la carne podolica nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali.
Ma cosa la caratterizza? Alla vista si presenta con un grasso giallo, legato alle erbe ricche di carotene di cui si nutrono gli animali. Al gusto ha una consistenza fibrosa, ed un sapore intenso e leggermente dolciastro che richiede, insomma, come abbiamo riferito dagli studi riportati nella mia precedente nota, una frollatura ed una cottura adeguata.
La razza podolica oggi è presente nella Murgia tarantina e brindisina e ha un pelo grigio un po’ più scuro di quella allevata nel foggiano. Le corna un po’ ricurve e non troppo lunghe che caratterizzano sia gli esemplari maschili che femminili. E’ un bovino longevo visto che la sua vita media è di circa 13-14 anni. Le vacche raggiungono un peso di 800-850 kg, ed i tori addirittura 900-950 kg.
Ma qual’è l’etimologia del nome “podolico”? Si potrebbe pensare a “podos” e che questo nome derivi dal fatto che questi bovini hanno “camminato”, sono venuti con le invasioni barbariche. Ma non è così.
L’attuale bovino podolico discende dal Bos primigenius, uno dei primi bovini di cui si abbia notizia e il cui addomesticamento inizia prima del 4000 a.C. Nel Medio Oriente attorno al 2500 a.C. esistevano già parecchie razze ben differenziate di bovini domestici.
Ma il nome deriva dai Bovini che, probabilmente, sono arrivati in Italia dalla Podolia, una regione dell’Ucraina dell’Ovest posta fra i fiumi Dniester e Bug. I Podolici sono arrivati nel Salento leccese con le invasioni barbariche ed il vecchio ceppo è rimasto puro in diversi casi: i tori spagnoli da combattimento, la razza Highland e le razze italiane a corna lunghe (Marchigiana, Maremmana, Romagnola e Podolica).
Nel Salento leccese, originariamente, la cultura delle masserie era di tipo cerealicolo, alla quale s’accompagnava la pastorizia. Il bestiame era alimentato quasi esclusivamente dai pascoli. Annessi alla masseria potevano trovarsi alcuni oliveti e talvolta anche qualche bosco.
Il bestiame che veniva allevato nelle masserie nei periodi in cui queste aziende furono fiorenti era costituito anche dai bovini che venivano impiegati nei lavori della terra e nel tiro dei veicoli. Talvolta, in qualche masseria vi era anche qualche allevamento di bufali, come si deduce dalla denominazione di Bufalaria data a qualche masseria della regione salentina. Una masseria così denominata, infatti, è a sud di Ugento, verso il mare. Quando i terreni della masseria erano umidi, paludosi, i bovini sostituivano quasi completamente gli ovini.
La razza podolica del Salento leccese è di grande qualità. La questione non è allora se andrebbe specializzata verso la carne o il latte, va, invece, valorizzato tutto il suo potenziale. Questa razza, moderna quanto antica, capace di produzioni ad altissimo livello qualitativo e commerciale grazie a uno studio della facoltà di Agraria di Bari che ha utilizzato una forma di allevamento più razionale, ha affiancato alla tradizione (arte e sapienza insieme) le tecniche d’allevamento più moderne e razionali ottenendo il risultato di mettere questa razza bovina in rilievo rispetto al quadro agro-zootecnico italiano.
Bibliografia
Gigi Di Mitri: Lettera pubblicata http://centrostudiagronomi.blogspot.com/2010/06/nel-salento-leccese-cerano-solo-i.html#comments
Daniela Pastore: Domenica ed Amelia, la zootecnia salentina si tinge di rosa: Un’allevatrice di bovini ed un’allevatrice di ovini a confronto, fra progetti, innovazione e sogni. Terra Salentina Gennaio 2006
MARIO MOSCARDINO: ECONOMIA POLITICA E PALETNOLOGIA NEL SALENTO
Istat – 5° Censimento generale dell’agricoltura 2000: Aziende della Provincia di Lecce con allevamenti e aziende con bovini, bufalini, suini e relativo numero di capi per comune e zona altimetrica http://www.census.istat.it/censimenti/Agricoltura/tavole/075/V1_04_14_PROV_075.pdf
Enzo Panareo: Masserie Salentine Apulia Marzo 1976
L. SCODITTI, Le masserie del Salento e le loro vicende, dattiloscritto depositato nella Biblioteca Provinciale di Lecce
L. Rubino G.T., Giordano G., Sasanelli M., Petazzi F.: PROFILO PROTEICO DI BOVINI DI RAZZA PODOLICA