La prova più difficile per un rosticciere salentino? arrostire i turcinieddhi

di Massimo Vaglio

 

I turcinieddhi, noti anche come “mboti, “mbuticatieddhi, “mboiacate, “nturtigghiati, gnummarieddhi, “mbrigghiatieddhri, “mbruscatizzi, ecc… si presentano sotto forma di matassine di budelline d’agnello o capretto che rinserrano le frattaglie dello stesso animale precedentemente tagliate in strisce, assortite e avvolte in un lembo di peritoneo.

Sono conditi semplicemente con sale, pepe nero macinato e prezzemolo; più raramente vi si fanno rientrare anche delle scaglie di formaggio piccante o di caciocavallo molto stagionato. Sono sicuramente una delle specialità più diffuse nel Salento e, seppure in sensibile declino, sono comunque davvero pochi i locali che non li includono nei loro menu.

Vanno gustati quasi esclusivamente arrostiti sulla brace o nel forno a legna, anche se qualche stomaco forte li preferisce in tegame, portati a cottura con olio, pomodoro e cipolla, preparazione, che però, ne pregiudica di molto la digeribilità.

Anche se un tempo lo erano molto più diffusi di oggi, in alcuni funzionano ancora i forni, termine con il quale s’intende non solo l’immancabile forno alla pompeiana bensì tutto il locale, generalmente una pertinenza di macelleria, dove si procede nelle ore serali ad arrostire o comunque cuocere, e spesso anche a somministrare, carne, ma anche molti per così dire sottoprodotti, della macellazione. Più che una presenza, la loro si può considerare una stoica resistenza alle sempre più restrittive leggi sanitarie.

Fra le specialità che normalmente vi si ritrovano, vi sono una tipologia di salsiccia povera a base di trippa, frattaglie, semola e aromi; i sanguinacci; le animelle e naturalmente i fatidici turcinieddhi, che negli esercizi più popolari spesso vengono anche preparati con frattaglie suine e persino bovine, grossolanamente legati con spago a mo’ di grosse bombe carta. Coloro che operano in questi forni, oltre ad essere specialisti nella difficile arte di utilizzare i cosiddetti scarti o sottoprodotti, che tanto scarti poi non sono mai, altrimenti si dovrebbero considerare tali anche il caviale o il foie gras, sono spesso dei veri e propri artisti come rosticcieri.

La prova più difficile per un rosticciere salentino è proprio quella di riuscire ad arrostire perfettamente, facendogli mantenere un invitante color caramello proprio i grossi turcinieddhri tradizionali, che possono raggiungere, e talvolta superare anche i due chilogrammi di peso, confezionati quindi con almeno due coratelle d’agnello. Sono questi gli autentici turcinieddhri alla salentina, vere delizie per il palato, oggi quasi introvabili, soppiantati un po’ dovunque da quelli piccoli, buoni anche questi, ma soprattutto più pratici e facili da arrostire.

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