di Raimondo Rodia
Calimera ci accoglie ricordandoci le sue antiche origini, testimoniate dalla presenza sul suo territorio non solo di dolmen, ma anche del più raro nemanthol, di cui parleremo più avanti quando tratteremo la chiesina campestre dedicata a S. Vito.
In toponomastica: Calimera, in greco, significa “buon giorno”.
Calimera ha condiviso le vicende storiche della vicina Martano fino al 1599 quando si staccò da questa ed acquistò l’autonomia comunale.
Tra i signori feudali ricordiamo gli Hugot, i Gesualdo, i Cataleda marchesi di Martano.
Tra gli edifici sacri segnaliamo la chiesa parrocchiale nella centralissima piazza del Sole. La chiesa è stata edificata nel 1689 sulle rovine di una preesistente di rito greco. L’edificio si presenta a due navate a croce latina con tre altari per lato, pregevoli quelli del transetto dedicati a S. Brizio, protettore del paese, ed alla Madonna del Rosario. Il bel portale del 1692 con due nicchie votive ai lati ed un finestrone superiore con iscrizioni dedicatorie; interessante la torre campanaria a quattro ordini, con l’ultimo ottagonale del XIII secolo.
Tra le molte cappelle esistenti sul territorio, segnaliamo quella dell’Immacolata del 1636, quella della Madonna del Carmine con un campanile a vela del 1577, quella della Vergine Maria di Costantinopoli di cui resta un affresco del 1603, quella di S. Antonio ricostruita nel 1710, arricchita da pigne decorative.
Fra le più importanti chiese segnaliamo quella della Madonna delle Grazie, detta del “Mentovano” quasi fuori dall’abitato costruita nel 1696 per volontà dei martignanesi, ma sicuramente interessante è quella del SS. Crocifisso che risale al 1698 anche se di modeste dimensioni (circa 25 mq) che offre al visitatore un crocifisso ligneo di pregevole fattura e le volte affrescate con scene del ritrovamento del crocifisso e le figure dei quattro evangelisti.
Appena fuori città sulla via di Borgagne, il sito rupestre di S. Biagio, con una cappella esistente in loco dedicata a S. Biagio. La zona e` interessante dal punto di vista naturalistico, archeologico caratterizzata dalla presenza di numerosi boschi di quercia della specie “Ilex” cioè il leccio.
Interessanti l’aia antica, i muretti a secco con le vecchie centuriazione romane, ed il nuovo Caseificio che produce mozzarelle ed altri formaggi nel unico sito salentino dove si allevano le bufale. Altri animali come i Lama fanno del sito di S. Biagio un luogo senza tempo dove passare qualche ora in libertà. Tornando alla lecceta, residuo di quelle grandi foreste che in passato coprivano quasi l’intero territorio provinciale. Gli stessi abitanti di Calimera, fino ad un secolo fa, traevano il loro reddito dall’abbattimento della foresta formata da querce per farne carbonella da ardere, tanto che ancora adesso l’epiteto degli abitanti di Calimera è “Craunari”. Il sito oltre ad essere interessante per gli aspetti naturalistici lo è anche per la presenza dei dolmen Placa e Gurgulante. La zona di S. Biagio si presenta ricca di acqua ed in passato fu abitata da varie comunità di cui restano cisterne, tombe e fosse granarie.
La chiesa di S. Biagio, edificata intorno all’ anno mille, comprendeva un solo vano semi-ipogeo con volta a botte. Nel XVIII secolo una nuova costruzione inglobò la vecchia ricavando, al piano rialzato, due vani per i religiosi, trasformata in stalla nel secolo successivo e poi in fienile.
Oggi si sta tentando un recupero dell’edificio.
Spostandosi di pochi chilometri verso ovest vi è il sito di S. Vito. Vale la pena di visitare la chiesa rurale dedicata a S.Vito con all’interno un nemanthol cioè una pietra forata attraverso la quale si svolge, ancora oggi, un rito legato alla fertilità. Passando attraverso la pietra forata si compie un antico rito propiziatorio legato alla fertilità, rito di chiare origini pagane, accolto dalla cristianità come altri riti antichi e ripetuto annualmente il lunedì di pasquetta.
Nell’area circostante la chiesetta si trovano delle costruzioni a secco, delle grotte scavate, dei ricoveri per animali e degli eremiti. Tutto questo fa pensare ai resti di un luogo di culto importante, anche per il ritrovamento di incisioni nei dintorni di croci greche e latine, tra cui un simbolo del Christos Fos (Cristo luce).
Infine non guasta una visita al Museo di storia naturale fondato nel 1984 che ospita rettili, insetti, anfibi ed altre specie vive nel loro habitat naturale ricostruito. Il museo funge anche da centro di prima accoglienza per il recupero della fauna selvatica ferita e per la reintroduzione di rapaci e tartarughe marine nel loro habitat naturale. Presenti anche esposizioni tassidermiche e diorami.