di Roberto Filograna
Sia la città di Bisignano (l’antica, medioevale Visinianum), sia la città di Nardò (l’antichissima, messapica Naretinon), legano buona parte della loro storia più recente, dal XV secolo sino ai tempi dell’eversione della feudalità, al nome di due grandi famiglie che detennero il potere feudale ed amministrativo delle due città: i Sanseverino a Bisignano e gli Acquaviva a Nardò.
La famiglia Sanseverino e la famiglia Acquaviva appartenevano al gruppo delle sette famiglie più importanti del regno, assieme ai Ruffo, ai d’Aquino, agli Orsini del Balzo, ai Piccolomini e ai Celano. Ambedue le famiglie, improntarono la storia, l’economia, la cultura e la vita economica e sociale dei due centri, con alterna fortuna per gli stessi e secondo direzioni prevalentemente parallele ma che in qualche occasione divennero convergenti con punti d’incontro che produssero eventi di notevole importanza storica per gli stessi centri.
I Sanseverino di Bisignano: le origini
Discendenti da Troisio, nobile cavaliere venuto in Italia con i conquistatori Normanni, gli Hauteville, presero il loro nome dal dominio sulla terra di San Severino, nel principato di Salerno.
Essi furono sempre presenti nel corso degli avvenimenti più importanti del regno e vissero il più delle volte da protagonisti tali avvenimenti e di conseguenza anche i mutamenti sociali e politici che si susseguirono nel corso dei secoli. Attraverso eredità, concessioni e acquisti costruirono un gran complesso feudale, grande quanto una provincia e con al centro la città di Bisignano, col suo titolo di principe (primo titolo e dignità del regno di Napoli).
Gli Acquaviva di Nardò: le origini
Tra le più antiche e più illustri famiglie del regno di Napoli, gli Acquaviva trassero origine dalla Germania e vennero in Italia al seguito di Ottone I, stabilendosi inizialmente nella Marca di Ancona. Nel 1195, con Rinaldo si trasferirono in Abruzzo, avendo ottenuto, da Enrico IV, proprietà e possedimenti in precedenza posseduti da Leone d’Atri.
Questa casata possedette innumerevoli feudi, oltre che in questa regione (ducato di Atri; principato di Teramo) anche in Campania (principato di Caserta), ma soprattutto in Puglia; tra questi ultimi ricordiamo, tra i più importanti, la contea di Conversano, portata in dote a Giulio Antonio Acquaviva dalla moglie Caterina, figlia di Giovanni Antonio Orsini del Balzo, principe di Taranto; i marchesati di Bitonto e Acquaviva; la contea e poi ducato (1516) di Nardò, assegnata a Belisario Acquaviva da Ferdinando II, il 12.03.1497; la contea, poi ducato (1600) di Noci; la contea di Castellana; il marchesato di Trepuzzi col feudo di Terenzano.
I Sanseverino e gli Acquaviva si imparentano
Già molti storici hanno scritto diffusamente sulla nobile famiglia Sanseverino e su quella degli Acquaviva, pertanto, noi ci limiteremo a riproporre solo nomi e notizie su quei personaggi che hanno legato la storia di Bisignano con quella di Nardò e viceversa.
Antonio o Ruggero Antonio Sanseverino, 1° Signore di Bisignano acquistò la città di Bisignano da Ferdinando I per la somma di 11000 ducati. A lui successe il figlio Luca e dopo Luca successe il figlio di Luca, Geronimo. Avendo partecipato alla famosa congiura dei Baroni, Geronimo, nel mentre si trovava a Napoli, fu arrestato la sera del 4 luglio 1487, insieme al conte di Lauria, suo parente, ed altri. Rinchiuso nelle carceri di Castelnuovo, non ne usci più vivo. Il principato fu confiscato ed il governo delle singole terre affidato a capitani regi.
La moglie, la principessa Vannella (o Mondella) Gaetani, figlia di Baldassarre, conte di Traetto, con l’aiuto di alcuni fidati amici, si trasse in salvo con i suoi cinque figli (Bernardino, il primogenito, Giacomo, Onorato, Jochellina e Sveva) al di fuori del regno. Non si ha notizia di un loro rientro nel regno prima del 1495. Già nel 1496 Bernardino Sanseverino, il primogenito, ottenne dal Re la restituzione del principato e la riconferma dei privilegi.
Belisario Acquaviva, figlio secondogenito del famoso Giulio Antonio fu il primo duca di Nardò. E’ probabile che le frequentazioni comuni della corte napoletana abbiano favorito l’incontro tra Sveva Sanseverino, la sorella di Bernardino, con Belisario Acquaviva, della nobile casata di conti di Conversano. Ambedue le nobili famiglie, infatti, appartenevano al Seggio napoletano del Nido. Quest’incontro, porterà poi alle nozze tra Belisario, a cui nel 1497 era stata infeudata la contea e poi ducato di Nardò, con Sveva, che si celebrarono nel 1500, cosicchè le due grandi famiglie si imparentarono per la prima volta. Dal matrimonio tra Belisario e Sveva nacquero numerosi figli: Caterina, Giò Bernardino (che successe a Belisario, come II duca di Nardò), Giacomo Antonio (vescovo di Nardò dal 1521 e poi rinunciatario, nel 1532, per nozze con Giovanna Spina), Giovan Battista (vescovo di Nardò dal 1536 al 1569), Adriana (che sposò Ferrante Castriota Scanderbeg, conte di Soleto e di S.Pietro in Galatina), Vittoria, Antonia (sposa del nobile Giovan Battista della Marra), Laura (che sposò il signore di Locorotondo, Alessandro Carafa).
A testimonianza visibile del matrimonio tra Belisario e Sveva, si può oggi osservare su una delle torri della cinta muraria della città di Nardò, e più precisamente all’esterno di una delle due torri di corso Galliano, lo stemma nobiliare partito, con le insegne degli Acquaviva e dei Sanseverino.
Oggi le spoglie mortali di Belisario Acquaviva e di Sveva Sanseverino riposano insieme con quelle del loro figlio primogenito Giovan Bernardino, secondo duca di Nardò, nel bellissimo mausoleo che si può ammirare nella chiesa di S. Antonio, in Nardò, fatto costruire nel 1545 dalla duchessa di Nardò Giovanna Gaetani, moglie di Giovan Bernardino, ed attribuito all’artista neretino Francesco Bellotto. L’apparentamento tra la famiglia Sanseverino con quella Acquaviva fu ulteriormente suggellato con il matrimonio, sempre nel 1500, tra Onorato Sanseverino, fratello di Sveva, con Paola Acquaviva, dei duchi di Atri. Onorato, terzogenito del principe Geronimo, fu barone di Sangineto, Bonifati e S.Agata.
Altre vicende ed altri matrimoni
Nel 1517, dopo la morte del padre Bernardino, divenne 4° principe di Bisignano, Pietrantonio Sanseverino e lo rimase sino al 15.09.1565, data del suo decesso.
Nel 1528, scoppiata la guerra tra il re di Francia e l’imperatore Carlo V, il regno di Napoli fu invaso dalle truppe francesi comandate da Odet de Foix, visconte di Lautrec. Pietrantonio, diversamente dal cugino, il duca di Somma, Alfonso Sanseverino, aderì alla causa imperiale, nel mentre si trovava a Taranto, insieme con l’altro cugino Giovan Bernardino Acquaviva, figlio di Belisario e di Sveva Sanseverino, anch’egli sostenitore della corona spagnola.
Giovan Bernardino Acquaviva, successo come secondo duca di Nardò alla morte del padre avvenuta nello stesso anno, era riparato a Taranto, con il cugino Sanseverino, perché la città di Nardò, con il parere favorevole dell’universitas e della maggior parte del patriziato locale, aveva aperto le sue porte ai francesi comandati da Andrea Civran. La città, che si era dichiarata, dunque, filofrancese, lo rimase sino al 5.10.1529, data in cui, dopo lungo assedio, vennero firmati i capitoli di resa agli spagnoli, comandati da Alfonso Granai Castriota, marchese di Atripalda.Solo qualche anno più tardi, nel 1532, e dopo ben due richieste disattese, Giovan Bernardino Acquaviva ottenne la restituzione del feudo neretino, con decreto dell’imperatore Carlo V.
Le frequentazioni con i parenti di Terra d’Otranto non potettero non avere un ruolo, nel favorire il matrimonio celebrato nel 1539 tra Pietrantonio Sanseverino con Erina Castriota Scanderbeg, figlia ed unica erede di Ferrante Castriota, conte di Soleto e di S. Pietro in Galatina e di Adriana Acquaviva, figlia di Belisario e di Sveva Sanseverino.
Pietrantonio sposò Erina Castriota in terze nozze e alla morte del suocero ricevette in dote dalla moglie la contea assieme alla baronia di Gagliano.
Erina, pronipote dell’eroe albanese, il grande Giorgio Castriota Scanderbeg, favorì lo stanziamento di Albanesi nei feudi e nelle terre del marito, accordando loro esenzione di tributi, sgravi fiscali, immunità e privilegi particolari sino alla concessione dello sfruttamento gratuito delle terre. Si formarono, così, nuovi centri abitati; altri preesistenti ma spopolati per le pestilenze e guerre, vennero, in questo modo ripopolati, con nuovi impulsi all’agricoltura e alla pastorizia.
E fu, verosimilmente, lo stesso Pietrantonio che, in data imprecisata tra il 1539 e il 1553, accompagnandosi con il cugino Giovan Bernardino Acquaviva o, più probabilmente, con il figlio di questi Francesco (poi III duca di Nardò), partecipò all’aggressione perpetrata dall’Acquaviva, con le armi oltre che con invettive ed ingiurie, ai danni dei due neritini Antonio Marziale e Francesco del Castello, sindaci rappresentanti della città di Nardò, rei di essersi recati presso la regia Corte per esporre lamentele contro il duca. Cosa per la quale si celebrò verosimilmente un processo che richiese la prova testimoniale del capitano di Corigliano d’Otranto, che evidentemente o era stato presente o era, quanto meno, a conoscenza dei fatti avvenuti.
Il 6.07.1665, alla morte violenta del padre Cosimo (VIII duca di Nardò), ucciso in duello da Petraccone V Caracciolo, duca di Martina, Giangirolamo II Acquaviva (Giangirolamo II, come duca di Nardò, e III, come conte di Conversano) ereditò il ducato di Nardò ed il relativo titolo di duca. Questi, il 25.12.1680, sposò Aurora Sanseverino, che aveva appena 13 anni e da cui non ebbe figli, anche perché egli morì l’anno successivo, nel mese di settembre.
Aurora Sanseverino, nata a Saponara, attuale Grumento (Pz), il 28.04.1667, era figlia di Carlo Maria, VIII principe di Bisignano e di Maria Fardella, dei principi di Paceco.
Sotto la guida di ottimi precettori, Aurora studiò latino, storia, filosofia, pittura, musica, dimostrando grande passione per la poesia; fu anche abile ed appassionata della caccia al cinghale.
Rimasta giovanissima vedova del duca di Nardò, dopo qualche anno conobbe e sposò a Napoli, il 28.04.1686, Nicola Gaetani dell’Aquila d’Aragona, conte di Alife e poi duca di Laurenzana e principe di Piedimonte. Con la nascita a Roma, nel 1690, dell’accademia letteraria Arcadia, Aurora, bellissima dama aristocratica, che si era già fatta apprezzare per i suoi componimenti poetici, vi si iscrisse, con il marito (nel 1695), assumendo il nome di Lucinda Coritesia. Visse tra i salotti culturali napoletani e il palazzo ducale della famiglia Gaetani a Piedimonte, vicino al quale, avendo fatto costruire un piccolo teatro, vi fece tenere alcune rappresentazioni a cui partecipò ella stessa, in qualche occasione, come attrice. Ebbe due figli, Cecilia e Pasquale, che le premorirono.
Aurora morì all’età di 59 anni, il 2.07.1726, a Piedimonte e fu seppellita nella chiesa dei Chierici Regolari Minori.
Un passo indietro
Ma la storia dei Sanseverino a Nardò non si esaurisce con i matrimoni e con i legami di parentela sopra riportati. Esiste, infatti, un capitolo di storia neretina non molto noto ma, comunque, molto importante, che riguarda i Sanseverino a Nardò e che precede i fatti fin qui descritti. Nel 1384, infatti, Bernabò Sanseverino, del ramo dei Sanseverino di Marsico Nuovo in Basilicata, nipote di Guglielmo Sanseverino e di Margherita de Scotto, divenne signore di Nardò, in un periodo di grande conflittualità tra il partito degli angioini e quello dei durazzeschi, che si contendevano il governo del regno di Napoli. Bernabò grande capitano di guerra, fedelissimo di Luigi II d’Angiò, ottenne da questi molte grazie e si dimostrò governante generoso e certamente benvoluto dai neretini.
Sotto il suo governo i neretini attraversarono un periodo di benessere e relativa tranquillità; perlomeno nei primi anni del suo governo; fiorirono gli scambi commerciali marittimi con i mercanti veneziani, talvolta impediti dalle scorrerie di vascelli di predoni del mare.
Bernabò Sanseverino fu grande avversario di Raimondello Orsini del Balzo, principe di Taranto, che gli contendeva il possesso della contea di Nardò e delle terre di Galatone, Aradeo, Seclì e Copertino e con il quale più volte si scontrò negli anni compresi tra il 1397 e il 1400. Ed infatti fu proprio nel 1400 che nella battaglia di S. Pietro in Galatina, Bernabò riportò una clamorosa vittoria sulle truppe di Raimondello. Seguì la pace tra i due, mediata da Tommaso Sanseverino e verosimilmente condizionata da sopravvenute pessime condizioni di salute dello stesso Bernabò, il quale poco dopo si spense per tubercolosi o linfoma. Dopo la sua morte Nardò passò nelle mani di Raimondello Orsini del Balzo che la occupò senza molti spargimenti di sangue.
Alla morte di Raimondello, nel 1406, il possesso del feudo neretino passò nelle mani della moglie Maria d’Enghien e poi di re Ladislao di Durazzo, dopo che questi sposò quest’ultima nel 1407. Alla morte di Ladislao nel 1414, il governo del regno e quindi anche quello sulla città di Nardò passò a Giovanna II che successe al fratello. In questo stesso anno ella concesse la demanialità alla città.
Ma nel 1415, il fratello di Bernabò, Luigi Sanseverino, anche lui capitano di guerra, vantando diritti, unite alcune truppe di soldati sottomise la città di Nardò. Luigi conservò il dominio sulla città sino al 1435, difendendolo dai ripetuti tentativi di recupero di esso, dapprima da parte di Maria d’Enghien e poi da parte di suo figlio Giovanni Antonio Orsini del Balzo.
Otre ad essere un valoroso uomo d’ami, Luigi Sanseverino si fece apprezzare per aver trasformato la città in un polo di attrazione culturale per i giovani di tutta la provincia che erano desiderosi di frequentare le rinomate scuole di lettere, scienze e arte militare da lui fondate e sostenute.
Nel 1435 il conte Luigi cessò di vivere e la contea di Nardò passò a suo figlio Tommaso. Questi cercò di continuare il buon governo del padre, ma non poté impedire che una fazione di neretini favorevoli al principe di Taranto, Giovanni Orsini del Balzo, previo segreti accordi, il 27 dicembre 1438, aprisse, nottetempo, le porte della città alle sue truppe, consentendo loro di prendere la città. Avvertito in tempo, Tommaso riuscì a fuggire, ma non poté impedire che il giorno successivo anche la città di Copertino venisse occupata dalle milizie del principe di Taranto. Qualunque sia stata la sorte del fuggitivo conte Tommaso, da quel momento in poi cessò la signoria dei Sanseverino a Nardò, che passò, pertanto, sotto il dominio di Giovanni Orsini del Balzo, principe di Taranto.
Dovremo attendere il 1500, col matrimonio di Belisario con Sveva, per avere un altro, anzi un’altra, Sanseverino tra i Signori di Nardò. Che anzi, da questo momento in poi, inizierà a Nardò una nuova linea del casato Acquaviva, dove, per l’appunto, i capostipiti saranno Belisario Acquaviva e Sveva Sanseverino dei principi di Bisignano.
Gli Acquaviva rimarrano a Nardò sino ad oltre il 2 agosto 1806, data in cui fu promulgata la legge sull’eversione della feudalità.
L’articolo integrale è stato pubblicato su Spicilegia Sallentina n°4.
Articolo interessante. Vi prego solo di correggere il cognome della moglie di Pietrantonio Sanseverino: era con Erina Castriota SKANDERBEG (o, nella più comune stesura italiana SCANDERBEG), e non Scandemberg.
Cordiali saluti.
Loris Castriota Skanderbegh (del ramo di Ruffano e Lecce).
Giornalista
vorrei sapere se adriana d’acquaviva ( oppure una sua figlia ) sposa ferrante, figlio di giorgio castriota,
scusi come va scritto il cognome?
grazie
raffaele ambrosini
Adriana Acquaviva d’Aragona. Il nome corretto è però Andreana.
Non mi pare che Ferrante sia figlio di Giorgio
avrei bisogno di notizie certe al riguardo;
Il nome adriana l’ho letto nell’articolo qui sopra.
Il Cognome esatto qual’è? SKANDERBEGH?
Se non era ferrante, chi era il figlio di giorgio sposato da adriana?
L’autore dell’articolo ha utilizzato Adriana, come anche hanno scritto altri, ma nei documenti risulta Andreana. Ha sposato con certezza Ferrante Skanderbeg. Non sono in grado di sostenere che Ferrante fosse figlio di Giorgio
https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/04/18/giorgio-castriota-skanderbeg-un-eroe-leggendario-tra-puglia-e-albania/