di Paolo Vincenti
“Sono figlio della Terra e del Cielo stellato; datemi presto da bere la fredda acqua del lago di Mnemosyne”: così recita il testo di una laminetta orfica appartenente all’antica civiltà magno- greca e Vincenzo Ampolo, che si abbevera da sempre alla fonte di Mnemosyne, sa che “l’anima riarsa di sete è la più sapiente e la più nobile”, come diceva Eraclito. E Ampolo ha sete, tanta, di conoscenza.
Vincenzo Ampolo è un uomo delle continue rinascite, che sa inventare sempre nuovi progetti culturali e reinventarsi continuamente come artista, nella sua ricerca assidua e partecipativa di arte totale. In effetti, l’immaginario è il luogo del transdisciplinare, e lui conosce bene e frequenta da sempre l’immaginario,con le sue numerose articolazioni simboliche. Vincenzo Ampolo è psicoterapeuta, scrittore, poeta, pittore e operatore culturale. Attraverso i moderni strumenti di comunicazione di massa, è molto facile conoscerlo ed egli certo non lesina informazioni su di sé e sulla propria attività. Su Internet, è onnipresente, con un blog su Myspace, un sito personale sempre aggiornato e interattivo (www.ampolo.it) e un profilo su Facebook, da lui molto frequentato. Inoltre i suoi lavori artistici sono su: www.arsmeteo.org.
Arte e scienza convivono dunque nella sua carriera e nella sua vita, in un felice connubio, che lascia alla scienza il compito di teorizzare e all’arte quello di raccontare. Ecco dunque nascere i suoi saggi e le sue opere creative, come brevi racconti, poesie e disegni. Ampolo è autore di vari libri: “Il primo sole, Esperienze educative in un centro estivo comunale”, a cura di Vincenzo Ampolo e Marcella Ponzi (Comune di Taurisano, 1996); “Extasy”,Università degli Studi di Lecce e Azienda USL LE/2, (Lecce, 1997); “Musica, droga & transe Materiali di ricerca”, a cura di Vincenzo Ampolo e Guglielmo Zappatore, con Presentazione di Pietro Fumarola, Sensibili alle foglie (Dogliani 1999); “Diario e dintorni. Laboratorio di scrittura creativa sul tema del diario”, a cura di Vincenzo Ampolo e Marilena Cataldini, Ed. Mediterranea ONLUS (Lecce 2001); “Voci dell’anima Scrittura, narrazione e pratica analitica”, Besa Editrice, (Nardò 2004); “Dissociazione e creatività La transe dell’artista”, a cura di Vincenzo Ampolo e Luisella Carretta, Prefazione di Georges Lapassade, Campanotto, (Pasian di Prato 2005).
La carriera culturale di Vincenzo Ampolo risente chiaramente della sua formazione e della sua professione. La sua è un’attività non facile ma certo attraente, per le enormi possibilità di indagare la mente umana. Compito fondamentale dello psicoterapeuta è “infondere e mantenere la speranza”, come dice Irvin Yalom. Egli sa che per la sua professione, ha un potere molto grande sui suoi pazienti, ma sa che l’arte del counseling, come afferma Rollo May, non è quella di forgiare l’individuo, trasformandolo in un’altra persona, ma di aiutarlo a liberarsi, ad essere se stesso, di prenderlo per mano, insomma, come spiega Raffaele Morelli ne “Il segreto di vivere”, e di accompagnarlo nello scoprire il gioco della vita, di indicargli “una via privilegiata per trovare i codici dell’esistenza”. In un territorio immaginale, al di là del tempo e dello spazio, l’artista crea.
Al di là della realtà ordinaria delle cose, fra la veglia e il sonno, in un “altrove” che è dei sognatori, dei folli, dei poeti, il creativo realizza le sue opere, pitture, disegni, scritture artistiche, collages.. Ampolo sa bene, con J.Baudrillard, che “l’arte è ovunque nella realtà” e che “l’estetizzazione del mondo è totale”. Dunque Ampolo la cerca ovunque, nel chiarore di un mattino di sole, fra le strade di città o nel verde intenso di una campagna infinita e deserta, come fra le scartoffie di una disordinata e “burocratica” scrivania. Mi affascina, nella sua produzione, la sua voglia di unire dottrine orientali e cultura classica occidentale. Una cultura del retaggio la sua, quella dell’antica Grecia e di quei miti che costituiscono il background della nostra millenaria civiltà occidentale, quella del bacino del Mediterraneo. Un bagno rigenerante in quella fonte perenne che è l’antica magna mater madre Grecia che continua a parlarci, attraverso i millenni, della storia del pensiero dell’uomo.
Ampolo parte dalle parole, le parole ascoltate, le parole lette e quelle scritte, in particolare le parole scritte con il corpo perché, rifacendosi all’assioma di derivazione classica “soma-sema”, “ il corpo scrive, il corpo legge, il corpo viene letto.” Dunque l’autore conosce “il potere delle parole”, ma sa andare anche “oltre le parole”, fino al limite della notte, “sulla porta dei sogni”, per cogliere quei segni che a volte ci portano i sogni. Infatti , tra la veglia e il sonno, “c’è una zona intermedia, una distanza da percorrere, un passaggio fondamentale che segna il confine dal pre-liminare al post-liminare”. “I fenomeni ipnagogici e ipnopompici, la reverie, la poiesis in generale, così come le allucinazioni e ogni sorta di fantasia, fanno parte di questo spazio liminare dove si sogna ‘tra gli occhi aperti e chiusi’ “.
Ampolo si occupa della dimensione poetica della mente, intraprendendo un viaggio affascinante alla scoperta di quelle “voci dell’anima”, da cui il titolo del suo libro più importante e a lui più caro. E Ampolo, novello Virgilio, ci fa da guida in questa sorta di cammino iniziatico fra gli archetipi (quelli che Jung, citato dall’autore, considera “le strutture inconscie ereditarie e collettive della psiche umana” o Zolla, sempre citato dall’autore, invece “immagini immaginanti”), il linguaggio dei simboli (“ciò che un tempo si chiamavano dei”, sempre secondo Zolla, citato dall’autore), il linguaggio del mito (con la contrapposizione, tutta filosofica, fra mytos e logos), il linguaggio degli dei.
Ampolo, forte della lezione di Lapassade e Fumarola, si occupa del transire, vale a dire delle “vacanze della coscienza” (come le definisce Elemire Zolla nel suo libro “Uscite dal mondo”), dell’andare “oltre”, attraverso gli “stati modificati di coscienza”, attraverso quell’andare nell’altrove che risveglia nell’artista la capacità di creare. E sono proprio le visioni di cui dicevo prima, le reverie, il fantastico, che fanno parte di questo mondo immaginale, di questo non-luogo in cui possono nascere le più grandi opere di scrittura, poesia, pittura, ed ogni altra pratica artistica. Lo scrittore, il creativo, può così superare la sindrome del foglio bianco, il cosiddetto “blocco dello scrittore”, entrando per effetto di una stimolazione indotta o naturale in uno stato alterato di coscienza, in una realtà “extra-ordinaria”, nella quale è egli stesso a farsi foglio bianco, “a farsi scrittura, racconto”. Ampolo si interroga e ci interroga, nei suoi libri così densi di stimoli, citazioni, rimandi, sollecitazioni. Come si fa a vivere gli opposti? Si può, se si considera il fatto che siamo noi stessi bipolari, siamo fatti di opposti che si autoescludono e al tempo stesso si integrano.
Fra Eros e Thanatos, fra buio e luce, fra la vita e la morte, fra senex et puer (per dirla con James Hillman, citato dall’autore), la forza creativa nasce proprio dall’incontro di queste realtà duali, di ordine e caos, di forza e fragilità, di saggezza (data dall’esperienza del senex) e sfrontatezza (data dall’ambizione, dall’intuito del puer). La scrittura come dolore, come sofferenza, e poi la scrittura della differenza, le scritture femminili, a fare da contrappunto a quelle maschili. Le parole guariscono, sono terapeutiche, come fiabe di madre. Guariscono attraverso un viaggio eroico che si intraprende, un viaggio nel quale l’eroe deve combattere con i mostri che gli ostacolano il passaggio e, se ce la avrà fatta a ritornare da quel”labirinto”, “prigionia, selva oscura”, dopo quel cammino iniziatico, allora potrà dirsi davvero un uomo migliore, come l’eroe positivo dei miti, potrà sentirsi veramente guarito. Alla fine del viaggio, dopo quel processo di involuzione ed evoluzione, l’uomo acquista piena consapevolezza di sè.
Dunque la scrittura come terapia, è questo il messaggio che ci vuol trasmettere Ampolo, sulla scorta dei numerosi corsi di scrittura creativa/terapeutica tenuti dal suo ente morale Perseo. La sua è una scrittura dell’estremo desiderio, una scrittura ponte ( un bisogno intrinseco ed umanissimo di comunicazione), una scrittura di attraversamento, che ricerca il limite estremo del nostro esistere; una esplosività naturale, la sua, fra gioia di vivere e capacità introspettiva, ripiegamento intimistico. E fra comunicazione verbale e non verbale, le sue pulsioni di sconfinamento lo portano a cercare modalità nuove di comunicazione.
Ed ecco le sue opere artistiche, i suoi dipinti, i suoi disegni, le sue foto, le sue grafiche di arte visuale. Ampolo, in questa sorta di “artecrazia” che domina la sua diversalità poetica, porta la parola alla pittura e la pittura alla parola, in una sovrimpressione stimolante, vivificante, in un progetto di arte totale tutto da scoprire, in una ricerca verbo-visiva ancora territorio vergine da esplorare. La pagina bianca diventa il luogo della sinestesia o della contaminazione, cioè lo sfondo luminoso su cui si incontrano la letteratura e le arti visive, la parola e l’immagine. L’artista attinge dal mondo dei sogni, della fantasia e, se è un analista junghiano, anche al mondo sub liminare dell’inconscio, dell’anomalia, della dissociazione, di quella lotta interiore fra angelico e demoniaco. Quale sostrato onirico, immaginale, offre humus, territorio fertile, all’arte di Ampolo, quale titanico scontro fra apollineo e dionisiaco, fra le forze della luce e quelle delle tenebre hanno come campo di battaglia la sua tela o il suo foglio bianco. E quale ricchezza personale ne viene, quanta visionarietà nella sua arte, quanti stimoli per i suoi parti fantastici, dalla interazione quotidiana con il disagio, con la devianza, con la fragilità umana che diventano forza del segno nel suo alfabeto espressivo, nei suoi molteplici linguaggi figurali. Così si affrontano le proprie paure, le ansie, le angosce, il tedio morte di giornate tutte uguali o la frenesia di giorni troppo convulsi e , le libere associazioni mentali, le proprie ossessioni-gabbie e si arriva così ad una scrittura primigenia, catartica ( e questa è forse la tensione, l’ambizione del Nostro) che, riportandoci al punto in cui è iniziato un dolore, una insofferenza, ce ne libera, e questa è la sua valenza terapeutica, spiegata molto bene da Jean Yves Revault nel suo “Guarire con la scrittura”.
Di questo mi parla Vincenzo Ampolo e di molto altro ancora, che sarebbe difficile riassumere nel breve spazio a mia disposizione. Certo è bello seguire le sue erranze culturali che mi portano in un territorio immaginale, in quel suo “altrove”, che ora forse è un po’ anche mio.