di Marcello Gaballo
<> Nardò, città del Salento, reca nella sua storia i tratti del sovrapporsi di molteplici civiltà e culture: romana, longobarda, saracena, bizantina, normanna, angioina, aragonese, spagnola.
<> Nardò punto di convergenza e di irraggiamento degli itinerari giubilari diocesani del 2000.
E’ sempre stata un polo di attrazione nell’ ambito del territorio circostante. Quasi sicuramente fornita di un porto (l’ Empurium Nauna cui ha accennato l’ arabo Edrisi), costituiva una delle stazioni più importanti del prolungamento della Via Appia Traiana, costituendo tappa obbligata per quanti si dirigevano da Roma a Gerusalemme, facendo tappa a Leuca.
<> Nel 1055 Nardò fu conquistata dal conte Goffredo il Normanno, che vi costituì un ducato con un ampio feudo e la fortificò.
<> Si vuole che nell’ VIII secolo il governo Vescovile della chiesa neritina di Sancta Maria de Neritono fosse passato a quello dell’ archimandrita dei monaci Basiliani, che durò sino al 1090, quando passò a quello dei Benedettini, per la grande devozione portata verso questi dal conte Goffredo il normanno e per il permesso di Urbano II, che concesse la protezione apostolica (successivamente confermata da Pasquale II nel 1110, da Callisto II nel 1121 e Adriano IV nel 1158). Completata nel 1088, fu consacrata dal Legato Pontificio il 15 novembre dello stesso anno.
Anche se lentamente latinizzatasi, la sede neritina conservò il rito greco accanto a quello latino sino al vescovato di Ambrogio Salvio (1569-77), quando fu soppresso per ordine della sacra Congregazione dei riti sulla riforma dei greci nella diocesi di Nardò.
<> I monaci Benedettini, mantenendo l’ impianto basilicale già presente nell’ XI secolo, fecero eseguire importanti rifacimenti, ricostruendo la navata sinistra, il presbiterio ed il campanile, gravemente danneggiati dal terremoto del 1245. I frati istituirono nel monastero cattedre di letteratura greca e latina, di eloquenza e di matematica.
<> Dopo il terremoto del 1350, che aveva fatto cadere il frontespizio, la chiesa fu restaurata dall’ abate Bartolomeo a spese dei baroni della città. Il tempio fu ingrandito con un prolungamento di circa 19 metri, che permise l’ aggiunta del coro e delle due cappelle laterali.
Dall’ antipapa Clemente VII fu elevata a Cattedrale nel 1387, essendo vescovo Matteo del Castello, ma quando, nel 1401, terminò lo scisma, tornò ad essere semplice abbazia soggetta alla metropolìa otrantina.
<> Da abbaziale divenne episcopale nel 1413, direttamente soggetta alla Santa Sede per volontà del pontefice scismatico Baldassarre Cossa, Giovanni XXIII (1410-1415), che elevò alla dignità di vescovo l’ abate Giovanni de Epiphanis.
Nel 1433 vi predicò San Bernardino da Siena, chiamatovi da mons. Barella.
Importanti rifacimenti furono attuati dopo il terremoto del 1456 essendo vescovo Ludovico De Pennis (1451-84), che riconsacrò la chiesa nel 1470.
<> Successive modifiche furono apportate dai vescovi Salvio, Fornari (1583-96), Landi (1596-1610), Girolamo De Franchis (1617-34), Orazio Fortunato (1678-1707) e, soprattutto, il napoletano Antonio Sanfelice (1708-1736), “per la pietà e memoria del conte Goffredo, il quale aveva edificata la chiesa”. Questi si avvalse dell’ opera di suo fratello Ferdinando, celebre architetto, per importanti ristrutturazioni e modifiche, tuttora visibili, tra cui la facciata del 1725.
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<> Gravi danni erano stati causati dal terremoto del 1743, per il quale caddero dalla facciata le due statue di S. Basilio e S. Benedetto, oltre ad un pilastro che sorreggeva quella dell’ Assunta. Fu danneggiato pure il campanile.
<> Mons. Mautone (1876-1888), visto l’ urgente bisogno di migliorare la chiesa, pensò di demolirla per ricostruirla totalmente. Per fortuna ciò non avvenne e fu mons. Ricciardi (1888-1908) che rifece importanti e vitali restauri che l’ hanno fatta sopravvivere.
<> Le parti più antiche che ancora oggi possono vedersi sono la navata maggiore con gli archi, i pilastri fiancheggiati da colonne, le antiche finestre; il presbiterio e il coro con la sua volta ogivale; il campanile con i suoi primi tre piani, il primo dei quali ha una volta ogivale sostenuta da colonnine pensili di puro stile angioino.
<> La Cattedrale fu dichiarata chiesa Regia con decreto del 12 ottobre 1803; monumento nazionale il 20 agosto 1879.
Il 27 maggio 1900, a conclusione dei lavori diretti dall’ ing. Antonio Tafuri, fu restituita al culto con l’ intervento del Card. Gennaro Portanova, arcivescovo di Reggio Calabria, di mons. Salvatore Palmieri, arcivescovo di Brindisi, di mons. Luigi Pugliese, vescovo di Ugento, di mons. Gaetano Muller, vescovo di Gallipoli, di mons. Giuseppe Ricciardi, vescovo di Nardò.
<> Dopo gli ultimi restauri voluti da mons. Antonio Rosario Mennonna, il 2 giugno 1980 è stata dichiarata ed elevata alla dignità di Basilica Minore dalla Santa Sede.
A proposito dell’ultimo restauro effettuato nella Cattedrale di Nardò nel 1980, gradirei conoscere alcuni particolari:
1) Chi è stato quel genio che decise di sostituire l’armonioso e pregiato pavimento (bianco e nero) dei rinomati
marmi (bianco di Carrara e nero di Porto Venere) donati ottanta anni prima dalla famiglia De Pandi, con
l’anonimo ed insignificante marmo di Trani?
2) Le lastre di quei pregiati marmi rimossi che fine hanno fatto?
3) Sono state rottamate in qualche in qualche deposito di pietrami edilizi da scarto? (cosa alla quale ci credo ben
poco)
4) Sono state riciclate e rivendute? Se così fosse, a chi? Per quanto?
So già che, in merito, difficilmente avrò risposte esaurienti e che nessuno saprà, o vorrà, rispondermi all’argomento, quindi, non mi aspetto molte novità.
Però, essendo un appassionato di storia, sono molto interessato e incuriosito a sapere il motivo della sostituzione e la destinazione di quei marmi che tanto pregio hanno dato all’arredo stilistico della nostra Cattedrale.