di Giovanna Falco
Il 13 giugno la Chiesa cattolica commemora Sant’Antonio da Padova (1195-1231), canonizzato dopo un solo anno dalla morte e proclamato Doctor Evangelicus nel 1946 da Pio XII.
È uno dei santi più venerati: protettore degli orfani, dei poveri, delle reclute, dei sacerdoti, degli sposi, è Santo patrono del Portogallo, del Brasile, della Custodia di Terra Santa, di molte città e centri urbani italiani e, in Terra d’Otranto, di Ceglie Messapica, Fragagnano e di tredici paesi nel leccese[1].
Il Santo Taumaturgo dal 1631 è anche compatrono di Lecce, «quando questa Città prese il Santo per suo particolare protettore, che veramente si fé sì solenne, che non può dirsi maggiore»[2]. La decisione di proclamare Sant’Antonio patrono della città nacque dal suggerimento dato al sindaco Giovan Domenico Veneziano da fra Nicolò de Seracina «huomo di gran Santità, e dotato da Dio dello spirito della Profetia»[3].
Da qui la fondazione del bellissimo altare nel Duomo e di quelli in altre chiese di Lecce, nelle cui nicchie sono riposti dipinti e statue che ritraggono Sant’Antonio da Padova nell’iconografia usuale, con Gesù Bambino in braccio[4].
Quattro fondazioni francescane leccesi, inoltre, sono state dedicate a questo Santo: Sant’Antonio della piazza, Santa Maria di Ogni Bene, Santa Maria dell’Idria, Sant’Antonio a Fulgenzio.
La chiesa di Sant’Antonio da Padova, il cui prospetto attuale si trova in via Ludovico Maremonti, fu voluta da Gian Giacomo dell’Acaya, il celebre architetto di Carlo V. Originariamente il fondatore voleva istituirvi una comunità di suore Clarisse, ma non ottenendo l’approvazione decise di affidarlo ai frati Minori Osservanti, ordine religioso di cui faceva parte il figlio Francesco.
Narra Giulio Cesare Infantino come già nel 1564 ne aveva già fondato uno in Acaya «e vedendo il gran frutto, che questi Padri facevano, mosso dal medesimo zelo, donò à questi una sua casa principale in Lecce nel 1566»[5].
I frati francescani «comprando altro sito contiguo alla detta casa, con concessione di Pio V, fabricarono una commoda Chiesa, e Convento, come hoggi veggiamo sotto il titolo di S. Antonio di Padova»[6].
L’Infantino, oltre a descrivere il sacro edificio, racconta come il 13 giugno di ogni anno si addobbava «tutta la detta Chiesa di bellissimi drappi, con musiche, e concorso non solo della Città, ma anche di tutti i contorni con moltitudine di soldatesca, e giuochi di fuochi artificiali de’ più belli, che si siano mai per tutto il Regno veduti»[7], ma a causa dei festeggiamenti tributati in onore del Santo nel 1656, l’edificio fu distrutto da un incendio: «il popolo leccese, però, non si atterrì, ma pieno di viva fede nel Santo, volle ricostruire chiesa e convento che furono ridotti in forme più belle e più grandi»[8].
L’ingrandimento comportò la trasformazione radicale della chiesa: l’antica navata fu trasformata in transetto e in via Ludovico Maremonti fu aperto il nuovo ingresso principale, quello cinquecentesco, fu nascosto da una cortina muraria recentemente abbattuta. Una successiva trasformazione della chiesa risale al 1765, quando l’architetto celestino Giuseppe Regina ne ricostruì la volta, rimodernò gli altari e riorganizzò la facciata attuale, dove sono presenti le statue del Santo titolare e di San Giovanni da Capestrano.
Nel braccio sinistro del nuovo transetto sorge l’altare dedicato a Sant’Antonio da Padova, realizzato nel 1737 in pietra leccese con statua lapidea del Santo datata 1569. A causa delle leggi di soppressione degli ordini religiosi, la comunità francescana fu allontanata nel 1812 e gli stabili diventarono di proprietà comunale: il convento inizialmente fu adibito a caserma di Gendarmeria e il chiostro diventò sede del mercato dei commestibili.
Ai tempi di Amilcare Foscarini, nel 1929, l’immobile era sede di vari uffici comunali[9]. Con l’avvento del Fascismo, negli anni Trenta del Novecento, l’edificio fu abbattuto e l’Ing. Pellegrino realizzò il palazzo dell’INPS.
La chiesa il 24 luglio 1824 fu concessa alla confraternita di San Giuseppe Patriarca, fondata nel pio luogo nel 1584, da quel momento è nota ai leccesi come San Giuseppe, ma anche come Sant’Antonio della Piazza.
Quest’ultima denominazione deriva dal fatto che, allontanati i frati dal loro convento, nel 1829 gli fu ceduto da Giovanni Della Ratta l’ex convento degli Agostiniani Scalzi di Santa Maria di Ogni Bene, denominato, per l’occasione, Sant’Antonio di fuori[10]. I Minori Osservanti, che ne presero possesso nel 1831 fondandovi una scuola di filosofia, posero sulla facciata della chiesa una statua del Santo. Nel 1866, anno della soppressione generale degli ordini religiosi, i frati dovettero abbandonare anche questa sede.
In passato un altro convento era conosciuto come S. Antonio di fuori o sia l’Idria[11]: sorge nell’area dove anticamente era ubicata una cappella dedicata a Santa Maria di Costantinopoli. Nel 1608, vennero a «habitare» i «Padri Osservanti di San Francesco» quando «dalla Riforma fù preso il Convento di S. Maria del Tempio»[12]. A causa dell’esiguo numero di religiosi, il complesso di Santa Maria dell’Idria fu chiuso nel 1653, ma i frati Osservanti ritornarono a gestirlo nel 1682, anno in cui fu aperto il noviziato. I frati, allontanati nel1809, in seguito vi tornarono, ma a fine Ottocentola Santa Sede assegnò chiesa e convento ai Padri della Missione e, a causa di dissapori tra i due ordini religiosi, i frati cercarono una nuova sede. Sulla facciata della chiesa, oltre a quella di Sant’Antonio da Padova, sono presenti le statue di santi Francesco d’Assisi, Chiara, Irene ed Onofrio.
Nel gennaio del 1901 i Frati Minori[13] si stabilirono nel nuovo edificio offertogli da donna Letizia Balsamo: il palazzo suburbano di Fulgenzio della Monica, realizzato nel Cinquecento da Gian Giacomo dell’Acaya[14]. Furono avviati i lavori della nuova chiesa, progettata dall’Arch. Carmelo Franco e consacrata il 9 maggio 1910.
Il sacro luogo «In stile Neo-gotico, con reminiscenze romaniche, ha pianta a navata unica con cappelle laterali, abside centrale e transetto i cui lati terminano con due absidi poligonali. Le superfici dell’abside centrale, di quelle del transetto e della cupola sono state tutte dipinte a tempera dal Padre Raffaello Pantaloni (Santa Fiora, 1888-1952)»[15]. La chiesa è stata eretta a parrocchia nel 1952 con il nome di Sant’Antonio da Padova a Fulgenzio.
Di fianco al palazzo cinquecentesco – restaurato dall’Arch. Orazio Antonaci e adibito a sede della Biblioteca “Roberto Caracciolo” e della Pinacoteca d’Arte Francescana -, i frati hanno fatto costruire il nuovo convento, dove ha sede la Curia Provinciale dei Frati Minori di Lecce, dotandolo del Cine-Teatro Auditorium “Antonianum” (1958) e del Museo Missionario Cinese e di Storia Naturale.
[1] Sant’Antonio da Padova è patrono di Borgagne, Castrignano de’ Greci, Cutrofiano, Felline, Melissano, Minervino di Lecce, Monteroni di Lecce, Montesardo, Poggiardo, Ruffano, Seclì, Soleto e Zollino.
[2] G. C. INFANTINO, Lecce sacra, Lecce 1634 (ed. anast. a cura e con introduzione di P. De Leo, Bologna 1979), p. 186.
[3] Ibidem. Secondo Maria Rosaria Tamblè tale decisione è scaturita dalla necessità degli organi governativi di controllare la popolazione. Lo stesso Santo poco tempo prima era stato proclamato, per volontà delle autorità spagnole, protettore di Napoli (Cfr. M. R. TAMBLE’, Strategie cultuali e controllo sociale in Terra d’Otranto nel Seicento, in B. PELLEGRINO – M. SPEDICATO, Società, congiunture demografiche e religiosità in Terra d’Otranto nel XVII secolo, Galatina 1990, pp. 399-440).
[4] Altari dedicati al Santo sono in santa Chiara (5° altare a sinistra) con statua lignea, Santa Croce (1° altare a destra) con tela raffigurante sant’Antonio con l’apparizione del Bambino, Sant’Angelo (3° altare a destra) con tela di Raffaele Verri e nel Duomo (10° altare a sinistra) con statua in lignea. Una statua di Sant’Antonio, inoltre, è sulla facciata della chiesa di Santa Maria della Provvidenza (Alcantarine).
[5] G.C. INFANTINO, op. cit., p. 185.
[6] Ibidem.
[7] Ivi, p. 186.
[8] P. COCO, I Francescani nel Salento, Taranto 1928, voll. 2, pp. 52-53.
[9] Cfr. A. FOSCARINI, Guida storico-artistica di Lecce, Lecce 1929.
[10] Il complesso, ubicato fuori porta, sorge tra i viali Ugo Foscolo e Michele De Pietro, di fianco al Tribunale, ed è in fase di restauro. Fondato dagli Agostiniani Scalzi il 13 marzo 1639, il convento, conosciuto anche come Cornutieddhi (Coronatelli), fu soppresso nel 1810 e, dopo varie vicissitudini, fu acquistato da Giovanni Della Ratta (Cfr. G. FALCO, Fuori porta. La chiesa e il convento di Santa Maria di Ognibene. Alli Cornutieddhi. Esecuzioni capitali, in Notes – Appunti dal Salento, a. XIII n° 15 13 – 19 aprile 2002. Pag. 5).
[11] M. PAONE (a cura di), Lecce città chiesa, Galatina 1974, p. 119. Il complesso monastico sorge nei pressi del nuovo sottopassaggio per Monteroni (cfr. G. FALCO, Fuori porta. Nei pressi di porta Rudiae. Conventi dei Frati osservanti e dei Vincenziani risalenti a ‘600 e ‘700, in Notes – Appunti dal Salento, a. XIV n° 13 29 marzo – 4 aprile 2003. Pag. 11).
[12] G.C. INFANTINO, op. cit., p. 228.
[13] Nel 1895 le quattro famiglie della Regolare Osservanza (Osservanti, Riformati, Recolletti e Alcantarini) celebrarono un capitolo in Santa Maria degli Angeli ad Assisi e deliberarono la riunione dei vari gruppi in un unico istituto religioso che prese il nome di Ordine dei Frati Minori. Le nuove costituzioni (dette Leoniane) vennero approvate dalla Santa Sede il 15 maggio 1897. La riunificazione fu sanzionata da Leone XIII con la bolla Felicitate quondam del 4 ottobre 1897.
[14] Per le vicende di villa Fulgenzio della Monica cfr. G. FALCO, Fuori porta. Il giardino dei Monaci. Storia del giardino di Fulgenzio della Monica, in Notes – Appunti dal Salento, a. XIII n° 20 18-24 maggio 2002. Pag. 5.
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