Noi vediamo soltanto frammenti. Abbiamo relazione soltanto con le scaglie di un insieme. L’insieme è invisibile, spesso incomprensibile, talvolta persino inimmaginabile.
Non conosciamo mai niente nella sua totalità, nella sua completezza, nel suo percorso compiuto. Nemmeno la nostra vita.
Noi osserviamo e studiamo i cocci di un vaso ridotto in frantumi da millenni.
Ragione e passione, due istanze vitali, quindi fondamentali dell’uomo, della sua esistenza. Due categorie in apparente contraddizione, perché l’una riguarda la facoltà raziocinante, l’altra il lato imponderabile dell’anima. Ecco però che ragione e passione trovano una sintesi e una dialettica nel mestiere di insegnare: si insegna per passione e con passione, ma non può esserci vera conoscenza senza la capacità di raziocinio.
Si insegna davvero quando c’è partecipazione, empatia e pietà, nel senso più profondo e antico di pietas, quindi del rispetto, della dedizione; ma soltanto riconoscendo nell’altro un essere umano che deve crescere nella sua autonomia il maestro trasmette vera conoscenza.
“Ri-nato, conosce, ha pietà. Finalmente, può insegnare” (Michel Serres). Rinato, un verbo che indica il percorso di autocoscienza e di conoscenza che si è compiuto e che ha come fine ultimo l’empatia e quindi la capacità di dare e di darsi: chi è rinato è libero e sta già negli altri.
Quello che si può e si deve insegnare è, quindi, la bellezza e la poesia in senso assoluto, impariamo a vivere bene se riconosciamo nel mondo bellezza e poesia e solo una testa ben fatta può essere lo strumento per questo tipo di conoscenza: solo una testa ben fatta consente di imparare per tutta la vita.
Non si possono insegnare, infatti, solo le cose del contingente, soprattutto in un contesto storico come quello in cui viviamo, dove tutto scorre velocemente e le nozioni di oggi, se restano tali, sono inutili e obsolete già domani. Ecco allora a cosa serve una testa ben fatta che abbia un approccio curioso e allo stesso tempo una determinante capacità critica, dunque di scelta nei confronti del reale, perché l’insegnamento della bellezza è anche insegnamento della libertà, del suo valore assoluto rispetto a se stessi e agli altri.
L’autore
Antonio Errico è nato in provincia di Lecce dove vive e lavora come dirigente scolastico di un liceo.
Ha pubblicato volumi di narrativa e di saggistica: Tra il meraviglioso e il quotidiano (1985); Favolerie (1996); Il racconto infinito (saggio su Luigi Malerba, 1998); Fabbricanti di sapere. Metodi e miti dell’arte di insegnare (1999); Angeli regolari(2002); L’ultima caccia di Federico Re (2004); Salento con scritture (2005); Viaggio a Finibusterrae (2007); Stralune (2008); oltre a saggi e racconti in volumi collettivi. Ha curato l’antologia Poeti a Finibusterrae e la riedizione di Secoli fra gli ulivi di Fernando Manno. Collabora alle pagine culturali di quotidiani e periodici, a riviste letterarie e scolastiche.