testi e foto di Giovanna Falco
Osservando la facciata della chiesa del Gesù, nota anche come del Buon Consiglio in via Francesco Rubichi a Lecce[1], si può notare come i dodici bassorilievi che decorano il fregio di coronamento dell’ordine superiore rappresentano i simboli della Passione di Cristo. Il fregio, ispirato all’ordine dorico, è costituito da tredici triglifi solcati non da tre, ma da cinque scanalature (probabile riferimento alle Cinque Piaghe di Cristo: le ferite al costato, nelle mani e nei piedi) e da dodici metope dove sono simbolicamente ritratte le scene salienti della Passione di Cristo, riprese dal Vangelo di Marco.
Con il prezioso contributo di Giovanni Lacorte sono riuscita a individuare i dodici simboli: Due palme (entrata in Gerusalemme); vessillo con la scritta SPQR e fusti d’albero sullo sfondo (arresto di Gesù); braccio con un sacchetto e una campana sullo sfondo (i trenta denari di Giuda); due profili di uomo (il bacio di Giuda); il gallo (Pietro rinnega Gesù); corona e canne incrociate (scherno dei soldati); colonna e flagelli; veste con i dadi sullo sfondo (spartizione della veste tra i soldati); la scala e la lancia con la spugna intrisa di aceto; il Sudario di Cristo; la Croce con la scritta INRI; i chiodi e il martello.
Il numero dodici potrebbe riferirsi ai dodici raggi del sole che comparivano nel triagramma con la sigla IHS promosso da San Bernardino da Siena (1380-1444) per venerare il nome Gesù. Arricchito nel 1427 per volontà di papa Martino V con l’aggiunta della croce e i tre chiodi, in seguito è stato adottato da Sant’Ignazio di Loyola come sigillo della Compagnia di Gesù.
Sulla facciata della chiesa leccese una splendida riproduzione dell’impresa della Compagnia è posta sopra il portale. Al suo interno, nel 1634, erano custoditi frammenti «Del legno della Croce del Sig.» e «Del Santis. Sudario di N.S.»[2].
La croce di Gerusalemme, configurazione delle Cinque Piaghe di Cristo[3], sormonta l’ingresso laterale destro della Basilica di Santa Croce[4]. Qui tutta la facciata esalta il simbolo della Passione di Cristo[5]. Il tempio custodiva le reliquie «Del legno della Croce» e «Una spina della Corona del Signore»[6].
Altri frammenti degli strumenti della Passione erano venerati nelle tre chiese francescane di San Francesco della Scarpa, di Santa Maria dell’Alto e di Santa Maria del Tempio.
Santa Croce, Croce di Gerusalemme
C’è da premettere che la stessa impresa generale dell’Ordine Serafico, D’azzurro a un braccio nudo al naturale uscente da una nube d’argento, con il segno del chiodo alla palma della mano; l’altro braccio vestito del saio francescano, incrociante il primo, con lo stesso segno alla mano; una croce d’oro raggiante che emerge tra le due braccia[7], simboleggia la conformità di san Francesco con il Salvatore. In origine nello stemma, risalente al XV secolo, la mano di Cristo e quella di Francesco erano fissate insieme con un unico chiodo per significare il patto di eterna fedeltà dell’Ordine al Signore crocefisso[8]. Ancora una volta, oltre alla Croce, uno strumento della Passione compariva nell’emblema di un ordine religioso.
In San Francesco della Scarpa, fondata a Lecce nel 1273, si veneravano le reliquie «Del Legno della Croce di N.S. Giesù Christo» e «Una Spina della Corona dell’istesso Christo N.S.»[9]; nella chiesa dei Cappuccini di Santa Maria dell’Alto, realizzata nel 1570 fuori le mura della città, erano custoditi frammenti «Del legno della S. Croce» e «Una spina della Corona di Christo»[10].
Il tempio che custodiva il maggior numero di reliquie della Passione di Cristo era Santa Maria del Tempio. La chiesa extraurbana fu realizzata nel 1432 su commissione di Nuzzo Drimi e affidata ai frati francescani dell’Osservanza della Vicaria di Bosnia, che gestivano anche il monumentale complesso di Santa Caterina in Galatina[11]. Nel monastero leccese era custodito oltre a «Due pezzotti del legno della Santa Croce» e «Una Spina della Corona di Christo», addirittura «Il Santissimo Chiodo del Signore»[12]. L’importanza di questa reliquia è attestata da un atto di devozione di Giovanni Antonio Orsini del Balzo: «Il sopradetto chiodo stà in un bel vaso d’oro, fatto da una collana d’oro offerta à quest’effetto dal Principe di Taranto la prima volta, che adorò questa Santa Reliquia»[13]. Questo episodio e lo spessore simbolico della reliquia testimoniano la rilevanza di questo complesso conventuale per la vita religiosa leccese[14].
Nonostante siano ben note le controversie inerenti alla circolazione delle reliquie, in particolar modo quelle concernenti gli strumenti della Passione, la quantità della loro presenza a Lecce è indice degli stretti rapporti tra Lecce ela Terra Santa. Ben tre fondazioni, infatti, risalgono al periodo comitale quando, in particolar modo durante la dominazione dei Brienne, vi si radunavano le truppe in procinto di attraversare il Mediterraneo per recarsi nei luoghi santi. Sono noti, inoltre, gli stretti rapporti tra i Francescani e Gerusalemme, ancora oggi ben saldi. Il perché i Gesuiti conservassero tali reliquie nella loro chiesa, è reso comprensibile dal loro stesso stemma e dalla necessità di radicarsi profondamente nei territori in cui s’insediavano.
[1] La chiesa è stata realizzata su disegno del gesuita Giovanni De Rosis tra il 1575 e il 1579 ed è chiamata del Buon Consiglio perché dal 1817 è sede della Confraternita Maria SS.ma del Buon Consiglio e di S. Bernardino Realino.
[2] G. C. Infantino, Lecce sacra, Lecce 1634 (ed. anast. a cura e con introduzione di P. De Leo, Bologna 1979), p. 175.
[3] L’argomento è stato puntualmente esaminato da Mordechay Lewy, ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, in La croce di Gerusalemme, un enigma millenario. Cinque ferite nel simbolo della Città Santa (http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/cultura/197q04a1.html) e da Laura Saporiti in Il potere dello stemma araldico dell’Arma Christi (http://dspace-unipr.cilea.it/bitstream/1889/1400/1/SAPORITI-potere.pdf).
[4] La chiesa, fondata da Gualtiero di Brienne nel XIV secolo nei pressi del castello, fu realizzata nell’attuale sito tra il 1549 e il 1695. Il portale in questione è opera di Francesco Antonio Zimbalo (1606).
[5] Cfr. V. Cazzato, La “Santa Croce”, in A. Cassiano – V. Cazzato (a cura di), Santa Croce a Lecce. Storia e restauri, pp. 31-63.
[6] G.C. Infantino, op. cit., p. 122.
[7] Il Terzo Ordine Regolare vi ha aggiunto una corona di spine, tre chiodi, la scritta O.P.C.; il tutto sormontato da una corona regale.
[8] In uno studio del 2009 Servus Gieben, Direttore Emerito del Museo storico dei Cappuccini a Roma, ha condotto una rigorosa ricerca sulle origini e sull’evoluzione dello stemma dell’Ordine Serafico (cfr. http://santantoninob.altervista.org/index.php/component/content/article/48-articoli/106-lo-stemma-francescano.html).
[9] G.C. INFANTINO, op. cit., p. 51.
[10] Ivi, p. 227.
[11] Una sintesi della storia del convento di Santa Maria del Tempio è consultabile a questo link: http://spigolaturesalentine.wordpress.com/2011/07/06/lecce-trasformazioni-e-ampliamenti-del-convento-di-santa-maria-del-tempio/.
[12] Ivi, p. 210.
[13] Ivi, p. 211.
[14] Nella chiesa erano custodite anche le reliquie di: «Di S. Pietro Apostolo De’ Santi Innocenti Di San Tomaso Apost. Di S. Antonio Abbate, Di S. Matteo Apost. Di S. Margherita v. e m. Un dito di S. Giacomo Apost. Di S. Apollonia v. e m. Un dito di S. Gio: Chrisost. Di S. Irene v. e m. Di S. Lorenzo mart.» (Ivi, pp. 210-211).
Fenomenale descrizione. Bellissimo articolo. Brava, Giovanna!