Gravina. Chi si è ricordato di Francesco Guarini?
di Giuseppe Massari
Quando, spesso, mi capita di leggere Gravina in Puglia, accompagnato da una dicitura distintiva come città d’arte, mi trovo sempre a disagio. Perché quell’attribuzione, non originale, ma generica, significa tutto e non significa niente. Non è un motivo d’identità specifico, perché ogni città può esserlo e lo è per le quantità di scrigni e tesori di storia, arte e cultura che possiede, conserva e fa fruire. Ma è ancora di più inutile quando, quella specie di distintivo, non viene neanche utilizzato al massimo. Si da il caso che, il 19 gennaio 1611, in quel di Solofra, nascesse un certo Francesco Guarini, divenuto pittore barocco di grande prestigio, di grande fama e di grande pregio artistico, se è vero, come la maggior parte dei critici d’arte sostiene, che fu un seguace e un allievo del Caravaggio. Costui, giunse a Gravina con gli Orsini essendo loro protetto, proseguendo una florida attività lavorativa per la famiglia e le varie chiese del territorio, diventando una figura determinante per la pittura del Seicento a Gravina.
La quasi totalità dei suoi biografi concorda che la sua morte sia avvenuta nel 1651 a Gravina, il 23 novembre, ad appena quarant’anni, anche se non vi sono, purtroppo, tracce che lo confermino, nel senso che non risulta esserci un monumento funebre, un cenotafio, sia pure una lapide che ne indichi il luogo, anche se non è escluso che le sue spoglie mortali possano trovarsi e riposare nella chiesa di Santa Maria del Suffragio (Purgatorio) a Gravina, cioè nella cappella funeraria degli Orsini, visto che furono loro a chiamarlo in città e ad ospitarlo, riservandogli fastose esequie in occasione della prematura scomparsa. I suoi resti, dunque, potrebbero trovarsi in quel luogo dove, alle spalle dell’altare maggiore, trionfa e troneggia uno dei più riusciti capolavori dell’artista: la Madonna del Suffragio con le anime del purgatorio.
Presso la Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, a Gravina in Puglia, vi sono altre due tele: la Madonna col Bambino e la disputa di Gesù con i dottori nel tempio.
Spiace dover ricordare che altre opere, della sua fiorentissima attività, realizzate presso il palazzo ducale degli Orsini, siano andate disperse, nel senso che non si sa dove possono essere state trasferite e allocate. Se formano collezioni d’arte di alcuni privati o sono esposte in gallerie d’arte, sempre di privati cultori e collezionisti, poiché non vi sono tracce o testimonianze di una presenza in alcuni musei nazionali ed internazionali.
Molti capolavori di questo importantissimo e famosissimo pittore si conservano a Solofra, Napoli e Roma, città dove egli visse lavorò. Nella sua Solofra, per ricordare e festeggiare i 400 anni della nascita di don Ciccio Guarini, così come, affettuosamente lo chiamavano i suoi compaesani ed estimatori, è stato indetto l’anno guariniano.
Alla luce di tutto questo e sulla base di non pochi elementi, alcune domande sono d’obbligo. Come mai, qui, invece, a Gravina, i tanti cultori di storia locale, gli esperti di storia e storiografia gravinese hanno trascurato questo evento? Come mai i possessori di queste meravigliose opere d’arte hanno omesso di celebrare il centenario della nascita di un pittore che ha dato molto a questa città? Come mai, quella che si definisce città d’arte, facendo solo ridere di pietà e compassione, ha trascurato di organizzare un evento che ricordasse la figura di questo pittore, gravinese d’adozione?
Perché questa città manca di conoscenza e coscienza dell’appartenenza, perché figlia incestuosa della cultura dell’apparenza esclusiva e depositaria di un soggettivismo e personalistico modo di proporsi ed atteggiarsi a uomini di cultura, senza averne le capacità, l’interesse, l’amore, la dedizione, lo studio, l’approfondimento, la serietà e il rigore scientifico.
Tutto questo, però significa e deve continuare a significare, ma solo per questo, che Gravina è città d’arte, perché coltivare nel proprio nucleo urbano gli ignoranti è anche un arte. L’arte è un valore intimo, non è un valore astratto, è un valore concreto.
Sulla base di queste certezze, mi auguro che qualcuno, al di fuori e al di là di alcune categorie di pseudo culturali, si metta a lavoro e organizzi qualche evento a ricordo di quest’uomo benefattore della nostra città. Riporti alla memoria, ai fasti della gloria l’acuta sensibilità di un artista, di un cultore del bello e del sacro e della famiglia che lo riempì di consensi, stima e fiducia.
Giuste domande. A Conversano invece, non sono mancate negli ultimi anni celebrazioni in onore di Paolo Finoglio, attraverso mostre, studi etc.