di Wilma Vedruccio
“cittu tie, ca nu sai fare mancu l’o cu lu bicchieri” era l’invito, il rimbrotto, la condanna, la provocazione, lo stimolo, in tempi in cui non si predicava di autostima, la pedagogia era altra, il rispetto per gli adulti era sovrano e i bambini non avevano voce in capitolo, anche se avevano da dire.
Erano altri anche i bicchieri e qualcuno andava in frantumi a forza di provare e riprovare a fare un cerchio preciso, senza sbavature… non tutti si era come Giotto che lo tracciava col bastone da pastore sulla strada polverosa, dietro al gregge e sotto lo sguardo di un Cimabue.
Altri tempi, altre situazioni, opportunità altre, altre le strade…
Se un bambino di oggi ci vuol provare, ha qualche difficoltà ad essere preciso su una superficie d’asfalto, ne convenite?
Eppure il desiderio è sempre uguale, è una spinta antropologica a realizzare “a mano libera” la perfezione, poter dire con orgoglio “guarda, ci son riuscito!”
Quindi, ci si prova col bicchiere. No, il compasso no, è un’altra cosa.
Anche la matita fa la sua parte, un tempo era sgrossata col coltello, una matita da falegname, altro che punta fina, il segno ben evidente su una carta corposa, spessa, e c’era sempre, seduto al tavolo, un nonno, uno zio, un padre, che aiutava a temperarla, a tener fermo il bicchiere, lo stesso censore che poco prima, in presenza di estranei, aveva sentenziato ”cittu tie…”, ora, nell’intimità della vita familiare, si prestava ad insegnare gesti per imparare a fare.. l’o cu lu bicchieri, tanto tondo da esserne fieri.
Tempi in cui, prima di parlare, bisognava essere cresciuti nell’operare, capaci di riconoscere, con umiltà, i maestri, e di avere per loro una sana soggezione.
Tempi in cui le parole erano semi che germinavano dentro silenziose, trasformandosi in gesti sapienti, frutto di una tradizione, tempi di prove, di operosità, di scommesse, di fatiche.
Discorso nostalgico? Chiacchiere inutili di una generazione sorpassata? Forse.
Ma nella celebrazione della modernità, in questa esaltazione collettiva, in questo tempo dei tanti saperi… capita di non saper più fare “mancu l’o cu lu bicchieri”.
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