Lu cane te Lecce e llu cane te Bari / Racconti salentini

Il racconto è tratto da “Lu Nanni Orcu, papa Cajazzu e altri cunti salentini” di Alfredo Romano. Nardò, Besa, 2008.

di Alfredo Romano

Lu cane te Lecce e llu cane te Bari (In basso la versione in lingua italiana)

Na fiata ‘nu cane te Lecce se ffruntàu cu ‘nnu cane te Bari. Quistu stringìa ‘n’ossu am bucca. Lu cane te Lecce ‘llora tisse a quiddhu te Bari: «Si’ bonu cu ddici Bari?»
«Bàaari, » e a llu cane te Bari ne catìu l’ossu te ucca. Te pressa quiddhu te Lecce se lu nferràu.
Mo’ lu cane te Bari se sentìu pijàre pe’ ffessa. «Mo’ fazzu cu ddica Lecce,» pensàu ṭra de iddhu «e ccusì l’ossu me lu nferru ntorna iu.»
«E ttie si’ bonu cu ddici Lecce?»
«Léeecce!» Ma l’ossu allu cane te Lecce ne rrimase sṭrittu sṭrittu inṭru lli tienti e llu cane te Bari rimase cu ‘nnu parmu te nasu.

Il cane di Lecce e il cane di Bari. Dalle illustrazioni di Maria Berto.

TRADUZIONE IN ITALIANO

Il cane di Lecce e il cane di Bari

Una volta un cane di Lecce si incontrò con un cane di Bari. Questo stringeva un osso in bocca. Il cane di Lecce allora disse a quello di Bari: «Sei buono a dire Bari?»
«Bàaari,» e al cane di Bari cadde l’osso dalla bocca. Pronto il cane di Lecce l’agguantò.
Mo’ il cane di Bari si sentì fottere. «Mo’ gli faccio dire Lec­ce,» pensò tra sé «e così mi riprendo l’osso.»
«E tu sei buono a dire Lecce?»
«Léeecce!» Ma l’osso al cane di Lecce rimase stretto stretto tra i denti e il cane di Bari rimase con un palmo di naso[1].

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[1]È un classico del campanilismo tra Lecce e Bari. Qui entra in gioco un fatto linguistico e si prende in giro il parlare dei baresi a bocca aperta, al contrario dei leccesi che parlano a denti stretti.

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2 Commenti a Lu cane te Lecce e llu cane te Bari / Racconti salentini

  1. Al di là di ogni forma di campanilismo e tifo calcistico, si sa che nessun cane potrebbe recuperare un osso protetto dall’aurea materna di Lecce: Lecce dalla pronuncia stretta, dai sacrifici larghi, dall’intelligenza che ha imparato a sopravvivere. Esopo approverebbe, caro Alfredo, e forse sostituirebbe il suo personaggio preferito, la volpe, col cane di Lecce. La morale di questa storia? “Non tutte le pronunce vengono per nuocere!”

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