di Wlma Vedruccio
Aveva lavorato di fino lo scalpellino e dalla pietra eran nate due colombe, vicine affiatate confidenti, parlavan fitto fitto tutto il giorno, beccavano frutti di pietra e nella notte intrecciavano il respiro.
Intorno a loro angeli, santi e frutti opulenti, tutti immortalati nella pietra, sempre lì, ad ogni ora di ogni giorno del mondo, presenti.
Le due colombe sognavano il mondo infinito, se lo raffiguravan nei dettagli, progettavan viaggi nei giardini d’Eden di cui doveva esser fatto, giardini in cui maturavan frutti uguali a quelli che eran lì da sempre nella pietra, ne immaginavano l’odore, ne prefiguravan i colori stagione dopo stagione.
Gli angeli lì intorno con la loro immobilità e col silenzio, sembravan confermare i sogni, certo non li contraddicevano. E i passeri che eran lì e poi non c’erano, come i viaggiatori nelle stazioni, accertavano coi loro racconti la presenza dei giardini nel mondo, la ricchezza e la varietà dei frutti, la loro dolcezza, i loro succhi.
Le due colombe eran certe, un giorno avrebbero volato libere nel cielo, avrebber sorvolato i giardini in cui occhieggiavan frutti maturi fra le fronde, avrebber raggiunto le nuvole in cui si nascondevan gli angioli con le piume di vapore per poi rituffarsi nell’azzurro del cielo verso le acque luminose come specchi.
Avrebber conosciuto i luoghi e le genti, di cui da sempre avevan sentito narrare stando immobili in quell’angolo dell’altare. La magnificenza di Dio si sarebbe rivelata ai loro occhi, alle loro ali, in tutti gli odori, nella varietà dei sapori, nella varietà delle forme.
Forse la pioggia avrebbe sciupato le loro piume ma avrebber poi potuto farsi asciugare dal sole. Certo la tempesta un po’ le spaventava, le spaventava il diluvio ma avevan sentito dire di un’arca e di colombe che portavano pace da oltre il nulla delle acque.
No, senz’altro il mondo di fuori era fatto di mirabilie più che di pericoli.
Presto avrebbero volato.
Intanto continuavano a beccare i frutti di pietra come sempre, e a sognare fra le foglie scolpite nell’altare.
Più di tutto le rapiva il desiderio del firmamento nelle notti, non l’avevan mai veduto, chiuse fra arcate di pietra, pur preziose, lontane da vetrate un po’ opache, non avevan mai guardato gli occhi della notte, la brezza non le aveva mai sfiorate.
Sì, i passeri che dormivan fra le fessure dei finestroni, avevan detto a volte di mille luci lontane ma non avevano saputo spiegare. E le parole antiche, che risuonavan fra le panche, parlavano di “lumi infiniti”, parlavano di “luce”, parlavano di un “ricamo di luce” che Dio aveva fatto, originariamente.
Le colombe conoscevan ricami di pietra, preziosi, con foglie e piume cesellate ma il ricamo di luce non l’avevan mai veduto e di figurarselo non erano capaci. Ma il desiderio, sì, le aveva prese.
E aspettavano.
Aspettavan che lo scalpellino desse i due tre colpi necessari a staccare dalla pietra le ali perchè fossero libere di volare.
Aspettavan ogni ora del giorno, ogni giorno del mondo e nelle notti il desiderio era sospeso nel buio e al mattino tornava a riempire il loro cuore di pietra ed era tanto che quasi lo polverizzava.
Venne infine lo scalpellino, le colombe eran pronte al volo, non avevano paura, anelavano al cielo.
Non vibrarono i colpi che le avrebber rese libere, l’uomo lavorò di fino per ridare loro purezza nelle forme. per ridare il colore della pietra e riparò ferite e rafforzò il legame con l’altare.
Insieme alle impurità della pietra, insieme alle croste, furono grattati via i sogni delle tenere colombe.
L’incantesimo continuò a tenerle lì, senza volo, per sempre.
…. ma il sogno di colomba non s’infrange, poichè così volatile il pensiero, che se compagno trova un altro sguardo, s’invola in realtà non menzognera! Lo scalpellin, sì bravo, curò le ferite lapiddee, ma non attento si soffermò, per nulla, ad ascoltare le sue fattur tubare, cosa che invece, un pellegrino, appassionato amante, attrasse a sè la volontà tenace delle colombe impresse nella pietra e stette lì seduto ad ascoltare, con la promessa che, quando lo scalpellin, finito avesse di completar la tecnica suprema, avrebbe accompagnato lui le due colome, nel viaggio di questa Terra Salentina. Se ben rimembrate, non forse nella Terra delle terme, la mistica Cesarea approfittò per sottrarsi a volontà di altro scalpellino, usando i due volatili d’altare, staccati dalla roccia, dal pellegrino appassionato amante? Vedete, anche noi, si può ben dire, che coll’accingere l’orecchio alla parete, come commare dalle parti nostre, possiamo ben sottrarre dalle mura, l’intimo parlar di quelle stesse e crear leggende e tramandarle, come si usa fare in questa Terra!
Scusate, era troppo bello il racconto di Wlma Verduccio, che non ho potuto sottrarmi alla tentazione di continuare il sogno condiviso di Wlma: veder volare le sue due colombe.
Grazie Wlma. Piero.
Rigrazio vivamente Piero (?) per aver dato, con sapienza metrica e garbatissima ironia, un lieto fine alle mie Colombe di pietra ;)
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