Penisola d’antica storia, antesignana rappresentazione di una geometria frattale esteticamente estasiante: una penisola di innumerevoli penisole, e penisole più penisole che le altre penisole, tanto penisole da portarsi l’appellativo nel nome.
La mia fortuna non s’esaurisce nell’esser nato in Italia, ma, addirittura, nella penisola salentina, a pochi chilometri dai suoi luoghi più incantevoli. Nato a metà strada tra le albe seducenti del sole che spunta dall’orizzonte sul mare Adriatico e i tramonti fiammeggianti dello stesso sole che si rituffa nelle acque cristalline dello Jonio.
Pochi chilometri dal mare, pochi chilometri un tempo percorsi con il vento in faccia che la bicicletta o il motorino sapevano regalare, oggi lunghissimi da percorrere in automobili roventi e lente come capre zoppe.
Perle di bellezza mozzafiato sulle coste, spesso sventrate e degradate dall’assalto dell’avidità umana che le ha antropizzate in forma violenta e selvaggia.
Uno di questi straordinari gioielli è Porto Cesareo, località sullo Jonio dal nome noto come quelli in premessa. Preda per decenni della speculazione e della cementificazione selvaggia, strozzata dal traffico e da folle immense, spesso luogo di caciara e di odore di patatine fritte e gelati dai nomi improbabili.
Massacrato, abusato, stravolto. Luogo sul quale la cattiveria e l’idiozia si sono accanite con una ferocia inimmaginabile. Procurando danni irreversibili, mortificazioni e necrosi profonde. Locuste fameliche la hanno invasa e depredata instillando il veleno della cupidigia in ogni vena del suo organismo splendido e splendidamente delicato.
E da quell’Isola un altro ponte verso un’altra isola più piccola, e ancora una penisola allora, anch’essa antropizzata da pochi giorni, con gusto, delicatezza e voglia di esserci senza far troppo rumore.
E le idee prendono corpo, le isole/penisole hanno piccoli ponti e tanti pontili, raggiungibili via mare da taxi boat che permettono di lasciare le macchine lontane, vivere la perla dall’interno dell’ostrica e conoscere personaggi come Salvatore che porta il gozzo, passa la vita sul mare e, da solo, vale cento tourist operator che fanno marketing territoriale. “Porto le comitive all’Isola dei Conigli, e quando ci sono i bambini faccio il bagno con loro, poi mi tuffo e trovo sul fondo due o tre conchiglie da regalargli …” mi ha detto con una semplicità disarmante. Consapevole che quei bambini con quelle conchiglie si porteranno Porto Cesareo nel cuore.