di Stefano Manca
Stamattina nel mio paese in Puglia c’erano oltre trenta gradi. Al semaforo uno si accosta e mi chiede: “Ehi, sto scrivendo un romanzo. Quando scrivo mi sento proprio bene! Secondo te è meglio scriverlo in prima o in terza persona?”.
La mia auto non ha l’aria condizionata, ma una vecchia ventola che per combattere il caldo svolge supporto psicologico. Indeciso su quale risposta dare a cotanto inter…rogativo (è la tipica domanda che vi fanno al semaforo, no?), ho finto di pensarci su. Ricordavo di aver letto da qualche parte di certe pratiche zen per non innervosirti.
Il romanziere pensava che io stessi riflettendo sulla sua opera, che ovviamente non leggerò nemmeno se la scrive in quarta persona. Nel frattempo ha aggiunto che lui la storia da scrivere ce l’ha nella testa. Non so perché abbia sentito il dovere di fare questa precisazione. Evidentemente ritiene che le storie da scrivere possano risiedere anche in altre parti del corpo. Comunque gli ho detto che è impossibile rispondere alla sua domanda.
Non mi andava di dirgli che le sue mi sembravano braccia rubate all’agricoltura. Non mi andava di dirglielo perché considero l’agricoltura una cosa molto seria. È come se un contadino, quando non riesci a seguirlo nella vendemmia, ti dicesse: “Buono a nulla! Due braccia rubate alla letteratura!”. A quel punto è scattato il verde, l’ho salutato e sono partito velocemente come fanno da queste parti i tamarri vintage che vogliono fare colpo sulle passanti. Quello lì era il mio primo vaffa della giornata.
In prima persona.
Il malcapitato che si è fermato a farneticare domande sterili e fuori luogo proprio all’indirizzo del nostro Stefano Manca non poteva immaginare la sua reattività cerebrale decuplicata dal caldo. Eh no, perchè il signore in questione non si è limitato a chiedere l’ora, o che so, le indicazioni per trovare una strada, ma si è spinto a cercar consigli sull’approccio corretto alla scrittura. La sua. Scusa, amico mio, ma tu lo vai a chiedere proprio a quella concentrazione di neuroni da nobel per ironia e sagacia che è Stefano Manca? Tra l’altro, sotto un sole da quaranta gradi e, se non bastasse, davanti a un semaforo rosso? Che imprudenza imperdonabile!
Non mi resta allora che lodare Stefano per aver esternato solo a noi i suoi reali pensieri di quel momento facendoci ridere sotto e sopra i baffi, e di essersi mantenuto cortese col silenzio. Da sua ammirata lettrice, poi, non posso non aggiungere che la sua partenza a razzo dall’inequivocabile significato non fa che confermare il suo ritratto artistico: BREVE, PRECISO E COMPENDIOSO!!!!
grazie raffaella :-))))))))))