Giugno, il solstizio estivo e le erbe di San Giovanni
di Elvino Politi
Azzate San Giuanni e nu durmire
ca sta bisciu tre nuvole venire,
una te acqua una te jentu una te triste mmaletiempu.
A mare a mare
a ddu nu canta jaddru a ddu nu luce luna
a ddu nu se sente nisciuna criatura.
Tra le antiche tradizioni salentine legate alla terra e all’uso delle erbe c’è in primo piano la tradizione della Notte di S. Giovanni, festa di mezza estate, che ricorre pochi giorni dopo il solstizio d’estate.
Tale giorno era considerato sacro nelle tradizioni precristiane ed ancora oggi viene celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giorno dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista.
Tutte le leggende si basano su di un evento che accade nel cielo: il 24 giugno il sole, che ha appena superato il punto del solstizio, comincia a decrescere, sia pure impercettibilmente, sull’orizzonte: insomma, noi crediamo che cominci l’estate, ma in realtà , da quel momento in poi, il sole comincia a calare, per dissolversi, alla fine della sua corsa verso il basso, nelle brume invernali.
Sarà all’altro solstizio, quello invernale, che in realtà l’inverno, raggiunta la più lunga delle sue notti, comincerà a decrescere, per lasciar posto all’estate. E’ così che avviene, da millenni, la corsa delle stagioni.
Nella festa di San Giovanni convergono i riti indoeuropei e celtici esaltanti i poteri della luce e del fuoco, delle acque e della terra feconda di erbe, di messi e di fiori. Tali riti antichi permangono, differenziandosi in varie forme, nell’arco di duemila anni, benchè la Chiesa ostinatamente abbia tentato di sradicarli, o perlomeno di renderli meno incompatibili con la solennità.
Molte sono le usanze legate alla Notte di S. Giovanni: nelle campagne l’attesa del sorgere del sole era propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poichè da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi: le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell’aria scura promesse d’amore e di fortuna, il Male si dissolveva sconfitto dalla stessa forza di cui subiva alla fine la condanna la feroce Erodiade, la regina maledetta che ebbe in dono il capo mozzo del Battista.
Nella veglia, tra la notte e l’alba, i fiori bagnati di rugiada brillavano come segnali; allo spuntare del sole si sceglievano e raccoglievano in mazzi per essere benedetti in chiesa dal sacerdote. Bagnarsi nella rugiada o lavarsene almeno gli occhi al ritorno della luce era per i fedeli cristiani un gesto di purificazione prima di partecipare ai riti in chiesa.
Non bisogna comunque sottovalutare il sapore magico legato a questa festività , in cui la devozione cristiana verso il Battista si mescola con una tradizione magica ben più antica, secondo la quale in quel giorno era particolarmente facile formulare pronostici per il futuro. Invece la notte che precedeva il 24 giugno era di rito il ritrovo delle streghe sotto i rami di una grande quercia.
Dal punto di vista della tradizione erboristica molte sono le erbe solstiziali, erbe benefiche e medicine medievali per curare il corpo ed evitare il malocchio, per proteggere la casa e gli animali; sono dunque le erbe di S. Giovanni.
Le erbe raccolte in questa notte hanno un potere particolare, sono in grado di scacciare ogni malattia e tutte le loro proprietà sono esaltate; c’erano erbe per risolvere questioni amorose, ma c’erano anche le piante della saggezza. Piante speciali, rarissime in grado di donare a chi le avesse colte proprio nella notte del santo, chiaroveggenza e invisibilità.
In quel caso, chi fosse riuscito a reperire la magica pianta nel bosco, dopo averla colta sarebbe stato inondato da una luce meravigliosa, poi si sarebbe sentito chiamare dalla voce di un proprio caro, un meccanismo attivato dal demonio per evitare di cedere il potere magico della pianta. Solo chi fosse riuscito a resistere alla chiamata, e non si fosse girato, avrebbe acquisito l’incredibile potere.
Le più ricercate erano però le piante della buona salute, erbe in grado di donare forza e benessere a chi le avesse assunte. Con alcune di queste veniva fatta un’acqua, che una volta benedetta da un prete, sarebbe stata di buon augurio.
Le erbe più note da raccogliere nella notte di S. Giovanni sono: l’iperico, l’artemisia, la verbena, il ribes rosso, il vischio, il sambuco, la mentuccia, l’aglio, la cipolla, la lavanda, il biancospino, la ruta, il corbezzolo e il rosmarino.
La tradizione si ripete ancora oggi in tutto il Salento con feste e danze nei luoghi dedicati a S. Giovanni.
Ad integrazione di quanto ci hai ricordato aggiungo che alla festa di San Giovanni sono particolarmente legati i comparatici che si stringono nel nome del Santo in tutto il Salento.
Sette battesimi ed una cresima in una stessa famiglia con lo stesso compare, creano un vincolo di parentela.
E’ tanto il rispetto tra chi è vincolato dal comparatico, che se un uomo ha desideri concupiscenti nei confronti di una donna, per guarirne, si preoccupa di “farsela commare”. S. Giovanni, secondo il popolo, attuerà il miracolo, distogliendo così cattivi pensieri, in rispetto al detto “Cristu pirdona, San Giuanni tronca”.
Dire “San Giuanni” è lo stesso che dire “comparatico”, inteso come una parentela spirituale tra il compare e la famiglia, estensibile anche ai rispettivi nuclei familiari. Ed è un vincolo importante, solenne, tanto che se si giura sul Santo a nessuno verrà in mente di non prestar fede alla promessa.
Per questi motivi quasi mai nessuno rifiuta la proposta di tenere a battesimo o Cresima o Matrimonio chicchessia, obbedendo così al detto “allu San Giuanni no ssi dice mai none”, ovvero che l’ invito ad un comparatico non si può mai rifiutare.
Il compare vuol bene al compare come fa con un fratello, e alla comare come alla migliore amica, con la quale è lecito scherzare, conversare, seppur nei limiti della decenza e dell’ onestà.
Concordo che nella notte del Santo si era pure soliti fare pronostici, specie se di tipo amoroso, da parte delle fanciulle. Sarebbe utile arricchire questo interessante argomento con altre tradizioni praticate nei comuni salentini
2000 anni di leggende storiche legate a “Cristu pirduna, San Giuanni tronca”: una realtà storica indissolubile che si protrae ben oltre i 20.000 anni a.C., nella quale l’Umanità è già entrata con il mosaico delle sue tessere e cerca il corniciaio per presentare la sua OPERA ROTAS.
Mi sento riconoscente nei confronti di Elvino Politi, Giorgio Cretì, Massimo Bruno, M. Vaglio, Paolo Vincenti, Marcello Gaballo e di tutti gli straordinari autori che hanno contribuito a far conoscere, scoprire, amare la festività di San Giovanni. Le informazioni danno sapere, le qualità degli scrittori comunicano emozioni impagabili. Spigolature Salentine, ancora una volta, unisce vere eccellenze: è questa la vera magia.
l’unione fa la forza, cara Raffaella, e non è trascurabile la tua azione cementante ed esaltante.
Tra ieri e oggi abbiamo “spigolato” veramente su quanto possa dirsi sul santo così celebre in terra salentina.
Oddio… celebre per chi ama spigolare e si preoccupa che tali informazioni non vadano perse irrimediabilmente. Questo prezioso granaio che stiamo colmando giorno per giorno (torna sempre la metafora da noi felicemente adottata!) resterà a disposizione di tutti. E non è poco di questi tempi