Riflessioni filologiche sul nome neritino di un antichissimo gioco: il basticallòi
di Armando Polito
Il gioco, forse lontano antenato del baseball, consisteva nel far saltare un pezzo di legno di forma cilindrica, lungo circa 12 cm, spesso 3 e appuntito alle due estremità, collocato a terra, battendolo ad un’estremità con una specie di paletta lunga circa 60 cm., larga 10 cm. (più stretta ad un’estremità che costituiva l’impugnatura) e spessa 1 cm. con un colpo assestato di taglio, facendolo saltare in aria all’altezza di circa 1 m. e con un secondo colpo, questa volta di piatto, scagliandolo il più lontano possibile.
Per ogni concorrente la distanza raggiunta dal punto di battuta veniva misurata con la stessa mazza e ad ogni segmento misurato corrispondeva un punto. Era dichiarato vincitore colui che, avendo partecipato alle manches che erano state preventivamente concordate, aveva realizzato il maggior numero di punti. Veniva stabilito preventivamente pure il numero di volte che colui che aveva conseguito il punteggio più basso avrebbe dovuto portare sulle spalle, per un tragitto anch’esso preventivamente stabilito, il vincitore: questo premio si chiamava ddhozzu1. Il nome italiano di questo gioco è lippa, di origine infantile, forse onomatopeica.
Di seguito sono riportate, dopo quella di Nardò (per la cui etimologia si rimanda alle conclusioni finali), le varianti salentine con le relative considerazioni:
1) A Nardò bbasticallòi designa il gioco.
2) A San Cesario di Lecce e a San Pietro in Lama bàzzica indica il gioco e il legnetto; con riferimento a quest’ultimo la voce potrebbe essere collegata con l’italiano bàzzica, che è forse da bazza=mento appuntito.
3) A Gagliano mazza e ccìrculu indica il gioco; sono evidenti le due prime componenti: mazza ed e; per la terza vien da pensare subito a circolo, ma molto probabilmente si tratta di una deformazione di zzìppuru/zzìcculu, diminutivi di zzippu, che in alcuni territori del Leccese e del Brindisino (vedi i nn. 22 e 23) indicano anche il legnetto di questo gioco.
4) A Martano, Muro Leccese, Salve e Tricase mazza–zìcculu indica il gioco; vale quanto detto per la voce precedente.
5) A Soleto mazzalòi indica il gioco; forma sincopata della n. 14?
6 A Castro mazza-mazzìrculu indica il gioco; da mazza replicato e zzìrculu, per cui vedi l’ultimo componente del n. 3.
7) A Otranto mazzangìrculu indica il gioco; probabilmente forma dissimilata da *mazzaggìrculu, da mazza e ccìrculu, per cui vedi il n. 3.
8) A Castrignano dei Greci mazzarùna indica il gioco; accrescitivo dell’obsoleto italiano màttero=bastone, da un latino *màttare(m), variante di màtaris=giavellotto?
9) A Maglie mazza-ttìppiti indica il gioco; da mazza+tìppiti (vedi il n. 21).
10 A Ceglie Messapica mazzaiùne indica il gioco; vedi il n. 8.
11 A Sava mazza–unu indica il gioco; stessa origine di 8 con lenizione di –r– e cambio di genere?
12) A Gallipoli mazze nguzze indica il gioco; da mazze e nguzze per cui vedi il n. 13.
13 A Guagnano ed a Novoli nguzza indica il legnetto; deformazione di aguzzo?
14) A Galatina mazzicalòi indica il gioco; in rapporto con mazzalòi (vedi il n. 5)?; da màzzicu (vedi il n. 20)?; per la seconda parte vedi le conclusioni.
15 A Brindisi mazzicaùnu indica tanto il gioco quanto il bastone; forma aggettivale accrescitiva da màzzicu (vedi il n. 20 ) con lenizione della –r– come nel n. 11??
16 A Poggiardo mazzicanzìrculu indica il gioco; da màzzicu (vedi il n. 20) e per il secondo componente vedi il n. 3.
17 A Presicce pastilò indica il gioco e il bastone; forma sincopata di basticallòi? (vedi il n. 1).
18) A Castrì di Lecce pizzicaùnu indica il gioco e il bastone; forma aggettivale accrescitiva da pizzica con lenizione di –r– come nei nn. 11 e 15?
19 A Pisignano, Salice Salentino e Vernole pizzicarièddhu indica il legnetto; diminutivo da pizzicàre.
20 A San Pietro Vernotico màzzicu indica il bastone; forma aggettivale da mazza (italiano obsoleto mazzicare=colpire con la mazza)?.
21) Ad Alessano, Cursi e Ugento tìppiti indica il legnetto; da una serie onomatopica t…p…t.
22 Ad Alezio, Taviano e Mesagne zippu indica il legnetto; il corrispondente italiano è la voce romanesca zeppo, da zeppa, secondo alcuni dal longobardo *zippa=estremità appuntita, secondo altri dal latino cippu(m)=cippo.
23 A Muro Leccese e a Tricase zìcculu indica il legnetto; probabile deformazione di *zìppulu, diminutivo del precedente.
24 A Tricase zìpparu indica il legnetto; forms sggettivale diminutiva di zippu (vedi il n. 22).
Sembra che una trama misteriosa colleghi tra loro le varianti riportate, ma soffermiamo la nostra attenzione sul fatto che la stragrande maggioranza reca come primo componente mazza o il suo derivato màzzicu. Farebbero eccezione bbasticallòi, bbàzzica, pastilò e pizzicaùnu, mentre sembrerebbero collegati fra loro per l’esito finale mazzicalòi, bbasticallòi e pastilò. C’è anzitutto da dire che il Rohlfs nel I° volume della suo opera citata nell’introduzione, a pag. 328, a proposito di mazzicalòi propone la derivazione da mazza e (ma in forma dubitativa) il greco kalòs=bello. E’ intuitivo che il dubbio dell’illustre studioso nasce, al di là della presunta composizione ibrida, dalla difficoltà di collegare il concetto di bello con la voce in questione; a questo proposito io proporrei di prendere in considerazione come secondo componente il greco kalon=legna (connesso col verbo kàio=bruciare), che continua nel latino cala attestato da Lucilio (II° secolo a. C.). La terminazione in –òi (per la quale, al limite, si potrebbe ipotizzare un influsso brindisino) non pone alcuna difficoltà, se si pensa a fiddhòi=tappo che è dal greco fellòs=sughero; per quanto riguarda, poi, la –i– di mazzicalòi (mi sarei aspettato mazzacalòi) non è da escludere un influsso della –i– di màzzicu.
Passando ora al neritino bbasticallòi, dopo aver detto che il raddoppiamento di –l– può essere di natura espressiva [ma è da ricordare anche che il raddoppiamento del lambda (-l-) di kalòs è presente già in greco nei composti, per esempio kallìpolis, nome comune in Platone e poi proprio per indicare diverse città, fra cui la Gallipoli salentina; tuttavia ritengo che tale raddoppiamento nel nostro caso sia posteriore, cioè di natura espressiva, altrimenti da –ll– mi sarei aspettato –ddh-, quindi bbasticaddhòi], ci troviamo ad affrontare il problema del primo componente; se bbasti– non nasce per dissimilazione da bbatti– (proprio il Rohlfs a pag. 75 dello stesso volume prima citato registra per Nardò, accanto a bbasticalòi, la variante batticalòi), confisso derivato da battere, è lecito pensare al verbo greco bastàzo=sollevare. Anche qui, com’era successo per mazzicalòi, mi sarei aspettato bbastacallòi, ma non escluderei che il passaggio –a>-i– sia dovuto ad influsso di bbatti-. Un’ultima riflessione di carattere generale: gli incroci e le paretimologie (figli, per lo più della lingua popolare) sono un fenomeno abbastanza ricorrente; non c’è da meravigliarsi se nelle varianti della voce che ho appena finito (con tanti dubbi superstiti!) di analizzare esse sembrano avere un ruolo determinante; trattandosi, poi, di un gioco infantile, il rischio di deformazioni più o meno arbitrarie è ancora più spinto.
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1 Per aferesi da *caddhùzzu, inusitato diminutivo di caddhu (cavallo), corrispondente all’italiano cavalluccio.
Ringrazio Armando Polito per aver ci ricordato il popolarissimo gioco che ricordo, i ragazzini di Gallipoli, più grandi di me (io potevo avere circa 5-6 anni) giocavano con maestria facendo volare il legnetto lontanissimo… ricordi di infanzia arricchiti dall’aria salentina…
Anch’io conservo vaga memoria di questo gioco, non solo per motivi anagrafici (sono nato nel marzo del 1945) ma anche perché poche volte l’ho visto praticare, con gli occhi attaccati ai vetri della finestra (non mi era permesso di scendere in strada…). L’amore per il passato (che mi consente di interpretare a modo mio il presente) e la mia passione per l’etimologia, nonché la lettura del suo precedente post sul Rohlfs, che sedicenti filologi moderni tentano invano di ridimensionare…(credo che sull’argomento fra breve ritornerò più volte), mi hanno spinto a scrivere quelle poche righe. Sono contento che esse siano state sufficienti ad evocare, mi auguro non solo in lei, un ricordo.
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Una volta effettuato il primo lancio a partire da una linea retta tracciata a terra e una volta misurata la distanza cui era giunto il basticalloi,un elemento della squadra avversaria doveva raccattarlo e rilanciarlo indietro, cercando di farlo cadere al di là della linea tracciata a terra..Ma, colui che aveva effettuato il primo lancio doveva colpire al volo il basticalloi e rilanciarlo il più lontano possibile cercando di non farlo cadere per terra.