Bozzetti, istantanee, schizzi, novelle, documentari, registrazioni e cartoline postali provenienti dal profondo sud-est della penisola.
Un viaggio nel presente e nel recente passato, tra personaggi e interpreti del Salento di ieri e di oggi.
I racconti, alternandosi tra commedia e tragedia, si sviluppano intorno a quella pulitica intesa dai vecchi salentini come dignità civica, come rigore etico, come presentabilità sociale.
Un ritratto ironicamente impietoso, e senza infingimenti, su di una realtà sociologica sciroccata.
Da un rapporto d’amore contrastato con questa terra, la riflessione su come eravamo e come siamo diventati, così da ripartire per migliorarci.
Dalla quarta pagina di copertina:
Ormai ben più di dieci anni fa, quando per la prima volta mi capitò di leggere i pezzi narrativi di Giuseppe Resta, gli scrissi: “Tu sei uno scrittore bulimico come me, fluviale, straripante, si sente che provi un piacere fisico nello scrivere”. Mi rispose, fra l’altro, che scrivere lo faceva sentire “in salute”, e l’espressione mi impressionò moltissimo poiché rendeva con esatta icasticità l’habitus mentale al quale mi riferivo. La stessa lingua sincera, potente e sfrenata ho ritrovato in questa raccolta che mette insieme materiali molto diversi tra di loro ma accomunati da un irrefrenabile spirito savonaroliano che, secondo me, è la cifra stilistica che pervade l’intero volume. Resta mette in scena frammenti di realtà paesana, attuali e antichi, appunti di viaggio, notarelle nostalgiche sulla propria e altrui esistenza: costantemente animato dall’indignazione, valore che sembrava morto e sepolto in questo scorcio di inizio secolo dominato da uno svergognato narcisismo collettivo. È un’indignazione, quella che percorre tutte le pagine del libro, animata da un forte sentimento etico-politico ma anche dal rimpianto per valori antichi che sembrano essere stati spazzati via dalla massificazione prima, dalla globalizzazione poi. Ho trovato sorprendente, per esempio, in molti dei pezzi di questo collage, sentir risuonare parole come “onore”, o avvertire, inconfondibile, una basilare scelta di campo che è quella di raccontare le storie degli uomini dal punto di vista della storia della lotta fra le classi –scelta ardita, direi stravagante, in un’epoca di osceno miscuglio di linguaggi e segni. Ed è così che scorrono istantanee di vita giovanile degli anni Settanta, scritte con lingua mimetica e contaminatissima, e pagine di minuziosi ricordi d’infanzia in cui la personale madeleine dell’autore si incarna nella “sessula”, sorta di paletta per raccogliere i legumi da un sacco di juta. Aria d’aprile (che per l’autore non è, con ogni evidenza, “il più crudele dei mesi”) che invita all’amore e treni lerci che fanno da battesimo all’eterno status meridiano del migrante. Gente che si arricchisce, gente che fallisce miseramente, donne virtuose e donne sfrontate, figli che crescono “con pane e senza pane” (a mio avviso il più sublime modo di dire salentino) e monumenti zurighesi all’emigrante e resoconti di vita quotidiana che devono tutto alla propagazione orale e, per questo, via via più contraffatta (che è come dire: artefatta). In un quadro d’insieme in cui la fiducia per il futuro è assai tenue (lo ricorda programmaticamente Resta: nel dialetto salentino non esiste il tempo futuro, ma siamo pieni zeppi di passati remoti), né s’intuiscono aspettative non dico dal postmoderno, ma finanche dai “valori” che hanno animato la rivoluzione del costume dal 1968 in poi –sempre qui vissuti e raccontati come posticci, mal digeriti, estranei- resta lo spazio per l’incanto dorato di un bagno purificatore in questo nostro mare amato non meno che deturpato all’interno di Così cambia la vita, l’esito a mio avviso più alto di questa raccolta.
Note sull’autore:
Giuseppe Resta, nato nel1957 aGalatone, è architetto e blogger. Poliedrico operatore culturale, è impegnato nella difesa e nella valorizzazione del territorio e si spende per l’etica in politica.
Allontanatosi dal Salento per una parentesi di nove anni di studio e, poi, di lavoro a Firenze, è ritornato a Galatone, in provincia di Lecce, dove lavora e vive con la famiglia.
Partecipa alle attività culturali e politiche della provincia, è membro della direzione del sito di storia medievale dell’Università di Bari, scrive su varie testate ed è stato per anni tra i redattori del “Giornale di Galatone” e, oggi, della rivista “A Levante”. Nonché tutor per l’UNPLI.
Ha pubblicato un libro di storia locale, alcune guide storico-turistiche-enogastronomiche (ci tiene al suo attestato di sommelier) ed ha collaborato alla scrittura di altri libri di autori vari.