di Lucio Causo
Francesco Netti è nato a Santeramo in Colle nel1832, ha frequentato le scuole degli Scolopi e si è laureato in Giurisprudenza a Napoli, si è spento nel 1894. A Grez, in un paesino vicino a Fontainebleau, ha studiato Camille Corot e Gustave Courbert, ha viaggiato per l’Europa fino in Turchia.
Egli ha dipinto I Gladiatori, La pioggia sul Vesuvio in gara con Gioacchino Toma, I Mietitori curvi sulle falci con il sole della sua Puglia che spacca dall’alto le pietre delle Murge.
Pietro Marino, in occasione della retrospettiva dedicatagli nel 1980 nella Pinacoteca dell’Amministrazione Provinciale di Bari, visitata dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini, mentre era in allestimento, ha scritto che le 140 opere del Netti lo pongono fra gli artisti intellettuali, in controcanto con gli artisti del Nord, come Angelo Morbelli e Giuseppe Pellizza da Volpedo, animato dal Quarto Stato.
Il Netti è ritenuto anche un grande innovatore della critica d’arte. L’illustre santeramese ha dimostrato con evidente rischio la sua solidarietà verso i popoli in conflitto, militando da volontario nella Croce Rossa Italiana durante la guerra franco-prussiana.
Giuseppe De Nittis è nato a Barletta nel 1846, dopo la sua permanenza a Napoli, ha raggiunto Parigi dove ha sposato nel 1869 Léontine Gruvelle con la quale ha ricevuto nel suo salotto E. De Concourt, Dumas figlio, A. Daudet, E. Zola, G. De Maupassant, Manet, Degas, Dorè ed altri personaggi di fama internazionale.
Nel Taccuino, attribuito alla penna elegante della consorte Léontine, si legge dell’amicizia che lo legava al mercante Goupil, al quale aveva presentato Edoardo Dalbono. Quando Il Parigino di Barletta ritorna in Italia, sale sul Vesuvio, fermandosi ancora a Napoli per trovare gli scenari da dipingere.
Nel 2008 sono state esposte nel Palazzo della Marra, a Barletta, 130 opere per commemorare degnamente Giuseppe De Nittis dopo la dipartita avvenuta nel 1884, essendo ritenuto dopo i successi di Parigi e di Londra, il precursore del paesaggio meridionale. La traversata degli Appennini, Nebbia al bois de Boulogne, Piccadilly ed altri lavori si registrano come suoi capolavori.
Nel 1846, quando Giuseppe non era ancora nato, il padre Raffaele viene imprigionato dai Borboni e rimane in carcere fino ai moti del 1848, subisce lo squilibrio della mente che lo porta al suicidio nel 1856.
Giuseppe De Nittis in età infantile era stato compagno di Cafiero, sostenitore di Bakunin, mentre emergeva la causa dei lavoratori.
Gioacchino Toma è nato a Galatina nel 1836, si è spento a Napoli nel 1891. Dopo la morte del padre ha subito i disagi della povertà narrati nei Ricordi di un orfano; nel Collegio di Giovinazzo ha appreso i primi insegnamenti di disegno. A subito il confino inflitto dai Borboni per diciotto mesi a Piedimonte, ha combattuto a Benevento e ad Ariano contro i reazionari, è stato catturato e liberato dalle truppe del Generale Cialdini.
Giuseppe Garibaldi lo designerà per una cattedra di disegno in una scuola della nuova Italia. Suoi capolavori possono ammirarsi nella Galleria di Arte Moderna di Roma e di Firenze. Il Museo di Capodimonte di Napoli conserva suoi dipinti.
E. Somarè ha scritto che Toma è stato un pittore di sentimento perché ha dipinto ciò che si vede; Marco Valsecchi lo cita come l’anticipatore degli impressionisti; Emilio Cecchi ha rilevato che la forza dei suoi dipinti sta nella facoltà di far vivere un ambiente misteriosamente, popolandolo di memorie crepuscolari.
La Luisa San Felice in carcere è del 1874; La Ruota dell’Annunziata del 1877; degli anni successivi sono i ritratti degli interni, La confessione dei Preti, Il Viatico dell’orfana con la fiammella di un cero che produce una luce stupefacente, lo decretarono grande artista dell’Ottocento.