di Armando Polito
Tra i tanti sistemi a buon mercato per dissuadere qualche ladruncolo a mettere in atto i suoi piani criminali c’è quello di appendere al cancello o alla porta di casa un cartello con la scritta ATTENTI AL CANE! (il punto esclamativo di solito manca e in questo caso bisognerebbe che l’interessato chiedesse al rivenditore un congruo sconto…).
L’espediente ha origini antiche e basterà dire che ATTENTI AL CANE! è la traduzione del nesso del titolo, usato dai Romani allo stesso scopo.
Chiedo scusa al lettore se, come al solito, farò una premessa di natura grammaticale.
Cave, come ogni buon studente di liceo classico o scientifico pure oggi dovrebbe sapere, è la seconda persona singolare dell’imperativo presente del verbo cavère=guardarsi da, non sopravvissuto direttamente in italiano, ma dal cui supino (cautum) sono nati in latino l’aggettivo cautus/cauta/cautum=guardingo e i sostantivi cautèla e cautio=precauzione, dai quali, rispettivamente, gli italiani cauto, cautela e cauzione.
Cauzione è un termine giuridico che, cito dalla Treccani on line, “comprende istituti di varia natura, tendenti a garantire il creditore contro inesatte interpretazioni del contratto, o contro l’insolvibilità o cattiva volontà del debitore. In particolare, deposito di denaro effettuato a garanzia dell’adempimento di eventuali obbligazioni future, oppure, nel diritto processuale penale, a garanzia di un obbligo derivante da un rapporto processuale: sottoporre a cauzione; dare, versare una cauzione; restituire la cauzione. Cauzione di buona condotta, misura di sicurezza patrimoniale consistente nel deposito presso la cassa delle ammende di una certa somma, che viene restituita se il cauzionante non commette alcun delitto o alcuna contravvenzione per la quale la legge stabilisce la pena d’arresto; in caso diverso la somma depositata è devoluta alla cassa stessa”.
Mi chiedo se in particolare la fattispecie penale dell’istituto non contrasti con l’articolo 3 della Costituzione e non costituisca una palese violazione del principio (ahimè troppo teorico… del tutti uguali di fronte alla legge). Se infatti uno non ha soldi nemmeno per comprarsi le mutande (magari non ha neppure colpa alcuna… ), come può permettersi semplicemente di pensare di comprare, altro termine non riesco a trovare, la libertà, sia pure a certe condizioni aggiuntive?
Il problema travalica le frontiere, come il caso recente (ma è anche storia del passato…) dei due marò italiani detenuti in India, a prescindere dalla sussistenza o meno del pur minimo grado di colpevolezza; e qui, oltretutto, mi chiedo chi in concreto pagherà la cauzione: i diretti interessati o i contribuenti? Se, infatti, in rapporto a quanto ho asserito nel periodo precedente, c’è da dire che ogni riserva di legittimità costituzionale è stata già in passato respinta con la motivazione che l’entità della cauzione viene determinata in base alle condizioni economiche e patrimoniali dell’interessato e che son previste pure la sostituzione e addirittura la revoca della cauzione stessa, mi chiedo chi sono o da chi sono “pilotati” i due cittadini indiani garanti nel caso in questione.
Il mio ragionamento può sembrare cinico, ma non è un cinismo peggiore mantenere in vita un istituto del quale solo pochi privilegiati potranno avvalersi o perché glielo consente la loro posizione patrimoniale (sulla correttezza di acquisizione della stessa non mi attardo…) o una conoscenza alla quale sono legati a doppio filo e che per questo è disposta, anzi costretta, a garantire, pagando magari tramite prestanomi, per loro o nella generosità imposta dalla fiducia cieca nutrita nei loro confronti dall’amico o, forse, meno probabilmente, dal parente? Come trascurare, poi, l’effetto del rumor con cui, pur doverosamente, i media hanno accompagnato il caso (ma che non tutti i cittadini fossero uguali davanti alla stampa lo si sapeva…)?
E, tornando al cave canem, forse non staremmo più in pace con noi stessi, facendoci perdonare certe idiozie di cui solo gli umani sono capaci1, e con i nostri amici a quattro zampe se sul cancello o sulla porta mettessimo un cartello personalizzato come quello che Nerino (è un gatto, e, si sa, i gatti sono più liberi e meno rispettosi dei cani…) ha confezionato per me a furia di zampate (con risultati, debbo riconoscerlo, superiori a quelli di certi artisti moderni) in dieci minuti partendo da un tappeto (non un mosaico, un professore in pensione, per quanto megalomane, non può permetterselo…) imitazione del famoso mosaico pompeiano?
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