Volti di carta. Pezzi di storia da conservare nei “Silos della memoria”

di Pino de Luca

È che ognuno ha le sue paranoie. Tu ti sei studiato lo Zen, il Tao e lo Yoga, anni e anni di psicanalisi che ti sei fatto e ti sei fatta fare. Tutti urlano perché le fiamme saettano magari a cento metri e tu sei li, capace di mantenere la calma mente il fuoco ti lambisce il culo. Sorridi guardando il mondo isterico e ti bei del self control, godi pensandoti come Man the Food soprattutto foneticamente.

Una mail, un libro, e ti ritrovi a perdere le staffe, seduto con lacrime che ti rigano il volto perché qualcuno, anzi qualcuna, una Raffaella qualunque, vergando delle pagine con parole fluenti, ingenue e affilate, ha rimestato la tua memoria, ha portato a galla pezzi di dolore riposti faticosamente nell’oblio.

Un libro che si fa film, racconti che diventano letteratura, pezzi di storia da conservare nei “Silos della memoria” che costituiscono quell’immenso giacimento di riserve morali capaci di fare umani dei bipedi implumi, di rendere le loro aggregazioni corpo sociale.

Volti di Carta si chiama il Libro di Raffaella Verdesca. Non ho sbagliato a scrivere Libro perché di Libro si tratta, con la lettera maiuscola. Letto a pezzi, finito e voglia di riprenderlo da capo. Spremuta di Arneo condita con pezzi di Italia, di Stato tanto rispettato quanto crudele. Timballo di ignoranza straripante cultura, di natura animale tracimante umanità. Soufflé gonfio di coraggio e ripieno di dignità.

Mi hai chiesto di dirti che ne penso Raffaella, non so quanto sia stata saggia questa tua idea.

Chi recensisce un libro dovrebbe convincere gli altri ad acquistarlo, farne una sorta di pubblicità. Io non dirò mai comprate Volti di Carta, non c’è nessuna ragione perché uno debba farlo.

Noi viviamo belli tranquilli, in questo mondo di candidi mulini, dolori stemperati e luminarie che fanno allegria, decenni trascorsi per consumare la vita nella atmosfera lattiginosa e densa che tutto attenua, offusca, assorbe

A che serve sapere cosa è la fatica, il dolore, la forza, la passione e l’amore?

A che serve sapere, nel mondo delle “ragazze immagine”, dell’uomo conquistatore e della donna preda, che c’è stato un tempo in cui vigeva, nei fatti, il “matriarcato”?

A che serve sapere che erano le donne, con il potere sul cibo e sull’educazione dei figli, i veri intellettuali della città?

Non solo a che serve, ma soprattutto, a chi serve?

Ecco Raffaella, il tuo Libro non serve. È inutile.

Forse può interessare a me, inutile come il Libro. Inutile, franco dal vincolo del servire.

Libero, Libro, Liber entrambi, in radice. Della libertà, preda di mani rapaci che l’hanno negletta, graffiata, sfregiata, s’è perduta la voglia …

Che profumo di nostalgia per quella che sprigionano la Moretta o la Setteminne …

 

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2 Commenti a Volti di carta. Pezzi di storia da conservare nei “Silos della memoria”

  1. Parole che mi catturano. E’ difficile, da autore, esprimersi sulla propria opera, ma è invece fantastico farlo sul pensiero che gli altri ne hanno. E se anche, in qualità di comune lettore sintonizzato sul lato gaudente e sbarazzino dell’esistenza, io volessi non comprare ‘Volti di Carta’, potendo, comprerei certo questa bellissima pagina di Pino De Luca, come pure degli altri cari amici che hanno contribuito a rendere prezioso il contenuto del mio raccontare. Una parola per sintetizzare il tutto? MERAVIGLIOSO.

    • “Portala beddha,
      beddha te sutta ‘ll’ala,
      cu nu se scassa ‘ddhu scrittu d’amore.”

      il resto sono cianfrusaglie :-) un abbraccio Raffaella.

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