di Pino de Luca
Il gorgo impetuoso che ci conduce a percorrere le strade del Grande Salento, a breve potrà finalmente placarsi.
In giro per andare a trovare i tesori che si celano in decine di Aziende con produzioni enologiche è entusiasmante ma faticoso.
Non amo il banale, provo a non subire l’influenza di costo, nome o dei premi di una bottiglia.
A volte vi racconto vini di gran fama a volte vini sconosciuti (che magari dopo qualche mese assurgono all’interesse collettivo…).
A volte di grandi aziende, a volte di perline incastonate in territori tanto minuscoli quanto preziosi.
Lasciato Salice Salentino dritti verso Manduria, si prosegue: Sava e poi Lizzano.
Obiettivo dichiarato: provare a fendere, almeno un po’, il velo di false credenze e luoghi comuni con il quale superficialità, semplificazione ed ignoranza coprono la realtà.
“I vini bianchi devono essere freschi, leggeri, magari frizzantini …”
“I vini bianchi vanno bevuti giovani, non devono maturare …”
“Al sud, al sud i vini bianchi non li sanno (ho udito anche “sappiamo”) fare …”
Sentito dire tante volte da provar nausea. Ma è vero? Per sempre, per tutto e per tutti?
Non è semplice arrivarci nel groviglio di viuzze che s’attorcigliano tra via Galilei, Via Colonna e via 4 Novembre, ma alla fine al Largo vicino alla Chiesa si giunge.
Milleuna, azienda che ha scelto di fare vini buoni. Di perseverare nelle coltivazioni proprie della zona: alberello e senza irrigazione, vigneti vetusti e vitigni tipici con qualche piccola scorribanda.
Tecniche di vinificazione innovative.
Maviglia, Malvasia Bianca, 2005.
Nel calice il colore dell’oro, brillante, limpido, soffiando leggermente sul pelo, piccole onde come il riverbero del mare sotto la brezza quando il sole è basso. E profumi avvolgenti, di pesca bianca, di fresia e di mou. “… forma divina/ mistico serto di luce e fior …” (Radames, Aida Atto I)
Poi, delicatamente, bagnar le labbra e sorbirlo, lasciandolo sbocciare qualche secondo prima di deglutire. Pieno, superbo, di una straordinaria freschezza, e, finalmente deglutito, torna fragrante, lunghissimo. Con i suoi sentori di frutti, di vaniglia. Sapido e anche balsamico in fondo
Nota alcolica robusta ma senza alcuna prepotenza.
La scheda tecnica ci dice che viene da terre rosse e s’affina nove mesi in legno e cinque in acciaio. Ma, in tutta franchezza, quando il Maviglia (credo debba il nome ad una Masseria in territorio di Maruggio) si distende sui frutti di mare crudi, in particolare cozze nere, mussoli e fasolari, non vien proprio di pensare alla sua maturazione né alle tecniche di vinificazione.
Si resta li a riflettere. Vino bianco, possente, maturo e fatto tutto nel cuore delle terre del primitivo.
Non è un vino per tutti né per tutti i giorni, ma, una tantum, gratificarsi è necessario, specialmente quando, con fatica, si sfugge l’adiaforìa e, per sé e per gli altri, si persegue l’apoìa.
E ai pregiudizi vanno le parole del “coro delle schiave”: “ …Siccome nebbia sparvero/ al soffio del guerrier…” (Aida Atto II). Mentre io, guardando il calice e il mio albero di limoni, m’ascolto la marcia trionfale.
Il piacere della vita passa anche attraverso il suo gusto. Pino De Luca se lo va a cercare peregrinando tra aziende e luoghi di Puglia mai sprovvisto dell’arte del sapere, dell’osservare e dell’assaporare. I grandi Re avevano gli ‘assaggiatori di corte’, mestiere inviso a molti data la pericolosità di certi ambienti in cui veniva esercitato, noi di Spigolature abbiamo invece la fortuna e l’onore di avere Pino De Luca a deliziarci con le sue guide ai vini in calici di letteratura e musica. Non si prenda pena il nostro nobile degustatore pensando all’amara sorte di un avvelenamento ordito da nemici, prima di tutto perchè non credo ne abbia, secondo, perchè se anche così fosse, talmente superiori sarebbero la sua intelligenza e perizia da stroncare sul nascere un simile crimine contro l’umanità.
Aspettiamo con trepidazione i tuoi nuovi e faticosi viaggi nel buono e nell’esclusivo!
encantado …