di Armando Polito
* Vorrai dire, in senso teatrale, partaccia. Oltretutto, pensi che non se ne accorgano che ti sei messo a riciclare pure le vignette cambiando solo i fumetti?
La nostra esistenza si gioca tutta, anzi dovrebbe essere giocata, in consapevole sospensione tra gli opposti: anzitutto ad un estremo la limitatezza della nostra natura di animali (a questo destino, però, non sfuggono neppure le pietre…), all’altro una misteriosa tensione (per chi sa e sente di dover tendersi…) all’infinito. Ne risulta che questa nostra sospensione in concreto si riduce ad un compromesso perenne tra istanze formalmente riconosciute a livello universale (o quasi…) e i conti che volta per volta dobbiamo pur fare con situazioni contingenti. Quando però quel compromesso, con scivolamento preferenziale verso il finito, diventa qualcosa di scontato e normale e una regola seguita dalla maggioranza, gli effetti in campo politico e sociale sono devastanti e il nostro destino è segnato se, come mi pare stia succedendo adesso, non ce ne rendiamo nemmeno conto.
Le due parole opposte dalle quali partirò sono tutto e parte (anche se l’opposto di tutto sarebbe niente, alla fine si vedrà come il prevalere della parte ci stia portando verso l’annichilimento). Come sempre succede, ad ognuna di loro può essere attribuito un numero enorme di significati e la contrapposizione può incarnarsi tra l’infinito e il finito, tra la nostra galassia e l’universo, tra il nostro corpo e un suo organo, tra l’insieme di cellule che lo compongono e la singola cellula, tra la singola cellula e i vari pezzi che la formano, tra ogni suo singolo pezzo che, a sua volta, probabilmente sarà costituito da altri pezzi, e così via. È come se anche gli elementi finiti conservassero in sé il ricordo dell’infinito [dal latino infinìtu(m), composto da in privativo e finìtum, participio passato di finìre, a sua volta da finis=confine] e anche i più piccoli fossero partecipi [dal latino partìcipe(m), composto da pars/partis=parte e càpere=prendere (sarò tautologico, ma non trovo altro termine più adatto)] della sua sconfinata [da s-privativo (dal latino ex)+confinare, da confine, a sua voltadal latino confìne(m)=confinànte(m) composto da cum=insieme e finis=confine; altra tautologia…] grandezza.
Tutto, invece, è, forse (pure l’etimologia sembra risentire del mistero che la voce racchiude in sé…) da un latino *tuttu(m), variante di totu(m)=tutto intero, con geminazione intensiva o da un *tuctu(m) nato per incrocio con cunctu(m)=tutto insieme.
Com’era naturale che accadesse anche i derivati conservano le particolarità delineate.
Ne riporterò solo i più significativi, limitandomi ai sostantivi e agli aggettivi sostantivati:
per PARTE: partaccia, partecipazione, appartenenza, partenza, particella, participio, particola, particolare, particolarismo, particolarità, particolarizzazione, particolato, partigiano, partita, partito, partitocrazia, partitura o spartito, partizione, spartizione, partner (deformazione del francese parcener, dal francese antico parçonier, dal latino medievale partionàrium, dal classico pars), party (dal francese partie=partita, nel senso di divertimento), appartamento (dallo spagnolo apartamiento, da apartarse=appartarsi), compartimento, dipartimento, parzialità, parcella, etc. etc…
per TUTTO: totale, totalitarismo, totalità, totalizzatore, tuttologo.
Il lettore avrà notato che, mentre la prima serie potrebbe continuare a lungo, la seconda si conclude con un punto fermo. Si potrebbe sospettare che lo abbia fatto ad arte. Può anche darsi che abbia dimenticato una o più voci (sarei grato a chi me le segnalasse) ma in assoluta buona fede non posso fare altro per il momento che giungere alla desolante conclusione che anche nel linguaggio il concetto di parte prevale in modo schiacciante su quello di tutto.
Ancor più desolante è la constatazione che tutti i vocaboli sottolineati nell’uno o nell’altro elenco si riferiscono, almeno teoricamente (e in qualche caso su interpretazione… di parte, vedi partigiano), ad un valore negativo, ma non pochi di loro sono sulla buona, si fa per dire, strada…
Per il primo elenco, trascurando partaccia, particolarismo, partitocrazia e parzialità, non posso non far notare come partito, da strumento fondamentale della democrazia, sia diventato quello che è sotto gli occhi di tutti, proprio a causa dell’assenza di quella nobile tensione di cui parlavo all’inizio, finendo per conferire un significato negativo anche a voci in origine innocenti come spartizione, parcella (penso a certi emolumenti corrisposti con denaro pubblico per consulenze, a volte ridicole, prestate o, addirittura mai prestate…) e, chi l’avrebbe detto?, appartamento…
Nel secondo, trascurando totalitarismo, totalizzatore mi evoca immediatamente il mondo, per lo più poco pulito, delle scommesse1 (avrei pure da dire qualcosa su lotterie, gratta e vinci e simili…) e per tuttologo non resisto alla tentazione di affermare che colui che crede di sapere tutto è il portatore, si fa per dire, sano della più pericolosa forma di ignoranza, frutto anche questa di una difettosa tensione verso l’avvicinamento, magari illusorio, alla verità che non può prescindere, mai, dall’umiltà del dubbio….
Avrà ragione il mio gatto?
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1 Con totalizzatore sono connessi totip [da tot(alizzatore) ip(pico] e totocalcio [da tot(alizzatore del) calcio, con aggiunta di –o– eufonico]; da totocalcio, poi, potenza della pedata!…, è stato estratto toto– primo componente di parecchie voci, all’inizio di uso giornalistico, che hanno a che fare con le previsioni: totoelezioni, totosanremo (qui la potenza del calcio ha finito per annientare anche un santo…), etc. etc.
Di migliaia che ne hai scritti, questo è a mio avviso il più bello, molto pascaliano, molto husserliano, molto Polito!
Pier Paolo, sapessi che rabbia vedermi classificato solo al terzo posto tra cotanto senno!