“Salva la terra che è tua, uomo del Sud”
Quando le parole di un profeta di Dio scomunicarono in anticipo i potenti vampiri della S.S.275
di Giacomo Cazzato
Quando al pomeriggio mi metto a guardare la costa dal cucuzzolo del Calino, lì su torre Nasparo , la più alta tra tutte quelle che guardano ad est, fino al bianco faro di Palascìa, non posso non dire che tocco quasi quasi il cielo. Credo, credo di provare le stesse sensazioni che Leopardi immortalò mirabilmente in quel “e mi sovvien l’eterno” in una delle sue più celebri espressioni d’animo. Sono spinte verticali quelle del verde chiaro delle vallonee in primavera; l’azzurro che sbrilluccica col sole sul fondo bianco e roccioso al largo di quel piccolo scalo scavato quel poco che basta per tirar su le barchette, usato da mio nonno o magari dal mio bisnonno Bartolomeo; i grandi ulivi che come monoliti mi proteggono le spalle, lì nel fondo che pur stando appena in Tiggiano si chiama “Gallone”, nome che parla già lungamente di quelli che furono i tempi di un passato tanto, tanto lontano.
Nel preparare alcune letture per un seminario in università mi sono imbattuto in un’ode di un uomo, un poeta di Dio, che pare proprio essere stata scritta oggi e che parla dello stesso luogo in cui ogni tanto mi perdo, anche se da diversa angolazione. Un’ode che Turoldo l’ha indirizzata a noi, noi gente del Sud, noi del Capo di Leuca.
A coloro i quali, uomini del Sud, hanno permesso e permetteranno con stupide infrastrutture destinate a riempire la pancia con l’accordo comune del latrocinio di stato, pare proprio che David Maria Turoldo voglia imprimere il marchio bruciante di una scomunica, di una scomunica gravissima, poiché coscienze senza fede nell’uomo, senza fede nella natura, senza fede in una cultura salentina che dovrebbe essere appunto “nuova ed antica”.
Vi lascio alle sue parole, a lui che della poesia ha fatto “ultima fede”.
Nessuno qui è senza radici
Uomo che porti un volto di secoli:
quando la terra è intatta ancora
-almeno il lembo di terra che è tuo!-
quali le Doline al Porto di Tricase,
e tu puoi affacciarti alla grande
finestra sul mare, a Calino
-già nome che ti annoda alle origini-
e guardi alla sponda da dove
sulle onde ti giunge il saluto
della Madre della Luce: a Calino
nome della originaria Bellezza
salvatrice: alle spalle lascia
il folle paese, e con rostri e unghie
resisti alla seduzione di morte
che viene dal Nord, e non cedere, o Gente,
alla ricchezza vampira!
Salva la terra che è tua, uomo
del Sud, la libera terra
austera e antica! E questa
cultura sia la placenta
della tua umanità più vera: qui
ove vita fiorisce, come
fra le rocce i germogli, e nessuno
qui è senza radici:
tutti orgogliosi d’essere
nuovi e antichi…
Orgoglio e amore: questi sono i pilastri di un sentire forte e radicato che fanno uscire dal profondo il grido della protesta, contro corruzione e distruzione. Non dobbiamo permettere mai che la nostra bella terra venga violata e deturpata in nome di un progresso inutile e menzognero, non permetteremo che si faccia scempio delle nostre bellezze che solo preservandole saranno capaci di fare la nostra vera ricchezza.Grazie a chi alza la voce in nome di tutti.
Rileggo le parole di Giacomo, appassionate come è giusto che sia per sensibilità illuminate, rileggo le parole di D.M.Turoldo, icastiche, incisive, in questi giorni, in queste ore…e le vedo aderire al destino di un’altra contrada, al di qua del faro della Palascia, una Otranto che conserva a fatica sentori di mirabilie dell’anima e che svende la sua storia per quattro corsie.
“Uomo che porti un volto di secoli” perchè non proteggi una terra che porta ancora il volto arcaico delle origini’?