di Raffaella Verdesca
Una buona parte degli studenti italiani, sia moderni che di generazioni passate, sembra non nutrire particolare simpatia per le materie scientifiche. Di questa irriducibile schiera ho fatto parte anch’io fino a qualche giorno fa, momento in cui ho dovuto ufficialmente rettificare la mia posizione dichiarandomi riappacificata, se pur non intima, col mondo dei calcoli.
Sbagliata la dissacrazione dei numeri, fuor di luogo questo continuo sbadigliare davanti a capitoli di Fisica in fondo avventurosi, movimentati da personaggi intriganti come la massa, lo spazio e il tempo, la forza e il campo, i liquidi e i solidi.
La dannosità di questa svogliatezza nazionale è confermata da studi statistici e dimostrata dall’avanzamento di popoli fino a pochi anni fa considerati poveri e fuori lizza dalla competizione delle potenze economiche mondiali, esempio fra tutti l’India, nazione il cui aumento demografico è stato ultimamente supportato dall’inquadramento scientifico dei piani di studio e delle scelte tecnologiche attuate dal governo.
Come un ultrà del calcio che con ogni probabilità non sa neanche cosa sia un pallone, anch’io tifo per il progresso scientifico dei Paesi e volendo mantenere un minimo di coerenza, ho cercato più volte di capire o, nella peggiore delle ipotesi, di rivestire i numeri d’un pizzico di umanesimo.
In realtà le leggi della Fisica, all’apparenza fredde e circostanziate, ben si accostano a certe nostre realtà interiori, quelle cullate da secoli di narrativa e poesia, musica e pittura, in poche parole dalla massima espressione del sentimento artistico.
Senza andare troppo lontano, ho aperto d’istinto alcune pagine di Spigolature Salentine per averne conferma: ho ritrovato Silvana Bissoli, pittrice, che ha trasformato gli ulivi di Puglia in materia viva palpitante sentimento, ho riletto le belle poesie di Elio Ria, mi sono persa nelle delicate e intense storie di fidanzamenti scritte da Giorgio Cretì e ho battuto il ritmo delle canzoni di pizzica salentina intonate da Alfredo Romano e Mina: amori focosi, primitivi, lirici.
Chi può negare di aver affidato ricordi d’amore alle note di una canzone speciale, chi di aver provato la prima forte emozione tra le braccia di un ballo o sulle ali di una poesia?
Eppure qualcuno ha compiuto il grande passo ebro di dolcissime leggi chimiche.
Indegna e impreparata ambasciatrice di questo scibile misterioso, proverò, in maniera sommaria e non propriamente tecnica, a guidarvi alla comprensione della mia stupefacente scoperta umano-scientifica.
Pensate alla miscelazione omogenea di due liquidi.
Esistono liquidi capaci di mescolarsi tra loro così bene da costituire una soluzione in cui i due componenti iniziali perdono la loro identità per assumerne una tutta nuova in colore, consistenza e, se l’intruglio fosse commestibile e perciò verificabile, finanche in sapore.
Sembra il Principio delle due metà, quella femminile e quella maschile, che si fondono per realizzare l’unità sospirata dagli amanti e studiata tanto da filosofi quanto da teologi fino ad arrivare sui banchi degli psichiatri (l’amore non è infatti materia di poco conto!)
Quale estasi deve provocare esser paragonati a un liquido capace di mischiarsi con un altro fino a diventare indistinguibile!
Potrebbe essere uno dei rari casi in cui l’altro è dotato di ogni ben di Dio di affinità, quel che si dice trovare il liquido ideale!
A felice miscelazione effettuata, non resterebbe che augurarsi che nessun chimico o fisico venga a metterci lo zampino, meno che mai una suocera fattucchiera.
Infatti, ahimè, in natura pochi stati fisici sono poi così irreversibili come l’occhio sarebbe portato a credere. Un fantomatico processo di separazione dei liquidi, in realtà, c’è: la distillazione, pseudonimo in gergo umano di disinnamoramento o, in casi estremi, di divorzio.
Ammetto che l’effetto scenico della distillazione è di gran lunga più suggestivo delle ingiurie tra coniugi in sede legale.
La criticità del fallimento del processo di miscelazione è sempre da ricondursi a una domanda iniziale quasi sempre omessa o sottovalutata:
“Mio liquido adorato, ma tu…che punto di ebollizione hai?”
Eh già, mi rincresce deludere gli inguaribili Romantici delle Scienze, ma il tallone d’Achille c’è anche nelle diverse qualità dei componenti di una miscela, in questo caso i differenti punti di ebollizione dei liquidi in questione: e la coppia va in fumo!
Le Scienze non si limitano certo a stupirci trattando solo di questioni amorose ma vogliono in più bersagliarci allegramente sberciando il muro dei nostri pregiudizi letterati.
Sicuramente uno scoop potrebbe essere dato dalla demolizione di ciò che comunemente consideriamo di esclusiva pertinenza dell’arte: l’immaginazione.
Un caro amico ingegnere mi ha suggerito, poco tempo addietro, un principio della Fisica contemplato nel capitolo della Meccanica razionale: “Il principio dei lavori virtuali” .
Proverò a laicizzare anche questo sacro dogma scientifico e non me ne vogliano i professionisti del campo se risulterò poco dotata di padronanza in materia: concedetemi l’attenuante d’incapacità matematica per ‘dipendenza da sostanze letterarie stupefacenti’.
La fantasia non è solo virtù delle inclinazioni umanistiche, ma anche mattone dei quartieri matematici.
Immaginiamo allora una forma di energia che in realtà non c’è ma che magicamente permetterà di costruire grattacieli.
“Il principio dei lavori virtuali” è un punto di partenza tramite il quale si definisce l’equazione di equilibrio e di congruenza della struttura che stiamo edificando.
Senza entrare nella complessità dei calcoli e delle ipotesi, pensiamo a una serie di sollecitazioni imposte sia al solido in questione che alla nostra capacità d’immaginazione e con un crescendo di immagina di qua e immagina di là assisteremo alfine alla realizzazione di un miracolo: il perfetto equilibrio e incastro delle travi utile a edificare gigantesche costruzioni.
Possiamo quindi creare dal nulla meraviglie elaborando tecniche virtuali col solo potere della nostra mente e abilità. Perché allora non rinsaldare anche i nostri modi di vivere con la forza dei sani principi? Sarebbe bello vederli sfiorare il cielo nel segno del rispetto dei popoli e dell’ambiente, dell’intelligenza e della fantasia creativa, mai distruttiva.
Grattacieli letterari, pittorici e musicali hanno fortunatamente dato riparo e gloria all’uomo insieme alle faraoniche costruzioni di antiche popolazioni come i Maya e gli Egizi, opere preziose esistenti ancor prima della comparsa dei grattacieli metropolitani fatti di mattoni e formule, riprova che niente è impossibile a chi usa a pieno ogni sua potenzialità.
Da profana delle scienze, mi professo oggi ammiratrice della grandezza dell’uomo e della sua mente, l’unica capace di miscelare umori e passioni a numeri e versi senza possibilità di frazionamenti e distillazioni di sorta.
condivido la (iniziale) idiosincrasia di raffaella per la matematica e, a proposito di canzoni, mi viene in mente un noto verso di Venditti in “Notte prima degli esami”: “la matematica non sarà mai il mio mestiere.. “
Da pubblicazione, intendo dire anche a stampa. Ne consiglio la lettura a chi ancora crede nella separazione tra le due culture. Io penso, per quel che può valere, che le aberrazioni della scienza (ci includo anche gli errori, tra cui l’ultimo, esilarante, che pretendeva di sconfessare Einstein) siano (uso il congiuntivo per estrema prudenza…) dovute alla mancanza della componente umanistica (in rapporto al caso concreto appena citato: prima ancora del principio scientifico della ripetitività di un fenomeno risulta violato quello dell’umiltà, del dubbio, del buon senso) e che certi desolanti prodotti spacciati come arte (non solo una poesia, un quadro, una canzone, ma anche un saggio) siano il frutto dell’assenza di rigore scientifico. La specializzazione spinta dei nostri tempi (quando c’è…) ha propiziato un’ulteriore divaricazione che, secondo me, è, paradossalmente, l’anticamera dell’ignoranza più o meno totale, anche di certi valori che oggi di per sé contano poco o nulla.
Raffaella Verdesca ha sollevato col suo felice innamoramento per le scienze cosiddette applicate una questione non da poco. Ho scritto “cosiddette”, perché da che mondo e mondo la scienza è una sola, quella scaturita dagli uomini. Prendiamo gli scienziati del Rinascimento, Leonardo ad esempio: erano pittori, scultori, scrittori, poeti, musicisti, astronomi, architetti, ingegneri, matematici, ecc. Ma nel ‘700, con il progredire delle scienze appunto applicate, ecco affacciarsi la divaricazione tra esprit de geometrie ed esprit de finesse, intendendo da una parte le scienze applicate, dall’altra le scienze umanistiche. Questa divaricazione è durata fino ai nostri giorni finché non abbiamo capito che tutto è scienza, non solo le scienze applicate, ma anche quelle umanistiche.
Prendiamo il caso della costruzione di una cattedrale. Ecco, è possibile che, ponendo un mattone fuori posto, venga giù tutta la cattedrale. Altrettanto può accadere in un romanzo, giacché, un termine messo fuori posto, può far cadere tutto il romanzo. Chi l’ha detto che nella poesia o in un romanzo o in quadro non ci siano concordanze linguistiche, sonore, ritmiche, geometriche, matematiche e quant’altri? E tutto questo non è scienza?
Semmai, visto che tutto è scienza, beh, qualche discriminazione c’è. Prendiamo il caso di un mio amico letterato, linguista, glottologo, saggista, poeta… Succede che per farsi pubblicare un saggio ci rimette di tasca propria e così i figli e la moglie non fanno che rimproverargli di essere un letterato e non un ingegnere o architetto (sì, è proprio una grande pena per il mio amico). E già: litterae non dant panem. E così sia.
“la matematica non sarà mai il mio mestiere…..” l’ho cantata anch’io e continuo a cantarla ,qualche volta … mi sono laureata in matematica e la insegno.
Ho avuto pero’ una fortuna, quella di aver frequentato il liceo classico, all’epoca come un ripiego,perchè nel mio paese non c’era lo scientifico,adesso come una grande opportunita’ che la vita mi ha dato.
non c’è nulla di slegato nei saperi.
Il sapere per me è unico. è la specializzazione spinta dei nostri tempi ad aver aumentato il divario. qualche anno fa ci sono stati matematici, pittori, filosofi, poeti, racchiusi in un’unica persona.
a volte è anche la scuola e in particolare il docente di una determinata disciplina a creare ed alimentare questo divario.
Ma vi posso assicurare che nei rari casi in cui si incontrano prof che sappiano trasmettere l’amore per il sapere e soprattutto a suscitare la curiosita’ nei giovani si materializza quella splendida immagine di due,tre,tanti liquidi che si miscelano fino a formarne uno nuovo i cui componenti iniziali non si riconoscono piu’.
è cosi’ che dovrebbe essere! qualche volta succede….
Daniela,prof di matematica (a cui è successo)
Condivido i vostri pensieri e me ne orno con soddisfazione.
Suocere o chimici distillatori non riporteranno nulla alle condizioni
iniziali, si tratta di pratiche “violente”, brutali, con risultati che
approssimano ciò che e’ modificato per sempre.
Impossibile, anche chimicamente, restituire due acque di sorgenti diverse che si sono incontrate. Nessuna tecnica le riporterà alla originaria identità.
Le tracce infinitesimali che si portano dentro sono mescolate all’infinito
Lo studio e l’applicazione degli infiniti teoremi derivanti dal principio dei Lavori virtuali è la causa primaria della estirpazione di ogni forma di pensiero poetico nella mente di un ingegnere. Citarlo in un consesso di ingegneri sarebbe come citare le forbici in un harem di eunuchi, anche se il principio si presta a molte analogie con le economie sociali e anche sentimentali, come quella che vuole un equilibrio tra l’amore di un uomo verso una donna con il minore sforzo possibile applicato.