Quando gli occhi parlano
di Raffaella Verdesca
Chi ha sentimenti capisce quelli degli altri.
Chi è attento riesce ad agganciarsi a parole vaganti fino a fondersi anche col non detto.
Vittoria Coppola, giovane scrittrice salentina, ha fatto parlare molto di sé negli ultimi tempi proprio grazie al suo modo di comunicare per iscritto sentimenti e pensieri capaci d’incastrarsi e di ampliare quelli dei lettori.
Come le note di un pentagramma, ne “Gli occhi di mia figlia” Vittoria ha a sua disposizione battute di vita comune: una ragazza poco più che adolescente, genitori votati a sostituirsi alla sua volontà, un’amicizia profonda tra la protagonista e una compagna di vecchia data, tanti sogni e un prepotente richiamo all’amore.
Questo maestoso sentimento s’irradia dal corpo di una ragazzina insicura e desiderosa di libertà e a lei si accompagna fino al momento delle conferme dovute alla donna o a quello che di lei rimane dopo decenni di nascondigli e rassegnazione. Nelle pagine scritte da Vittoria è la vita che va a scomodare il Destino, sia quello che stupidamente cercano di pianificare genitori distratti ed egocentrici, sia quello che non sente ragioni e si compie attraverso gesti e scelte dei personaggi. L’autrice dimostra con stile e straordinaria capacità comunicativa che l’amore che non si da’ e non si riceve fa scattare in noi il bisogno d’intraprendere un viaggio finalizzato solo alla sua ricerca: niente e nessuno gli sarà di ostacolo fino al giorno del suo ritrovamento.
Nel romanzo, quest’intervallo di tempo imponderabile è scandito dagli occhi socchiusi delle donne ritratte da Andrè, giovane pittore amato dalla protagonista, Dana, e passa, a volte lieve, a volte tumultuoso, su bugie e ribellioni, su paure ed entusiasmi, su inganni e rimorsi fino a trasformare gli errori in allontanamenti e mal sopite speranze. Dana affronta più volte la gioia effimera di falsi avvistamenti dell’amore continuamente inseguito e perduto. Alcuni anni della sua vita trascorrono infatti nell’illusione del raggiungimento della propria realizzazione lontana dagli interessi prepotenti dei genitori e in intimità con l’appagamento di donna e madre. Poco dopo i suoi occhi verdi si spalancheranno, ciechi, dinanzi al dolore della perdita e alla tragedia della propria fragilità, la stessa che non le permetterà di dire, di chiedere, di decidere e di condividere, ma solo di fuggire.
E il viaggio continua, ad occhi chiusi.
Solo il sentimento sincero e forte dell’amica Flavia farà luce sul cammino di Dana, riverbero esso stesso del ‘Grande Assente’, l’amore totale e totalizzante che pur non comparendo in maniera palpabile, si fa sentire, striscia dietro i veli delle apparenze e riecheggia nei vuoti di vite inaridite dall’egoismo.
Armando, il marito surrogato e devoto della protagonista, è la dimostrazione lampante che l’amore mai può essere unilaterale, ma, in quanto sentimento, è fiamma che si accende e si alimenta in due; la madre di Dana, Amanda, dimostra invece la sua responsabilità nella chiusura degli occhi della figlia dinanzi alla gioia dell’essere. Non solo Amanda disattende al suo materno compito di guida, di educatrice, ma è artefice ella stessa della propria cecità dinanzi al libero sentire suo e del mondo.
Il miracolo atteso e preparato dall’autrice con abilità narrativa, si manifesta alfine nel cuore del libro e in quello del lettore, implode ed esplode per squarciare il buio della paura d’amare con lo splendore del frutto palpitante dell’amore stesso: il figlio. E’ questa la luce ritrovata dopo esser stata pensata perduta, insieme all’altra, magnifica, dell’amore di coppia. Benevola e ottimista, Vittoria riaccende la speranza e annienta la menzogna aprendo finalmente gli occhi ai ritratti di Andrè, perché lo sguardo vive solo nella consapevolezza dell’essere e l’essere nasce solo dalla certezza dell’amore.
Avevo sentito parlare di Vittoria Coppola, scrittrice salentina. L’appassionata e magistrale recensione di Raffaella sul libro della Coppola mi ha così incuriosito, che sarò indotto a leggerlo “forzatamente”. Il merito di Raffaella è quello di una recensione che si fa scrittura essa stessa, piacevole e densa di emozioni, che dà un valore aggiunto a “Gli occhi di mia figlia”.
Raffaella e Vittoria: il legame solidale fra queste due giovani scrittrici, l’una autrice e l’altra commentatrice, si esprime qui nel commento di Raffaella Verdesca attraverso una visione lirica e dolente della vita adolescenziale, fra aneliti all’affermazione della personalità e difficoltà sociali e familiari della protagonista. E’ proprio la consapevolezza di questa condizione esistenziale a com/muovere le nostre e a rafforzare la volontà di riscatto individuale e sociale. Stante queste condizioni, il grido di dolore si eleva fino a rivendicare il diritto alla propria esistenza e diventa proposito di autoderminazione in una prospettiva di normalità, nell’attesa che “il vento compia il suo giro” e ci riporti un’aura di desiderata e appagante felicità!
Un bellissimo libro che ho letto in due piacevolissime ore ! Appagante