di Rocco Boccadamo
Ben poco si avverte del rito, ossia della ricorrenza attesa e vissuta con autentico coinvolgimento e trasporto interiore da grandi e piccini.
La piccola Pasqua si presenta oggi, più che altro, alla stregua di cornice per interminabili file d’auto, assalti a valanga agli snack e agli aperitivi imbanditi, ultimo bottone del vestito vacanziero per il trenta per cento degl’italiani spostatisi dai luoghi di abituale residenza.
Talora, succede, peraltro, che la natura si metta a giocare brutti scherzi, con condizioni climatiche e meteorologiche a modo di guastafeste.
Chi di Pasquette ne ha inanellate settanta, è ovviamente ancorato all’evento autentico, lontano, neppure s’avvede dei rosari di gusti e mode moderni.
Si pone, al contrario, sensibile, prova apprezzamento, verso gli sparuti gruppi di giovani, specie di adolescenti e ragazzi, che il lunedì dell’Angelo non subiscono la comoda tentazione e la dipendenza delle quattro ruote familiari e/o della motoretta e sciamano a piedi, compostamente, quasi assaporando i passi sciolti e leggeri, dai centri abitati in direzione delle campagne, delle scogliere marine, delle insenature poco affollate, per consumare un pasto, uno spuntino al di fuori degli schemi quotidiani, fra risate, scherzi e musiche che, certamente, non fanno male.
Si offre l’occasione, almeno ad alcuni di loro, per accendere lo zolfanello ideale, magari per la prima volta, che innesca freschi trasporti affettivi e amorosi, approcci in cui, per fortuna, poco c’è di cambiato.
I palpiti del cuore mantengono ritmi uguali, il sapore dei baci precoci non risente delle evoluzioni e involuzioni del tempo, profuma di novità e di miele.
Si presentano indubbiamente belle e confortanti queste ormai atipiche tracce di abitudini e sentimenti che sopravvivono, valgono a conferire garanzia di continuità in senso sano e positivo, nonostante tutto, alla tradizione.
Al punto che, pure i bianchi, lisi e induriti capelli, che sormontano le settanta primavere succedutesi, una volta tanto si rivelano e scorrono più morbidi sotto il palmo della mano, dando segno di un ideale ritorno di giovinezza.
Quanta nostalgia in quell’affresco di gioventù adolescienziale che cerca il primo approccio sentimentale sotto losguardo di chi ancora si sente giovane. Il giovane e il vecchio nell’unico filo che li accomuna e che, malgrado tutto, ancora resiste: il sogno dell’amore.
Il profumo di novità e di miele che avverte Rocco in occasione del vivere la Pasquetta ha inevitabilmente invaso l’aria intorno a chi ha letto questo suo scritto. Ad effetto il saggio confronto che egli compie tra le file interminabili di auto e la leggerezza della gioventù in marcia sulle proprie gambe verso un’oasi di spensieratezza. E’ qui che l’autore scopre che niente in fondo è cambiato da quando la sua giovinezza ha vissuto la stessa esperienza, che un panino assaporato in compagnia di amici e libertà è di gran lunga più gustoso degli allestimenti macchinosi dei gitanti di Pasquetta. Tutto è più bello in compagnia della felicità, è più bello il paesaggio, l’umore e l’amore, quell’istinto irrefrenabile che da’ i brividi e la gioia di sentirsi vivi.
Roberto ha proprio ragione.
Pur essendo il bianco dei capelli il sunto di molte e intense primavere di chi traccia i contorni di questi beati ricordi, i colori dell’animo dell’autore rimangono la prova che il tempo vitale passa solo per chi lo vuole far passare. Allora buon divertimento, Rocco!
Grazie, Raffaella, per il tuo bel commento e per l’augurio.