Un piatto tipicamente pasquale che si consuma a Nardò (e probabilmente in altri comuni del Salento) è quello dei milaffanti, una pasta miniaturizzata, altamente calorica e ricca dal punto di vista nutrizionale.
La si ottiene mescolando semola di grano duro con uova e formaggio pecorino stagionato, fino ad ottenere un impasto friabile, che verrà ridotto in piccoli frammenti ottenuti dallo sfregamento tra le dita delle mani. Aspersi con semola asciutta per tenerli separati, vengono lasciati per un paio d’ore su di un telo perché asciughino, vengono cotti per circa quindici minuti in brodo di carne (di gallina un tempo, di vitello oggi). Un mestolo per piatto, con abbondante brodo e ulteriore spolverata di formaggio grattugiato.
Questi gli ingredienti per sei persone: 1 Kg di semola, 6 uova fresche, 200 g. di formaggio pecorino, una manciata di prezzemolo tritato, sale q.b., brodo di carne.
Il tradizionale piatto, notoriamente rapido nella preparazione, è tramandato da generazioni, senza poter risalire a chi lo abbia introdotto tra la popolazione. Massimo Montanari su Repubblica del 10 gennaio 2010 (p. 37) scrive delle “minestre di pasta” elencate da Paolo Zacchia, l’archiatra di Papa Innocenzo X, inserendo tra i cibi per il “vitto quaresimale” (1636) le pastine “piccole e tonde, come quelle che chiamano millefanti”. Il sospetto che il nostro piatto sia il medesimo è troppo forte, magari importato da uno dei monaci dei tanti conventi cittadini o da qualche alto prelato che abbia condotto i suoi studi nell’Urbe. Volendo andare ancor più indietro è inevitabile il richiamo al più noto ed antichissimo cuscus.
I “mellefanti” o “melaffanti” sono una pietanza frequente sulla mia tavola, perchè non aspetto certamente Pasqua per gustarla! In casa mia li ha portati mia nonna, gallipolina doc vissuta a cavallo tra l’ottocento e il novecento e sono prelibatezze, ancorchè semplici per gli ingredienti e la preparazione, apprezzate da tutti. Strano che sia un piatto poco conosciuto e per questo,credo, resta un piatto alquanto “aristocratico”. Cordialmente. Francesco d’Ambrosio.
per quel che so oggi non è più un piatto tipico pasquale a Gallipoli, sostituito da un secondo a base di carne d’agnello che conoscerai molto bene: lu spazzatu. Utile questa tua segnalazione, perchè dimostra che la pietanza era nota in più centri del Salento. Un altro amico mi ha segnalato che lo si consuma anche dalle parti di Castro
mia madre li chiamava “milleaffanti” travisandone il nome. Li mangiavamo, in casa mia ad Ortelle, non solo a Pasqua, ma a Pasqua erano sempre presenti. Li faceva anche mia nonna, leccese della fine dell’800, ma nel paese non avevo notizie di altri che consumassero quel piatto. Grazie, Marcello, per avermi riportato alla memoria questo spicchio della mia infanzia!
Mia nonna la chiamava Cicirata e si consumava l’ultimo giorno di carnavale perchè gli ingredienti adesso possono sembrare semplici ma ai suoi tempi questo era un piatto ricco ideale per il martedì grasso. Mia madre lo fa ancora oggi ogni carnevale ed è buonissimo!!!
Anche da noi a Ginosa (TA) si chiama cicirata; veniva sicuramente consumata il martedì grasso. Oggi è rimasto solo un ricordo o una gelosa tradizione di qualche nostra nonnina ultra ottantenne!!
E’ un piatto che ricorda la mia infanzia.Ricordo mia nonna e mia madre prepararla in un giorno rigorosamente di festa, occorre riportare in auge certi piatti, semplici e buoni; ci riporteranno col sapore, ricordi e dolcezza.
A Lecce si chiamano triddhri,ed è una ricetta che le mie nonne facevano sempre nei giorni di festaLoro erano originarie di Salve e Martano,due grossi centri del Capo di Leuca una e della Grecia Salentina l’altra;quindi sicuramente è un piatto che si è consumato sempre nel Salento e domani???…..forse si dirà …nella Regione Salento.Il sottoscritto,è una
abitudine se ne compiace tutti i sabati invernali(come da buona abitudine d’inverno, i leccesi consumano il brodo ed il lesso lo saltano alla pizzaiola oppure sale olio pepe nero ed una nticchia di aceto bianco(divino).
Lietissimo di averVi conosciuto.
Paolo………………..statu bbueni.
Mia nonna Maria Chiarelli era leccese, ma aveva vissuto a lungo a Gallipoli. Anche lei li chiamava triddhri. In Grecia, nel Peloponneso c’è un piatto molto simile chiamato τραχανάς.
Una ricetta uguale negli ingredienti si prepara da sempre anche in Dalmazia (ricetta della tradizione di mia suocera)unica variante è l impasto fresco, si formano delle polpette che si cuociono nel brodo ed è un piatto tipico preparato per Pasqua.