di Antonio Bruno
Sono davvero tanti i proprietari di terra che vanno in giro alla ricerca della pianta dei loro sogni, la vogliono nuova, esotica, bella, una pianta che possa in alcuni casi rimboschire i terreni nudi.
Io consiglio il carrubo, pensate che ce ne sono addirittura nella piazza del mio paese avendo preso il posto delle precedenti, onnipresenti, Palme oggi bersagliate dalla causa della depressione cronica da insuccesso del Dottore Agronomo: un rosso insetto africano di nome punteruolo. Lo si utilizza per la sua resistenza elevata alla siccità, la resistenza all’inquinamento atmosferico dei centri urbani ed alla resistenza alle principali avversità patologiche.
La Ceratonia siliqua, ovvero il Carrubo, è un albero della famiglia delle Fabaceae, originario del bacino meridionale del Mediterraneo.
Naturalmente per coltivare una pianta ci sono da superare sempre delle difficoltà che nel caso del carrubo sono rappresentate dalla crisi di trapianto e dall’improduttività.
Nel carrubeto oltre alla pianta con fiori femminili ci devono esser anche un sufficiente numero di piante a fiori maschili per consentire la fecondazione.
Il Carrubo annovera diverse varietà di cui si è persa conoscenza e si è assistito al progressivo abbandono della coltura e di tutte le varietà un tempo diffuse. Il carrubo è presente nella saggezza, dalle favole della nonna con le misteriose regole della natura stigmatizzate attraverso arcani enigmi: quale il destino del carrubo «di avere il frutto successivo quando non sarà ancora maturo quello dell’anno precedente».
Giacinto Donno è uno degli ultimi autori ad aver censito e descritto la biodiversità delle specie frutticole tradizionali del Salento. I suoi principali lavori, sul carrubo sono relativi agli anni ’50-’70.
In un bel lavoro dei colleghi Dottori Agronomi della Sicilia per ogni varietà descritta sono stati valutati caratteri della pianta, delle foglie, dei fiori e dei frutti e in questi oltre alla determinazione di alcuni parametri morfologici del baccello è stata effettuata l’analisi qualitativa.
Tutto ritorna, anche i soprannomi. Quando mi dissero che un mio compagno di classe si chiamava “mangia cornule” non capivo cosa fossero queste benedette “cornule“. Fu durante un avventura che mi vide a cavallo della Bianchi di mio padre, io ai pedali e sul manubrio l’inseparabile compagno di giochi Sandro con il quale, senza avvisare, scorrazzavo per campagne alla ricerca della sorpresa, della meraviglia, che nei pressi del cimitero del mio paesello San Cesario di Lecce, subito dopo il passaggio a livello che in questi giorni fa discutere di se, vidi per la prima volta questo cibo di cui si nutriva il mio compagno di classe e che era appunto la carruba. Le carrube erano ben attaccate all’albero che le produce che come tutti sappiamo si chiama Carrubo.
Gli studiosi hanno accertato che l’ultimo periodo glaciale ha eliminato la maggior parte della flora originaria dell’Europa centro-settentrionale, mentre meno è stata avvertita l’influenza negativa nell’area mediterranea meno fredda lungo la fascia costiera, per cui sopravvivono indenni molte specie di antichissima origine, come per esempio il carrubo usato dall’uomo in tutti gli stadi della civiltà.
Sono davvero tanti i proprietari di terra che vanno in giro alla ricerca della pianta dei loro sogni, la vogliono nuova, esotica, bella, una pianta che possa in alcuni casi rimboschire i terreni nudi.
Ho sentito parlare di castagno, ma non è adatto alla nostra provincia sia perché, come sanno quelli che a ottobre vanno in gita per la castagnata, i boschi di castagno stanno nei climi montani, che sono più freddi del nostro Salento leccese e sia perché il castagno non cresce bene nei terreni calcarei che, invece, sono prevalenti nel nostro territorio. A proposito di castagnata, quest’anno la scuola di mia figlia ne ha organizzata una in località San Severino, eravamo tutti entusiasti ma all’arrivo di castagni e di castagneti nemmeno l’ombra. Poi ci hanno detto una mattina che ci avrebbero portato in un castagneto.
Io e la mia piccola Sara, ci siamo diretti verso il sentiero che si inerpicava verso quote più alte e abbiamo preso atto della presenza di una manto di ricci di castagne presenti sotto gli alberi, solo che mia figlia insieme a me e alle tante mamme, papà e cuccioli di uomo presenti, ha dovuto constatare che erano tutti vuoti. Indomiti abbiamo cercato anche tra i ricci vuoti e dopo due ore di ricerca abbiamo portato a casa un bottino di 5 castagne piccole e grinzose, immangiabili perché aggredite dalle muffe, ma abbiamo avuto la soddisfazione di aver fatto anche noi la castagnata.
Ci sono tante piante che nel nostri Salento leccese sono rare, e questo fatto le rende preziose agli occhi di chi vorrebbe averle nel suo fondo o nella sua azienda, ma costoro dovrebbero riflettere che tale rarità è frutto della mancanza delle condizioni più propizie per il loro sviluppo. Sono rari gli eschimesi nel polo nord, sono rari gli igloo in quella terra piena di ghiaccio, perché le condizioni di vita per una persona umana al polo nord non sono molto propizie alla crescita demografica. Ecco risolto il problema di chi non vuole avere molti figli, basta trasferirsi al polo nord e tutto è risolto!
Il carrubo è a foglie sempre verdi, vegeta vigorosamente nei terreni rocciosi, è anche una ottima pianta da frutto il cui prodotto che aveva fatto soprannominare il mio compagno di classe è assolutamente non trascurabile. La Ceratonia siliqua, ovvero il Carrubo, è un albero della famiglia delle Fabaceae, originario del bacino meridionale del Mediterraneo. La pianta di Carrube è tipica della macchia mediterranea a clima temperato, la troviamo coltivata in Grecia, Spagna ed Italia. Ha una crescita piuttosto lenta e può arrivare fino a 500 anni di vita. Non ama l’acqua tanto che in Piccolo Mondo antico si può leggere “Uno di questi giorni mi udì sgridar la Veronica perché ha la cattiva abitudine di buttar dalla cucina l’acqua sporca sul carrubo che n’è intristito“.
Naturalmente per coltivare una pianta ci sono da superare sempre delle difficoltà che nel caso del carrubo sono rappresentate dalla crisi di trapianto e dall’improduttività.
Ma tutto è possibile superare! Infatti seminando il carrubo sul posto si evita di trapiantarlo. Il carrubo si riprende difficilmente dal trapianto perché è una pianta fittonante che predilige luoghi asciutti e quindi è necessario rispettare quanto più è possibile il fittone.
Il mezzo migliore per impiantare carrubeti è la semina in piccoli vasi nei quali si allevano le piantine per due anni e poi si trapiantano con il pane di terra intero.
Nell’ambito di un progetto per la valorizzazione di specie mediterranee sono state selezionate delle piante con portamento particolarmente adatto alla collocazione urbana ed è stato studiato un sistema per la loro moltiplicazione in vitro. Recentemente da D’Adamio et al. (2007) è stato definito un protocollo per la germinazione in vitro ad alta efficienza.
Nel carrubeto oltre alla pianta con fiori femminili ci devono esser anche un sufficiente numero di piante a fiori maschili per consentire la fecondazione.
I semi di carrubo sono di grandezza e peso costanti e uniforme per cui nell’ antico passato essi venivano usati come unità di misura di peso per le pietre preziose: il termine “carato”, usato in gioielleria, deriva dalla parola greca keràtion che appunto significa baccello di carrubo.
Il Carrubo annovera diverse varietà di cui si è persa conoscenza e si è assistito al progressivo abbandono della coltura e di tutte le varietà un tempo diffuse. Le carrube sono specialità coltivate soprattutto in Sicilia, sono una valida risorsa per i celiaci, poiché prive di glutine. Possono essere utilizzate in cucina in sostituzione della cioccolata.
Il carrubo è presente nella saggezza, dalle favole della nonna con le misteriose regole della natura stigmatizzate attraverso arcani enigmi: quale il destino del carrubo «di avere il frutto successivo quando non sarà ancora maturo quello dell’anno precedente».
Giacinto Dorino è uno degli ultimi autori ad aver censito e descritto la biodiversità delle specie frutticole tradizionali del Salento. I suoi principali lavori, sul carrubo sono relativi agli anni ’50-’70.
In Sicilia si è svolta un indagine al fine di conoscere e valutare la piattaforma varietale del Carrubo. Si sono descritte trentacinque varietà: trentatré a fiore femminile e due a fiore ermafrodita. In questo bel lavoro per ogni varietà descritta sono stati valutati caratteri della pianta, delle foglie, dei fiori e dei frutti e in questi oltre alla determinazione di alcuni parametri morfologici del baccello è stata effettuata l’analisi qualitativa. Io ho avuto come presidente della Commissione del mio esame di Stato il Prof. Giacinto Donno, adesso che ci penso devo ammettere che da allora è passato davvero tanto tempo, e va bene!
Andiamo avanti, scrivevo del Prof. Donno che ha lavorato nel Salento leccese e per esso pur essendo professore di Coltivazioni Arboree alla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Bari. Il nostro bel Salento leccese ha tanti suoi figli e colleghi Dottori Agronomi che che oggi fanno parte dei Saperi della Facoltà di Agraria di Bari e che sono nati e cresciuti nel Salento leccese li invito a imitare il Prof. Donno che mai sospese di scrivere e studiare la nostra terra, perché è qui che sono le nostre radici, è qui che si è formata la nostra passione per l’ambiente che è territorio rurale, ed è qui che, con ogni probabilità, quando la nostra vita avrà svolto tutto il suo cammino, giaceranno i nostri resti.
Ecco perché tutti noi Medici della terra, in qualunque attività siamo impegnati e in qualunque posto siamo stati chiamati a dare il nostro contributo non dobbiamo mai smettere di valorizzare, conservare e difendere il nostro territorio rurale: l’ambiente del Salento leccese.
Bibliografia
Agricoltura salentina del 1904.
Francesco Minonne: I nomi e le piante: per una storia delle varietà agrarie del Salento.
Marzi V. – Tedone L.: Fattori climatici e socio-economici nell’evoluzione del paesaggio agrario e forestale in ambiente mediterraneo.
Piero Manni: Il Carrubo.
Antonio Fogazzaro: Piccolo mondo antico.
D’Adamio E., Cassetti A.,Mascarello C.,Zizzo GV e Buffoni B.: Propagazione in vitro del carrubo per la produzione di genotipi selezionali per l’arredo urbano.
Maria De Felice Mastelloni: Andamento Dell’Accrescimento Del Legno in Ceratonia Siliqua L.
Crescimanno F.G., De Michele A. , Di Lorenzo R., Occorso G. , Raimondo A.: Aspetti morfologici e carpologici di cultivar di Carrubo (Ceratonia Siliqua L.).
Francesco Minonne: Il Carrubo Dalla bilancia dei diamanti alla morsa dell’abbandono.
G. Russo, P. Uggenti, G.B. Polignano: Osmotic priming in ecotypes of Ceratonia Siliqua L. Seeds to increase germination rate and seedling uniformity.
Mario Baraldi: NUTRACEUTICI. LA PREVENZIONE E LA TERAPIA. Prodotti naturali per la nutrizione.
Grazie per l’interessante articolo.
Di carrubi secolari ne vedo tanti nel Capo, a Gagliano e nella campagne.
Il maschio è più apprezzato, perchè non produce silique, che hanno lo svantaggio di non richiamare i topi. Ad ognuno i suoi gusti. La carruba vede una produzione notevole nella zona di Modica, e la sua farina è un addensante alimentare.
Invece, per il castagno, aggiungo che può dare luogo a produzioni di grande qualità, ed è una specie adatta a miglioramento, con varietà adatte anche a climi quasi tropicali. In Giappone, se ne producono tante ad est di Tokyo, in un clima caldo umido.
Palmiro
l’albero che ho fotografato non aveva i frutti, che grazie a Palmiro apprendo chiamarsi silique. Si trattava di un esemplare maschio o non è il periodo giusto per vederli sulla pianta? potrei conoscere il periodo della fioritura e della raccolta dei frutti?
Il periodo della fioritura inizia da agosto fino a dicembre e il periodo di raccolta è a settembre prima delle piogge autunnali.
Come noto ai farmacisti e alle… nonne…. la farina di carrubbe ha tra gli altri effetti antidiarroici…
Con questo articolo avete suscitato la mia curiosità riguardo alla potenzialità produttiva del carrubo. Io possiedo in un piccolo appezzamento di terreno sulle Serre di Neviano un albero d carrubo centenario. Leggevo nell’articolo che occorrono per la fruttificazione piante maschili e femminili….. ma il mio carrubo (pianta isolata) da sempre ha prodotto carrube. Dovrei andare ad approfondire l’esame dei fiori della mia pianta.
Mia madre mi raccontava che la nonna, avendo un piccolo negozio di alimentari vendeva le carrube ai ragazzini che le compravano passando davanti la mattina mentre andavano a scuola.
Mi permetto di specificare che il seme (= Keration = carato) veniva utilizzato per pesare le pietre preziose e l’oro, ma non l’intero baccello.
Vorrei aggiungere che il seme del carrubo corrisponde a 1/5 del carato. In effetti, prima che i commercianti di metalli e pietre preziose iniziassero a usare i bilancini di precisione usavano appunto semi di carrubo.
….errata corrige
1/5 del grammo.
sono rimasto incantato dalle proprietà di questa pianta,e nello stesso tempo come sia stata trascurata,tanto che attendo ansioso di sapere come venire in possesso di almeno tre piante,di cui due femmine e un maschio.Preciso che non sono un esperto,ma dato che abito in una zona arida e calcarea della provincia di Taranto, (San Giorgio Jonico) mi piacerebbe piantare queste relique della natura sotto il mio balcone che si affaccia sula zona panoramica delle “Tagghiate” antica cava per la produzione di pezzi di tufo atti alla costruzione delle case.Francesco
spero che qualcuno degli esperti ti dia le risposte che cerchi. Le celeberrime tagliate di cui scrivi tra fine 1500 e 1600 fornirono pregevoli pietre da utilizzarsi per la costruzione di chiese e palazzi salentini, e di Nardò in particolare, come ho avuto modo di leggere su alcuni rogiti dell’epoca. Se ricordo bene la varietà menzionata era “la pietra nigra di Santo Georgio”
Mi risulterebbe che il carrubo si differenzia da tutte le altre piante arboricole per una caratteristica unica ed originale, ossia, quando un ramo viene spezzato, avrebbe la proprietà di far ricrescere lo stesso ramo nel punto dove si è spezzato
Credo che le farà piacere se sull’argomento le segnalo il link https://www.fondazioneterradotranto.it/2012/08/27/limportanza-del-carrubo-e-dei-suoi-frutti/
Ne approfitto per ricordare pure che in questo sito, che si avvia a diventare ormai una vera e propria banca di dati, il lettore potrà il più delle volte soddisfare le sue curiosità semplicemente digitando nella finestra in alto a destra “Cerca qualcosa e premi invio” una parola-chiave. Per esempio, nel nostro caso, digitando “carrubo” comparirà una serie di contributi (tra cui anche quello segnalato nel link precedente), i primi dei quali, come succede per tutti i motori di ricerca, soddisfaranno, quale più, quale meno, le aspettative. Basterà cliccare col tasto sinistro sul titolo del post che si vuole leggere. Buona ricerca e buona lettura a tutti!
Ho sentito dire a contadini anziani che l’albero di carrubo, non va potato come altri tipi di alberi, altrimentri secca.