TORNI IL BUON GUSTO DEL VIVERE E DELL’ABITARE ANCHE NEL SALENTO!
Il Bello costa meno del Brutto! Purché lo si desideri e progetti a monte!
di Oreste Caroppo
Che paradiso questa foto! Una lezione per tanti architetti e geometri salentini schiavi del cemento che dovrebbero fare un corso post-laurea di formazione presso i nostri sapienti “mesci paritari” della pietra a secco!
MA, NOTA POSITIVA, NEI CAMPI DEL SALENTO E NELLE CITTA’ SI ASSISTE AL RITORNO DEL BUON GUSTO!
Ovunque maestranze al lavoro per realizzare muretti a secco, rivestimenti o abitazioni interamente in stile neoclassico e nelle pietre locali. Ritornano gli antichi pozzi con vele fatte in pietra, e si restaurano o costruiscono ex-novo casette in pietra viva e a tetto in legno e tegole, talvolta persino cannicciata senza cemento, persino trulli anche nuovi e nello stile basso salentino come nello stile murgiano Valle d’Itria!
Tutti buoni esempi da fotografare, documentare, diffondere, emulare e superare!
Da PREMIARE con mille iniziative!!!
A questo brulicare del bello. che ritorna grazie alla cultura e all’amore della gente, e che va incoraggiato fino al totale completo risanamento ovunque del nostro paesaggio salentino, occorre accompagnare la demolizione-sostituzione del brutto a partire dai muretti di cemento nei campi in primis!
Occorre evitare che sui neo-muretti in pietra secco si appongano reti metalliche, come taluni hanno in mente di fare; è il brutto che ritorna, ma al più semmai strutture con recinzioni in legno sarebbero molto più adeguate dei paletti in ferro per le reti!
Si vuole vivere in campagna? Legittimissimo: si restauri l’esistente nel massimo rispetto dei luoghi, del paesaggio e del Genius loci di un territorio, insieme di natura, storia, architettura e tecniche costruttive negli stili stratificati con continuità nel tempo e ben stabilizzatisi, con l’aggiunta dei confort della modernità, ma perfettamente integrati anche questi e non riconoscibili, tutto secondo il modello ormai ben noto tra i tecnici e cultori di paesaggio, del territorio apulo-salentino, e che va sotto il nome di “modello di restauro Le Stanzie”, dal nome della recuperata incantevolmente masseria nel “Parco dei Paduli” sulla Serra di Supersano nel feudo di questo paese!
Al più si costruisca qualche locale in più, ma sempre nel massimo rispetto del Genius loci di quella regione, mascherandone la modernità; e se qualcuno storce il naso parlando di “falso storico”, ricordategli che anche i dentisti ricostruiscono i denti mancanti, e la loro bravura e professionalità si misura nella capacità di abbinare alla ripresa della originaria funzionalità del dente, la capacità di schermare il nuovo e impedire al più attento osservatore di riconoscere il dente ricostruito da quelli naturali ancora in bocca, in loco!
Lo stesso deve essere per il Paesaggio che si voglia recuperare e per l’architettura che in esso si voglia, con massima discrezione e minimalità, inserire!
A qualcuno potrà sembrare scontato preferire il bello al brutto, a qualcun altro impossibile da attuare. Il problema generico di fondo sarebbe una questione di gusto, se è vero che non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. E qui s’inserisce la competenza brillante di Oreste: fermo restando il rispetto per i diversi indici di gradimento delle cose, Oreste traccia davanti ai nostri occhi schizzi di paesaggi multicolori, campagne, recinzioni e antichi casolari. Oltre alla meraviglia dinanzi alla bellezza di queste tavole virtuali, l’autore ci rivolge un invito quasi filosofico alla salvaguardia e alla conservazione di detta bellezza, affinchè mai venga cancellata da un’amorfa ondata architettonica di cemento e d’avanguardie, ma piuttosto garantita dal restauro e dal proseguimento dello stile costruttivo tradizionale, sempre armonico con la cultura e la storia dei luoghi. I muretti a secco e le case in pietra viva ci fanno pensare a pezzi di roccia partoriti dalla fatica e dall’entusiasmo del popolo, messi lì, uno sull’altro, a rispettare geometrie di vecchi sogni realizzati: la casa e la proprietà, ricchezze ostentate con l’orgoglio di chi quelle pietre se l’è sudate sradicandole dal terreno e incorniciando poi la propria vita come tela d’autore.
Accogliamo allora questo saggio invito di Oreste e riscopriamo in noi la vena artistica del pittore e la virtù dell’estimatore, chè ogni lembo della nostra terra diventi quell’opera d’arte capace di passare indenne attraverdso l’onta del tempo e dell’ignoranza!
concordo con labravissima Raffaella e con il punto di vista di Oreste, che ci invita a riflettere su una realtà che sta alterando ogni giorno di più il paesaggio salentino.
Si continua ad insistere nell’obbrobrio, delimitando le proprietà private con sconcertant palizzate in cemento che sovrastano muri realizzati, quando va bene, con conci di tufo. E intanto i turisti si portano vie le pietre dei bellissimi muretti a secco delle nostre campagne, per deliziare i propri giardini o terrari. Ma la colpa non è del soggetto, che vuol caratterizzare la sua individualità con i mezzi più economici, quanto del politico, che deve vigilare sulla corretta applicazione delle norme paesaggistiche, a meno che si conoscano.
Hanno piantato in ogni luogo palme di ogni tipo e alberi che chissà da dove vengono, soppiantando i bellissimi fichidindia, ottimo deterrente per i maleintenzionati che vogliono invadere l’altrui proprietà. Alle siepi di mirto e di rosmarino o di pittosforo, un tempo vanto delle nonne, sono subentrate esotiche piante su cui non si posano neppure le farfalle.
Ha perfettamente ragione Oreste e vorremo quasi farne un manifesto di questo suo utile, seppur disperato, appello. Riscopriamo le piante locali, recuperiamo e restauriamo i muretti a secco, rinunciamo all’asfalto e al cemento nel cortile interno dell’abitazione di campagna…
Ma sono gli architetti e i paesaggisti a poterci dire di più. Noi li ospiteremo volentieri su questo spazio