di Massimo Negro
La festa patronale è la Festa Patronale. Può accadere di essere lontani, fuori regione o lontani dall’Italia. Oppure a pochi chilometri, avendo per vicessitudini della vita, cambiato residenza. Ma la festa è la Festa.
E il suo richiamo festoso è il richiamo delle proprie origini, del proprio paese, della comunità in cui si è cresciuti, della propria terra. E’ come il suono di una banda, una sinfonia di ricordi che si fanno sempre più armonici e squillanti con il passare del tempo.
E’ l’appuntamento per rivedere solitamente persone, vecchi amici che si incontrano raramente durante l’anno. Perchè per la Festa tutti, o quasi, ritornano e la piazza del paese diventa il luogo degli incontri, del “te quantu tiempu ‘nnu te vidi!”, del “a casa comu vane le cose?”, del “ma t’ha spusatu? figghi?”.
E per chi non ci può essere perchè lontano per motivi familiari, di lavoro o di studio, resta comunque ovunque si trovi un giorno di festa. Un giorno in cui non può mancare la telefonata ai genitori, ai parenti ed amici per sapere “comu ete st’annu la festa”.
E così sarà anche quest’anno nei giorni 24, 25 e 26 marzo.
Altri tempi, quando adolescente, iscritto all’Azione Cattolica, con i compagni dell’Oratorio portavo a spalla in processione una delle statue dei santi. A me solitamente toccava portare quella di S. Antonio, copatrono del paese.
Guai a sbagliare passo, come puntualmente accadeva, o a fare coppia con un compagno di altezza sensibilmente diversa, come spesso succedeva.
Il risultato era che l’asta su cui poggiava la base della statua ti “volava” via e dovevi fare forza per mantenerla poggiata sulla spalla, altrimenti il peso gravava sul compagno di turno o, viceversa, te ne uscivi al termine della processione con la spalla bella segnata dal peso e per un paio di giorni ti rimaneva qualche doloretto. Ma erano altri tempi.
Ma sempre “meglio” Sant’Antonio che la statua della Madonna, ben più pesante anche per via dell’angelo. La terza statua ad uscire per le strade del paese è San Giuseppe, anch’egli copatrono di Tuglie.
La processione principale, quella solenne, nel passato si svolgeva la mattina del giorno di festa.
Partiva al termine della messa delle 10, alla ” ‘ssuta te la messa”, e terminava a ridosso del pranzo. Si camminava per le strade dove, man mano che passava il tempo e ci si approssimava a mezzogiorno, il profumo delle polpette o della carne al sugo cucinata a fuoco lento invadeva le strade e ti accompagnava lungo tutto il tragitto.
Il profumo della cucina delle nostre mamme e delle nostre nonne che preparavano per il grande pranzo.
E il profumo delle polpette, della sagna al forno diventava tentatore come il canto delle sirene per Ulisse. Si partiva in tanti dietro le statue dei Santi e della Madonna e si arrivava solitamente in pochi. Molti si arrendevano strada facendo al richiamo della tavola.
Prima della processione, se non ci svegliamo tardi, era d’obbligo fare un giro alla grande fiera. La meta preferita era andare a vedere gli animali.
La sera tutti alle giostre, con le orecchie piene della musica da discoteca sparata ad alto volume, sentendosi da adolescenti come tanti piccoli Tony Manero (ai miei tempi Travolta andava di moda). Il tagadà, su le mani e senza mani, la barca, su cui immancabilmente mi sentivo male, e tante altre giostre da girare.
Era l’occasione per il primo gelato della stagione. E a Tuglie, per l’occasione, il gelato prendeva, come ancora oggi accade, la forma dalla “banana”. Cioccolato e vaniglia, ricoperti di meringa e noccioline. Fantastica!
La sera tutti ad attendere che la banda di turno suonasse il Bolero di Ravel a chiusura della serata. Poi ai margini della piazza, su una panchina a mangiarci, rigorosamente con le mani, la scapece che poco prima avevamo comprato dalla solita bancarella dei gallipolini.
Altri tempi.
Il giorno dopo la festa, detto della “Annunziateddha”, era il giorno del mercato in piazza. Una distesa incredibile di piatti, pentole e scarpe sparsi ovunque. Con la banda che dalla cassarmonica faceva da colonna sonora a quell’inusuale mercato.
Con passare degli anni la festa è cambiata. Ora la solenne processione si svolge la sera della vigilia, mentre per il giorno di festa la statua della Madonna viene nuovamente portata per le strade del paese per la benedizione dei campi.
I tempi cambiano, ma la festa è sempre la Festa. Anche quest’anno, a Tuglie il 24, 25 e 26 marzo.
Nel video che accompagna questa breve nota potrete vedere le foto, scattate negli anni scorsi, della processione solenne che si svolge la sera della vigilia e della seconda, il giorno della festa, per la benedizione dei campi.
http://www.youtube.com/watch?v=RJZkXPOOqCI
pubblicato su:
http://massimonegro.wordpress.com/2012/03/22/tuglie-festa-di-maria-ss-annunziata/