di Fernando Scozzi
Una chiesa, una comunità: la parrocchiale di Melissano a 110 anni dalla dedicazione
D.O.M.
Precum effusio
Datori bonorum omnium
et indefessa populi
largitio
ad exitum opus duxerunt
die 8 februarii 1902
In questa scritta, che leggiamo all’ingresso della chiesa parrocchiale di Melissano, è riassunta la storia del sacro edificio, di cui, alcuni giorni fa, abbiamo ricordato il 110° anniversario della dedicazione. La Fede, le preghiere e l’instancabile generosità dei nostri Padri edificarono questa chiesa i cui lavori iniziarono nel 1885, quando Melissano contava appena 1500 abitanti: un agglomerato di casupole affacciate sulla campagna, pochi vicoli ricalcanti gli antichi sentieri campestri e due chiese, fra le quali l’antica parrocchiale, dedicata al Protettore S. Antonio e non più adeguata al culto.
Fin dal 1877, infatti, il parroco, don Vito Corvaglia, scriveva al Papa Pio IX facendosi ardito a presentare a Sua Beatissima la preghiera come appresso: lo stesso trovasi parroco di una meschinissima chiesa, indegna al culto di Dio e neppure idonea a contenere una popolazione crescente di giorno in giorno: e perciò che si rivolge alla sua nota munificenza perché voglia provvedere per la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale non potendo ciò ottenere dai suoi parrocchiani, tutta gente agricola e di ristrette finanze.
La lettera dell’arciprete non ebbe alcun esito, ma quella missiva rivela le condizioni socio-economiche della Frazione che erano comunque destinate a migliorare nel volgere di pochi anni. La distruzione dei vigneti francesi, causata dalla fillossera, determinò, infatti una forte richiesta di vini pugliesi e quindi anche a Melissano si verificò una rivoluzione colturale dovuta all’impianto della vite. Le risorse finanziarie provenienti dall’esportazione di vini e lo straordinario aumento del numero degli abitanti contribuirono alla formazione di una classe di proprietari terrieri, i quali nel 1885 ottennero che la frazione fosse separata da Taviano e unita a Casarano, mentre la nascente identità melissanese si manifestò nell’edificazione della chiesa parrocchiale cui diede un notevole impulso il nuovo parroco, don Vincenzo Danisi. Fu costituito un comitato del quale facevano parte gli esponenti delle famiglie più facoltose del paese e dovendo acquistare il suolo necessario per la costruzione della chiesa fu individuata un’area prospiciente Via Casarano. Con la scelta del luogo sul quale edificare la nuova chiesa, fu individuato anche il nuovo centro del paese; il fulcro di una comunità che dopo secoli di oblio affermava la sua identità e lo faceva con la costruzione della casa di Dio.
A realizzare le aspirazioni dei melissanesi fu chiamato l’ing. Ferdinando Campasena, di Lecce, che progettò un edificio dalle linee neorinascimentali, lo stile architettonico dell’Italia postunitaria. Poi toccò al popolo trovare le risorse finanziarie per l’edificazione del tempio, perché non c’erano lasciti, né donazioni, solo la Fede operosa che con grandi sacrifici innalzava un’opera straordinaria in relazione al numero degli abitanti e alle risorse finanziarie disponibili. E quando le sopravvenute difficoltà economiche ritardarono la conclusione dei lavori ed un benestante del luogo propose di terminare a sue spese le volte della chiesa (a patto che il suo nome fosse inciso sull’arco della crociera del sacro edificio) il rifiuto fu unanime perché nel tempio del popolo non c’era spazio per i personalismi. Così i 1500 melissanesi continuarono ad offrire il loro obolo e chi non aveva denaro contribuiva con elargizioni di qualunque specie, tanto che alla fine del 1887, la somma impegnata per i lavori già eseguiti ammontava a L. 15.600 e quattro anni dopo a L. 39.000.
Nel 1901, il sacro edificio era completo di pavimento, altari e tutto il necessario: mancavano solo le campane, gli arredi ed i paramenti degli altari. Finalmente, l’otto febbraio 1902 (dopo ben 17 anni dall’inizio dei lavori) il parroco, don Vincenzo Danisi, celebrava la prima messa nella nuova chiesa parrocchiale ed il vescovo di Nardò, mons. Giuseppe Ricciardi, visitando il bel tempio, rilevava che “i fedeli di Melissano, pur non essendo fra i più agiati della diocesi, hanno compiuto un’opera degna di ogni encomio ed a regola d’arte.”.
La facciata, infatti, rispecchia fedelmente la struttura interna della chiesa ed anticipa gli elementi architettonici neorinascimentali ed i motivi liberty, neogotici e geometrici che caratterizzano gli altari. La navata centrale presenta sei pilastri a base quadrata, sovrastati da capitelli corinzi e da una splendida trabeazione sulla quale si impostano le arcate delle volte a stella. Gli archi a tutto sesto delimitano le navate e conferiscono all’ambiente una semplice maestosità scandita dalle sfumature dorate della pietra leccese che, mutando appena nel grigio-verde dei capitelli, ne evidenziano la bellezza. Il pavimento, in marmo bicromo, Carrara e grigio-cappella, a disegni romboidali, è tipico degli inizi del secolo scorso. Al 1897 risale l’altare maggiore, in marmo di Carrara, costruito a Taranto, nel laboratorio di Ferdinando Hubert. La balaustra rinascimentale (erroneamente rimossa) delimitava l’area presbiteriale dove sono collocate la statua lignea del protettore, S. Antonio di Padova, risalente al XVIII secolo ed il gruppo in cartapesta della Madonna del Rosario di Pompei, modellato da Giuseppe Manzo nel 1906.
Un antico organo a mantici è collocato sul soppalco, il cui frontale presenta lo stemma civico raffigurante un virgulto che spunta dall’albero di Casarano, segno della Comunità melissanese che “nasce” dal Comune capoluogo.
L’altare del Santo Patrono, caratterizzato dalla presenza di elementi dello stile gotico fiorito, presenta un dipinto di S. Antonio di Padova, pregevole opera di Luigi Scorrano, risalente al 1903. Sempre dello stesso pittore è la tela della Madonna del Rosario (titolare della Parrocchia) inserita in un monumentale altare in pietra leccese. Gli altri altari laterali, dedicati alla Madonna del Carmine, a San Vito, a San Giuseppe ed alla Deposizione di Gesù, sono arricchiti da altorilievi in cartapesta, opere di Giuseppe Manzo, datate fra il 1897 ed il 1905. L’altare della Deposizione, in particolare, è il più artistico con la sua struttura caratterizzata da una fascia di incisioni floreali di stile neogotico e le decorazioni liberty dell’architrave.
Un’opera, dunque, che riassume le tendenze artistiche della fine del XIX secolo e ricorda la storia della parrocchia melissanese, perché in continuazione ideale con l’antica matrice, fu dedicata al protettore S. Antonio di Padova e alla Beata Vergine Maria del Rosario. Una chiesa-simbolo dello sviluppo sociale ed economico di una Comunità che trovò la forza per superare la situazione di oggettivo svantaggio rispetto ai Comuni limitrofi e pose le premesse per la riconquista dell’autonomia amministrativa. Nel corso degli anni ha accolto fra le sue mura generazioni di melissanesi che in essa si sono identificati, hanno ricevuto il Battesimo, hanno unito la loro vita insieme ad un’altra nel sacramento delle nozze, hanno ricevuto la preghiera della chiesa nel loro viaggio verso la Casa del Padre. Ora si tratta di conservare nel migliore dei modi il sacro edificio perché così facendo esprimiamo la nostra gratitudine a chi con Fede e lungimiranza lo ha edificato.