di Pino de Luca
Sette vini di primitivo con questo. Da solo o in compagnia canta dalle colonne di questa rubrica. Dal primitivo di Torchiarolo torniamo a quello della Terra di Manduria.
Dicite vos, colles, vos, ebria rura Phalanti,/ Munera quae Bacchus praestet: nam Caecuba, fama est,/ Lesbia, et ambrosei spumantia prela Falerni/ Vincere, saxosamque Chion, rubeumque Calenum.
(Dite voi, o colli, voi o campi ubertosi di Falanto, di quali doni Bacco non sia prodigo; poiché è fama che sia meglio (il vino) di quello di Cecuba e di Lesbo, e dello spumante Falerno, e il rosso Caleno e quello della sassosa Chio.) Così racconta Tommaso Niccolò d’Aquino nelle sue Deliciae Tarentinae. Latore di grande amore verso la sua terra ma anche storico testimone che la vigna nel tarantino ha radici antichissime (vigna per merum, non vinum) e affondano nella più antica “fecondazione artificiale (per così dire) di massa della quale si abbia notizia.”
Ne parleremo un giorno della guerra tra Sparta e Messenia, dei Perieci e dei Parthenii e dell’ecista Falanto, fondatore di Taranto grazie al pianto di sua moglie Ethra e scacciato dalla sua stessa città, per rifugiarsi nella città nemica Brindisi che lo trattò come meritava un ecista.
Brindisi sempre prodiga verso il nemico ne seguì le volontà riportandone le ceneri a Taranto, per salvarla ancora.
È una bella storia che narra di meriti negati, di di abusi e mosche cocchiere, di nemici leali e amici infingardi: idem vetus et nova.
Ma noi nella vite abbiam dimora e da essa proviamo a trarre merum e vita.
Son terroni i primitivi, che se i mammoni son legati alle mamme, i terroni alla terra devono essere avvinti. E nella terra della tenuta Bagnolo la cantina Soloperto tiene affondati ceppi ad alberello, soldati di mille e una battaglia con le loro ferite e la loro storia, ceppi ai quali è un crimine chiedere abbondanza, non ce l’hanno. Ma classe tanta. E da questa vien tratto un merum dalle spalle forti, scuro di colore per illuminarsi sull’unghia di rosso incantato, e porpore al contrasto della luce. Al naso profumo maschio e di muschio, s’ingentilisce all’aria virando verso la confettura di mirtilli e l’humus di boscaglia dopo la pioggia di primo autunno. In bocca entra liscio, quasi sinuoso e poi si espande, pervade, occupa ogni antro e lascia ovunque traccia lunghissima e potente di tannini e ragguardevole calore alcolico. Non è facile da bere, porta più al masticare che al deglutire, ma è una esperienza unica, da fare. Di legno ne fa un anno ma solo per limare le punte più acuminate.
Ne cantiamo noi la gloria poiché i vini di queste terre, per secoli, usati per altrui fortune e poi ostracizzati e negletti. Come, a volte, nella musica. San Remo 1969. Bada Bambina era una canzone al limite della pedofilia. Due interpreti: Little Tony e Mario Zelinotti.
Di Mario s’è perduta traccia, e, tra i due, era il più bravo.
Lo ricordo l’ignoto Mario, non per la canzone nota, ma per l’ancor meno noto lato B di quel 45 giri.
C’era incisa, senza comproprietà: Cento Fuochi. Come il primitivo che ho provato a raccontare.