“GLI OCCHI DI MIA FIGLIA”
DI VITTORIA COPPOLA
di Paolo Vincenti
“Gli occhi di mia figlia” (Lupo Editore 2011) è un romanzo fuori dal tempo di cui è autrice una giovane salentina, di nome Vittoria Coppola. Con questa pubblicazione,Vittoria Coppola aggiunge il proprio nome a quello di tanti e tanti altri autori che costituiscono quella novelle vauge, ossia quella primavera letteraria che da alcuni anni a questa parte vive il nostro Salento. Nell’ambito di una dinamica, variegata e interessante giovane letteratura salentina,la Coppolasi propone con un libro molto interessante, nella pur abusata materia che lo costituisce. Trattasi, infatti, di un romanzo di sentimenti, un romanzo d’amore, se proprio si dovesse dare una più comoda e immediata, sia pur riduttiva, direttrice di lettura a quanti vorranno sfogliare le pagine di questo libro. Certo, viene da chiedersi, e confesso che a me è capitato, quando ho avuto fra le mani questo libretto, se abbia ancora un senso, oggi, scrivere un romanzo che tratta di sentimenti, di conflitti interiori, di dissidi dell’animo, soprattutto se ci si rivolge , come è nell’intenzione della proponente, ai propri coetanei, cioè a quella generazione, che già una certa sociologia ha bollato come “generazione x”, presa da tante e tali distrazioni diverse dalla letteratura. Mi è capitato di chiedermi come possa pensare, l’autrice di questo libro, di poter parlare ai propri coetanei, il suo pubblico potenziale, e di essere ascoltata da quei ragazzi che, presi come sono dalla multimedialità esasperante di questi anni Duemila, nella società superveloce e massificata in cui viviamo, avranno ben altri interessi e sollecitazioni. Quale sia poi il linguaggio da usare, quali le chiavi di accesso per parlare alla generazione di Internet. La risposta che mi sono data è quella che può sembrare la più banale e scontata: parlando al cuore. Questo Vittoria Coppola ha cercato di fare con il suo libro. Dalla sua narrazione emerge una interiorità intensa, attenta a cogliere i minimi dettagli, devota ai particolari, per individuare quel varco, di montaliana memoria, per vedere oltre. Dana è la protagonista di questo romanzo. Una ragazza dell’alta borghesia senese, che vive quindi una vita agiata, con la passione dell’arte. Quello in cui vive Dana è però un ambiente arido, in quanto i suoi genitori sono assolutamente incapaci di avere con lei un dialogo. La madre, Amanda, donna fredda e calcolatrice, ha già deciso quale sarà il suo destino, chi sarà il suo fidanzato, che vita farà, pianificando insomma il suo futuro, mentre il padre Franco, uomo grigio e demotivato, ha delegato completamente alla moglie l’educazione e le scelte sul futuro di Dana. Ma Dana è una sognatrice e spera per sè un destino completamente diverso da quello programmato dai suoi genitori e infatti, le variabili di percorso entrano ben presto nella sua vita, e Dana conosce Andrè, un fascinoso pittore di donne senza sguardo, e con questo artista, di cui la ragazza si innamora follemente, fugge via alla volta di Parigi; in quella città costruisce il suo nido insieme al suo amante e alla piccola sorellina di lui. Dana scopre anche di essere incinta ma purtroppo perde il bambino e a questo punto il suo sogno di adolescente si infrange contro la dura realtà del dolore, della mancata realizzazione e Dana fugge ancora. Questa volta Dana fugge da Andrè e decide di tornare dai suoi genitori, a Siena, e di iniziare a frequentare quell’Armando, giovane avvocato di belle speranze, che già i suoi le avevano predestinato. Finirà che Dana decide di sposare Armando, cedendo alle premure e alle gentili insistenze di lui, pur non amandolo. Dana è devota a Santa Lucia, per un incidente subito da piccola. Ha quindi una forte spiritualità che la sorregge nei momenti più difficili. Ma il destino torna ancora una volta a reclamare il proprio dominio sulla vita di Dana e infatti ci sono delle svolte clamorose nell’ultima parte del romanzo.La giovane donna intrattiene un rapporto epistolare con una sua vecchia amica, Flavia, un rapporto intimo, di confidenze reciproche, proprio come si fa con un diario. Molte lettere costellano infatti le pagine del libro, tanto che si potrebbe anche parlare di un romanzo epistolare, anche se tecnicamente così non è. Dana è una donna vinta, un po’ dal destino, un po’ dalle sue false illusioni, un po’ dal suo ruolo precostituito. Un donna vinta, Dana, che rivendica il proprio diritto alla felicità, sempreché questa felicità esista, fino a quando si rende conto che forse questa felicità per lei non esiste, e allora smette di sperare, smette di rivendicare alcunché e si dedica ad una vita grigia, priva di stimoli, quella con Armando, che crede, forse, sia il suo destino. La protagonsta appare dinamicamente sospesa fra due verità opposte, stridenti: il bisogno di volare da un lato, e la realtà sofferta, il presente increscioso, dall’altro. A saldare la contraddizione, c’è il ricordo del bel tempo passato e quando il confronto fra quel tempo e quello del suo presente diventa troppo stridente e doloroso, c’è il suo rifugio in una tranquillità apparente dalla quale Dana cerca di farsi consolare. La scrittura diventa per lei bisogno vitale, intimo e profondo desiderio. Dana affida alle sue lettere, nella corrispondenza epistolare con la sua amica del cuore, tutte le proprie emozioni, le gioie, il dolore, le ansie, le illusioni e le disillusioni e i grandi e piccoli fatti del quotidiano. Queste lettere, occasioni di scrittura privatissima, assumono il ruolo di veri e propri motori della storia e di metafore della vita. Il romanzo della Coppola è una storia ben scritta. La sua scrittura si presenta piana e regolare, niente effetti speciali della lingua, non c’è manierismo e nemmeno sperimentalismo. Notevole la sua capacità di invenzione. I personaggi del libro sono ben studiati, le loro psicologie ben delineate e notevole anche lo sforzo di creare una trama che sia il più possibile coinvolgente. Uno sforzo certamente premiato dal risultato finale di un intreccio ben ordito in un racconto che risulta assolutamente verosimile. Una storia che racconta di destini, di progetti,di fallimenti, di inquietudini, di assenze. Una storia dal sapore antico, raccontata con umiltà e capacità da Vittoria Coppola, in questo suo notevole esordio letterario.
in “Il Paese Nuovo”, 6 dicembre 2011