di Armando Polito
Non so se sia pubblicità con intenti deterrenti ma non passa giorno che le cronache non registrino lo smascheramento da parte della Guardia di Finanza di un invalido totale immortalato mentre, cieco, guida la propria automobile o, addirittura, un taxi, oppure di un tetraplegico che passeggia con passo assolutamente normale. Non si tratta solo della interpretazione ambigua di due fenomeni grammaticali per cui invalido (inteso come status burocratico e da assumere solo per il tempo strettamente necessario…) nasce per prostesi (fenomeno che di regola ha una funzionalità eufemistica…) di in– privativo a valido, e valido (come status reale) da invalido con una aferesi (che si prolunga per un tempo molto più esteso del precedente…) dello stesso prefisso privativo. L’amara considerazione è che quel suffisso privativo finisce così per penalizzare (oltre al contribuente) solo le persone bisognose di quell’aiuto che troppo disinvoltamente è passato nella disponibilità di un truffatore.
Se è vero che quel cieco di cui sopra avrà pure sostenuto una visita medica per il rinnovo della patente, è vero pure che può aver ingannato il medico che lo visitava facendogli leggere l’apposita tabella. Perché, allora, non stabilire per legge l’obbligo di un controllo incrociato che con gli attuali sistemi informatici, tra loro coordinati…, richiederebbe solo un click? Come può vedere se percepisce un’indennità come cieco? La privacy? Non c’è privacy che tenga quando , momenti difficili a parte, c’è il rischio, solo il rischio, di una truffa.
E poi: per il cieco e il tetraplegico non esistono strumenti adeguati per accertare l’esistenza di una lesione, cerebrale o no, quando oggi si riesce a leggere nel cervello anche l’intensità di un orgasmo (ma qui la privacy può anche essere tenuta in conto…) ? Perché non stabilire, per legge, controlli di questo tipo?
E, dopo essermi scatenato contro il meccanismo che consente ancora situazioni del genere (attenzione, non ho nemmeno accennato al fenomeno corruzione che pure esisterà…), mi sento quasi in colpa per aver infierito su quella forma più abietta di intelligenza (?) che si chiama furbizia. Rimedierò subito suggerendo a chi adesso starà tremando sapendosi in difetto di fare immediatamente un viaggio a Lourdes e di conservare accuratamente tutte le ricevute che lo comprovano: se beccato potrà sempre dire di essere stato miracolato e di essersi dimenticato (anche perché a quei soldi ormai era psicologicamente legato…) di comunicare all’ente erogante la sua mutata condizione. Potrà così risparmiare al suo avvocato contorcimenti di pensiero per giustificarlo davanti al giudice (se mai ci arriverà…) e sarà obbligato a restituire ciò che ha truffaldinamente percepito solo fino alla data dell’avvenuto miracolo. L’ultima raccomandazione è quella di istruire bene almeno un testimone per comprovare il suo stato prima e dopo Lourdes; non dovrebbe essergli difficile con tutti i soldi che ha fottuto e con il reddito, naturalmente non dichiarato, che, di solito (vergogna nella vergogna!), simili individui spesso si ritrovano.
Certo è che la Madonna di Lourdes se ne guarderebbe bene dal testimoniare a favore dei truffaldini, quindi i misteriosi miracolati dovrebbero fare un’autocertificazione o, al massimo, trovando un testimone(magari la madre, i figli o la nonna), dovrebbero accordarsi seduta stante con medici-compiacenti e parroci-condiscendenti(tutti già di loro conoscenza) per chiedere il proprio processo di beatificazione alla Santa Sede. Pensa che scoop un cieco-vedente e per di più beato in vita!
Magari, per fargli guadagnare ancor più il Paradiso, gli proporrebbero di fare da guida ai cani ciechi o di creare una linea griffata di bastoncini per non vedenti. Essendo poi il suo patrimonio, e in ‘pìccioli’ e in immobili, frutto di un miracolato, il Fisco lo equiparerebbe a un luogo di culto e quindi esente dal pizzo…, oh pardòn, dall’ Ici. L’italia, ahimè, potrebbe essere anche questo e Armando ha tirato in ballo il gravoso bluff dei falsi invalidi con la solita superba ironia, l’ironia che merita un paradosso, uno dei tanti tutti italiani. E pensare che i nostri parlamentari ci vedono(anche troppo) e camminano(ancor di più!), eppure sono “soggetti affetti da severa scordinazione tra parole e fatti”: lo faranno per rientrare nella categoria degli ‘Invalidi di Stato’ e così giustificare i loro stipendi da favola senza necessità di lavoro? Sarà un’astuta strategia per contenere lo scandalo del loro esistere e sussistere pagato profumatamente da noi cittadini? Chi lo sa! Rimane il fatto che almeno i falsi invalidi svolgono una qualche attività, fosse pure quella di ciechi tassisti, mentre i nostri VERI INVALIDI ricoprono le più alte cariche dello stato rispondendo severamente ai dettami della loro drammatica condizione: immobilità. Peccato che sia solo un’immomilità di governo sano ed effettivo e non un’immobilità di truffe e latrocini!