di Paolo Vincenti
“Manganello, manganello che rischiari ogni cervello sarai tu sempre il suggello che punisce la viltà”. Con questo canto delle squadre fasciste, si apre questo libro di Salvatore Coppola: Bona mixta malis. Fascismo, antifascismo e chiesa cattolica nel Salento, per la collana “Cultura e Storia”, della Società di Storia Patria per la Puglia – sez. di Lecce, da Giorgiani Editore, ultimo lavoro (realizzato con la collaborazione di Emanuela Specchia) di uno studioso di lungo corso, esperto di storia patria, che ritorna ad occuparsi di argomenti locali dopo una lunga parentesi di studi di carattere internazionale. L’autore, infatti, già docente di Filosofia e Storia nel Liceo Capece di Maglie, ha vissuto per alcuni anni a Madrid, dove ha insegnato Storia e Filosofia nel Liceo Statale Italiano e in quella terra ha continuato il suo lavoro di ricercatore, occupandosi dei rapporti diplomatici fra Spagna e Italia nel Novecento. In particolare, ha pubblicato nel 2007, “Entre la religiòn y la politica. I rapporti della Santa Sede con Italia, Germania e Spagna tra il 1929 e il 1945” (Edipan) , pubblicato prima in Spagna e poi in Italia, che tratta degli anni del pontificato di Pio XI, e nel 2009, “El Pontifice sumamente bondadoso. Diplomazia, chiesa e politica ai tempi di Giovanni XXIII (1958-1963)”( Edipan), sugli anni del pontificato di Giovanni XXIII. Salvatore Coppola, originario di Diso, si è occupato soprattutto della storia del movimento sindacale salentino e delle lotte contadine per la riforma agraria, con diverse opere, come: “Leghe contadine del Basso Salento agli inizi del secolo” (Lecce 1977), “La rivolta di Tricase” (Lecce 1981), “Conflitti di lavoro e lotta politica nel Salento nel primo dopoguerra” (Lecce 1983), “Il movimento contadino in Terra d’Otranto dal 1919 al 1960” (Cavallino 1992), “Quegli uomini coperti di stracci” (Castiglione 1997), “Pietro Refolo, una vita per la democrazia. Le origini della CGIL nel Salento” (Lecce 1998), “Politica e violenza nel Capo di Leuca all’avvento del fascismo” (Castiglione 1999), “Il gruppo dirigente del PCI salentino” (Leverano 2001), ecc. In questo libro, Coppola si occupa del ventennio fascista nel nostro Salento e lo fa portando i risultati delle sue ricerche appassionate, eseguite con il metodo scientifico e razionalistico che gli è proprio, ossia attraverso la consultazione di documenti, spesso di prima mano, di fondamentale importanza per la nostra storia locale. Nella su Premessa, infatti, è l’autore stesso che spiega di essersi avvalso, per questa monografia, dei documenti dell’Archivio Centrale dello Stato, dell’Archivio di Stato di Lecce, dell’Archivio Segreto Vaticano, dell’Archivio del Ministero degli Affari Esteri Spagnolo, dell’Archivio Storico Diocesano di Otranto e di Lecce e di diverse pubblicazioni nazionali e salentine di quegli anni convulsi della nostra storia patria, e non manca di ringraziare chi gli ha fornito un valido supporto per le sue ricerche, comprese le aziende che hanno sponsorizzato l’opera. Fra i collaboratori di Coppola, in primis, il prof. Mario Spedicato, Presidente della Società di Storia Patria per la Puglia – sez. di Lecce, e autore della Prefazione del libro, il quale, nel saggio introduttivo, spiega come grande riconoscenza si debba a Salvatore Coppola per aver fatto luce con questo suo ultimo volume sul ventennio fascista nel Salento. Il Salento non ha dato, come si potrebbe credere, quell’adesione di massa assoluta e incondizionata al regime (cosa che troviamo scritta in molti libri che trattano l’argomento), ma ha avuto invece una posizione relativamente defilata e in alcuni casi fortemente critica nei confronti del “sistema”, per alcune sue storture che erano evidenti, soprattutto in periferia, e non tanto addebitandone le colpe al potere centrale, quanto agli apparati, cioè a ai vari luogotenenti mussoliniani, gerarchi e podestà, ritenuti incapaci e corrotti. Un forte contributo al consolidamento del fascismo va certo riconosciuto alla Chiesa che seppe stringere quasi un patto di ferro col regime, facendo opera di propaganda tra le povere popolazioni soprattutto del Meridione d’Italia. A questo ci riporta anche il titolo del libro, cioè Bona mixta malis, dunque, “I beni misti ai mali ( o i buoni misti ai cattivi)”: che cosa significa? Con questo termine, siamo nei primi anni ’30, si intendeva “la penetrazione cattolica all’interno delle organizzazioni di massa”; in altre parole, in quegli anni, l’Azione Cattolica italiana cercò di favorire l’iscrizione dei giovani all’interno delle associazioni fasciste, sia per garantire a questi giovani una certa assistenza morale e sia per impedire che i peggiori elementi del fascismo potessero traviare essi giovani, attraverso una martellante campagna di “sensibilizzazione” fascista, e soprattutto i giovani meno forti e dotati di autonoma personalità sembravano a rischio; inoltre, anche per contenere l’ espansione fascista. Questo si legge nel IV Capitolo del libro di Coppola, introdotto dal motteggio “Abbiamo, è vero, un impero, ma abbiamo anche una fame imperiale”, che è una pasquinata antifascista, vale a dire una delle tante arguzie con cui all’epoca si tentava di mettere in ridicolo il regime ( e ciò nonostante operasse una censura fascista per niente da ridere). Come sottolinea Spedicato, il merito di Coppola è quello di aver cercato di svelare le contraddizioni esistenti nel regime, tutt’altro che “popolare” in molta parte del Sud e del nostro Salento. Addentrandoci nella materia viva del tessuto narrativo del libro, Salvatore Coppola, nel I Capitolo descrive “L’avvento del fascismo nel Salento; la federazione fascista di Terra D’Otranto negli anni della segreteria di G.Franco e G.Leopizzi (1922-1927)”. Nel II Capitolo, introdotto dai versi del canto popolare antifascista “Quando bandiera rossa si cantava, cinque volte al giorno si mangiava, adesso che si canta Giovinezza, si va a dormire con fiacca e debolezza”, si descrivono le “Tensioni tra partito fascista e organizzazioni cattoliche negli anni della segreteria di A.Palmentola (1927-1930)”; nel III Capitolo, introdotto dai versi “Duce, scioglieteci la mano, vogliamo mandare a fuoco il Vaticano, tratti da un canto popolare fascista, Coppola si occupa di “Riorganizzazione del partito e scioglimento dei circoli cattolici negli anni della segreteria di A.D’Arpe (1930-1932)”. Nel IV Capitolo, si occupa della Guerra d’Etiopia e dei “cordiali rapporti tra gerarchie ecclesiastiche e partito fascista nella prima fase della segreteria di A. Della Rocca (1932-1936). “Siamo stanchi di due Dii e di due religioni, a noi basta un solo Dio e questi è Mussolini, una sola religione e questa è il fascismo”: con questo slogan fascista del 1938, si apre il V Capitolo, in cui si parla della “politicizzazione dell’Azione Cattolica e della questione razziale nella seconda fase della segreteria di Della Rocca (1936-1939)”; mentre nel VI Capitolo, si tratta degli anni della segreteria di M.Cionini Visani e A. Rognoni e del “contributo dei cattolici salentini al consolidamento dello spirito patriottico ( 1939-1943), e significativa è la pasquinata leccese del1941, in apertura: “Qui giace Achille Starace vestito d’orbace dalla mano rapace incapace mendace mordace requiem schiatta in pace Amen”. Dopo la caduta di Mussolini, con la reazione dei fascisti e dei cattolici salentini e quindi con la rinnovata libertà e rinascita democratica, nel VII Capitolo si descrivono “il controllo e la repressione dell’antifascismo. Le manifestazioni ostili”. In Appendice, viene riportato l’elenco ufficiale degli squadristi ante marcia della provincia di Lecce e, dopo una esauriente Bibliografia, l’Indice dei nomi. Molto interessanti e drammatici sono alcuni episodi descritti nei vari capitoli, sui quali qui non ci si può soffermare per esigenze di spazio. Nel libro, il tema dei rapporti fra il regime fascista e le gerarchie ecclesiastiche della nostra provincia di Lecce e il tema dell’antifascismo e delle lotte sociali che caratterizzarono gli anni Trenta vengono inquadrati nel più ampio prospetto della storia nazionale, per un’opera davvero interessante, di circa 400 pagine, supportate anche da un ampio corredo fotografico. Lumeggiando processi storici e approfondendo vari mutamenti sociali e politici che hanno avuto delle ricadute sulla storia successiva nazionale e locale, Coppola ci offre uno spaccato per certi versi inedito dell’’epoca fascista vista da un osservatorio periferico ma non marginale, per un libro che merita di essere letto e studiato.
in “Il Paese Nuovo”, 1 novembre 2011
DOC.: DONNE, CHIESA CATTOLICA, E FASCISMO…. *
Maddalena Santoro
Un’intellettuale salentina nella storia dei Mussolini
La donna segreta di Arnaldo, fratello del duce
di Vito Antonio Leuzzi (La Gazzetta del Mezzoggiorno, 24.07.2016)
C’è una figura di donna da conoscere, da approfondire: è la singolare figura di intellettuale salentina il cui nome è Maddalena Santoro. Con la sua scrittura, riesce nel primo dopoguerra a Milano ad occupare uno spazio non marginale nello scenario politico-culturale segnato dall’ascesa del fascismo.
È lei la protagonista di un recente volume di Nicola Fanizza, dal titolo Maddalena Santoro e Arnaldo Mussolini. La storia d’amore che il duce voleva cancellare, (Edizioni dal Sud, pagg. 160, euro 15,00).
L’autore, con una accurata e documentata ricerca d’archivio, traccia il contesto della formazione di Maddalena Santoro nella Lecce del primo Novecento e il suo intimo sodalizio con Caterina Tanzarella, originaria di Ostuni, sua coetanea al Liceo «Palmieri» di Lecce.
Nel volume si analizza l’intensa corrispondenza tra le due amiche, carica di vicende intime legate ai rispettivi contesti socio-familiari, e si ripercorre la storia della narrativa della Santoro e il suo «tenace desiderio di rendere trasparente il mondo femminile». La scrittrice, per la sua costante attenzione ai romanzi che parlano dell’anima femminile, ottiene un incarico redazionale nel 1921, a Milano, presso la Casa editrice Alpes.
In questo contesto si colloca il legame di Maddalena con Arnaldo Mussolini, fratello minore del capo del fascismo, che nella capitale economica d’Italia svolge un ruolo politico-culturale rilevante come direttore de Il Popolo d’Italia e come responsabile, tra l’altro, della «Scuola di mistica fascista»; mentre la sua amica di Liceo, Caterina, su una sponda opposta, segue le traversie del marito, l’intellettuale di formazione repubblicana Piero Delfino Pesce, originario di Mola di Bari e direttore di Humanitas, la rivista degli intellettuali democratici, soppressa dal fascismo dopo il delitto Matteotti.
Maddalena Santoro svela all’amica il fascino esercitato su di lei da Arnaldo «con il suo solito sorriso bonario», mite e riflessivo (la casa editrice Alpes, rilevata dal fratello di Mussolini, con i consigli della Santoro e di Massimo Bontempelli pubblica il primo romanzo di Alberto Moravia Gli Indifferenti).
La relazione sentimentale tra la scrittrice e il fratello del duce si carica progressivamente di aspetti drammatici e di lati oscuri «per i tormenti legati alla sua condizione di essere amante di un uomo sposato» che per lungo tempo le aveva celato anche la presenza di tre figli.
In una missiva «compromettente», Maddalena svela a Caterina Tanzarella questi ed altri particolari, relativi anche al capo del fascismo che era sposato civilmente con Rachele Guidi, madre dei suoi primi tre figli (ad Arnaldo viene, infatti, affidato il compito di gestire anche sul piano legale i rapporti con i tre figli del fratello Benito). Scrive Fanizza: «Dalla lettera emerge che Maddalena aveva esercitato sul duce pressioni dirette e indirette – attraverso il fratello – per convincerlo a far battezzare i suoi figli, come di fatto avvenne il 2 aprile 1923».
In questo difficile contesto esistenziale, Maddalena scrive il suo primo romanzo Trasparenze femminili con la casa editrice Bemporad che pubblica opere di Sibilla Aleramo, Matilde Serao, Annie Vivanti.
A Caterina, in una lettera del 26 luglio del 1923 comunica: «Ho scritto un libro. Un romanzo a quanto pare non brutto […]. Ho preferito la Bemporad all’Alpes, perché più importante e più nota anche nell’Italia meridionale».
Nella puntuale e articolata indagine di Fanizza, che mette in luce gli aspetti politico-affaristici del duce e di suo fratello Arnaldo (coinvolto nella tangentopoli milanese del 1930 e custode, tra l’altro, di un ingente patrimonio finanziario e di molti segreti, tra cui le vicende connesse al delitto Matteotti), balza all’attenzione l’attività di rigido controllo e di censura nei confronti della Santoro, esercitata dalla polizia segreta dopo l’improvvisa scomparsa di Arnaldo nel dicembre del 1931.
Maddalena, stabilitasi a Firenze in un appartamento che le aveva comprato Arnaldo, non riesce più a concentrarsi (aveva in precedenza scritto Fanatici d’Amore e L’inutile gloria, quest’ultimo pubblicato nel 1932). «Ovunque va – scrive Fanizza – avverte di essere seguita. La polizia politica controlla ogni suo movimento; si sente osservata» (la scrittrice si era rifiutata di consegnare agli emissari del duce le lettere di Arnaldo). La sua vita privata si complica, contribuendo sempre di più alla sua infelicità, dopo la relazione sentimentale con il conte Paolo Alberto Colombini che secondo le normative della polizia politica aveva subito «numerose condanne per truffa». Tutte vicende che arricchiscono di particolari la sua già interessante biografia, che sembra uno spaccato delle vicende italiane del primo Novecento.
La scrittrice continua a scrivere novelle, articoli di moda, commedie, ma la sua vita è minata da una grave malattia nel 1938. Le sue pubblicazioni si fermano al 1941, tre anni prima della sua morte, avvenuta a Triuggio, in provincia di Monza, il 13 febbraio 1944.
* Federico La Sala
DOC. 2: DONNE, CHIESA CATTOLICA, E FASCISMO ….
I PATTI LATERANENSI, MADDALENA SANTORO, E LA PROVVIDENZA. Sul lavoro di Nicola Fanizza, una nota *
“La Conciliazione […] è nostra ferma convinzione che il regime fascista si possa considerare non solo delineato ma sostanzialmente realizzato in tutti i suoi elementi, in tutte le sue essenziali strutture portanti solamente con la firma dei patti del Laterano. […] Con i patti del Laterano Mussolini conseguì un successo – forse il più vero e importante di tutta la sua carriere politica – che da un giorno all’altro ne aumentò il prestigio in tutto il mondo” (Renzo De Felice, “Mussolini il fascista. L’organizzazione dello Stato fascista 1925-1929”, Torino, Einaudi, 1968, p. 382).
PATTI LATERANENSI (11 FEBBRAIO 1929). A un’udienza concessa ai professori ed agli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il 13 febbraio 1929, due giorni dopo la firma dei Patti Lateranensi, Pio XI così illustra il grande evento:
“Il Trattato conchiuso tra la Santa Sede e l’Italia non ha bisogno di altre spiegazioni e giustificazioni esterne, perché in realtà esso è a se medesimo spiegazione e giustificazione la più chiara e definitiva. Ma c’è pure una spiegazione ed una giustificazione esterna non meno chiara e definitiva, e questa è il Concordato. Il Concordato, anzi, non solo spiega e giustifica sempre meglio il Trattato, ma questo gli si raccomanda come a condizione di essere e di vita. È il Concordato che Noi, appunto perché esso doveva avere questa funzione, fin da principio abbiam voluto che fosse condizione «sine qua non» al Trattato… Le condizioni dunque della religione in Italia non si potevano regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. La soluzione era di far camminare le due cose di pari passo. E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle persone e delle cose della Chiesa […]”(Allocuzione di Sua Santità Pio XI ai professori e agli studenti dell’Università cattolica Sacro Cuore di Milano «Vogliamo anzitutto», 13 febbraio 1929).
L’INCARICO DI PAPA BENEDETTO XV (1919) E LA PROVVIDENZA DI PIO XI (1929). Sul conseguimento di questo risultato (“conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti”), e sulla sua comprensione (sul meglio capire come sia stato possibile), gettano luce non solo i “grandi” fatti – ricordiamo che la strada era stata già aperta dal Papa precedente, Benedetto XV (morto nel gennaio 1922), che aveva abrogato nel 1919 il “non expedit” e favorito l’ingresso dei cattolici nella vita politica e la nascita del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo – ma anche i “piccoli” fatti: in particolare, una lettera del 1919, inviata da una donna di Lecce a una sua amica pugliesediMola di Bari.
In questa lettera, la donna salentinacosì scrive (“Lecce, 27-7-1919”):
“Carissima […] sono tanto occupata, adesso; probabilmente, fra giorni, dovrò mettermi in viaggio per la Basilicata, per esercitare anche lì il mio apostolato, avendo avuto l’incarico dal Papa di delegata regionale anche della Basilicata e, forse, della Sicilia e della Calabria, essendo la Puglia divisa fra tre delegate, ed occorrendo nelle suddette altre regioni un tipo di delegata energica e attiva come mi hanno fatto l’onore di definirmi a Milano”.
E prosegue: “Poiché anche gli onori sono castighi di Dio, a me è stato dato un incarico più esteso e complicato che non quello delle altre sedici rappresentanti d’Italia. A Lecce i successi sono già cominciati e domenica, 3 agosto, ci sarà l’inaugurazione del primo circolo giovanile cattolico, che aspetta la mia parola di incoraggiamento. Possa, davvero, la mia povera opera essere proficua di bene alle giovanianime […] Maddalena”.
MADDALENA SANTORO (1884-1944). Chi è Costei? Come mai di lei non c’è alcuna traccia nei libri di storia? Questo documento apre la pista a infinite domande: fa parte di un “carteggio” sorprendente (32 lettere – dal 1919 al 1938) tra Maddalena Santoro e la sua amica Caterina Tanzarella, riportato nel lavoro di Nicola Fanizza, “Maddalena Santoro e Arnaldo Mussolini. La storia d’amore che il duce voleva cancellare” (Edizioni Dal Sud, Bari 2016).
– Tale carteggio (pp. 109-154) è di grande rilevanza: mostra solo la punta di un gigantesco iceberg e sollecita a sapere di più e meglio di questa donna salentina, dirigente di primo piano dell’Azione Cattolica, intellettuale e scrittrice e, non ultimo, anche amante del fratello del Duce, “il fratello di un Grande Fratello”, del quale sappiamo fondamentalmente poco (se “preferì restare nell’ombra”, come scrive Indro Montanelli nel novembre del 2000 – cfr. “Il fascino di Arnaldo Mussolini”, non per questo deve continuare a restarvi).
ARNALDO MUSSOLINI (1885-1931). Sul lungo lavoro, finalizzato alla Conciliazione tra Regno d’Italia e Vaticano, svolto “nell’ombra” (p.38) da Arnaldo Mussolini e probabilmente, alla luce dei “precedenti”, dalla stessa Maddalena Santoro, una grande traccia è in “una lettera inviata, in data 1 gennaio 1927”, dal marito di Caterina Tanzarella, Piero Delfino Pesce a un suo amico. -In un linguaggio “volutamente criptico”, così scrive: “La gente di corta vista, la maggioranza grandissima, guarda a Roma; io invece guardo a Fiesole, e so che a Roma impera assolutisticamente l’Abate Tacchi Venturi. (sic.) Questo il filo per intendere molte cose” (p. 38). Il riferimento (evidentemente “eco delle confidenze” della moglie Caterina) è alle trattative sul Concordato e agli incontri segreti in un convento di Fiesole, di Arnaldo con il gesuita Pietro Tacchi Venturi (1861 – 1956), presentato proprio da Arnaldo “a suo fratello Benito verso la fine del 1922”.
Il coraggioso e originale lavoro di Nicola Fanizza, sia per la qualità della sua scrittura sia della sua preziosa documentazione sulla “storia d’amore che il duce voleva cancellare”, è una formidabile sollecitazione a riprendere anche una vecchia indicazione di Luisa Passerini (in una sua relazione nel convegno “Il regime fascista. Bilancio e prospettive di studio” Bologna 1993, ora in “Il regime fascista. Storia e storiografia”, a c. di Angelo Del Boca, Massimo Legnani e Mario G. Rossi, Laterza, Bari 1995, pp. 498-506).): “coniugare la tradizione della storiografia antifascista sul fascismo con gli studi storici che adottano le categorie di genere e di generazione” e superare definitivamente la obsoleta prospettiva storiografica che voleva e vuole ancora “le questioni di genere e la storia delle donne come questioni separate e secondarie o come questioni che hanno a che fare più col sociale che col politico”. Riguardare l’intera storia della società (e dell’umanità intera) con due occhi, non con un occhio solo!
Da notare che in quello stesso convegno una sola volta è citato Arnaldo Mussolini (p.133), per il connubio tra affari e politica, e una sola volta è citata Rosa Maltoni (p. 504), la madre del “Grande Fratello” (e Arnaldo ed Edvige), la quale invece durante il fascismo fu oggetto di “un culto molto ampio”.
MARGHERITA SARFATTI (1880-1961) E MADDALENA SANTORO (1884-1944). In tale prospettiva va finalmente portata alla luce nella storia delle donne del Novecento non solo la complessa figura di Margherita Sarfatti, già oggetto (come accennato) di più ricostruzioni non solo come “amante del Duce”, ma anche l’altrettanto complessa figura di Maddalena Santoro, non riducibile affatto a semplice amante del “fratello del Grande Fratello”!
L’UOMO DELLA PROVVIDENZA(1929). C’è da augurarsi allora che il lavoro di Nicola Fanizza cada nelle mani non solo di lettori e lettrici curiosi, ma anche di storici e storiche capaci di ricerche approfondite su queste due figure di grande importanza, specie in rapporto al fatto fondamentale (da ricordare: Margherita Sarfatti, di origini ebraiche, si convertì al cattolicesimo nel 1928)della storia d’Italia che portò Regno, governo fascista e Chiesa cattolico-romana alla firma dei Patti Lateranensi quando, come diceva Papa Pio XI subito dopo ai professori e agli studenti dell’Università cattolica di Milano,
– “siamo stati anche dall’altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti… E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l’incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti a conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all’Italia e l’Italia a Dio”.
“SAPERE AUDE!” (I. KANT, 1784). C’è solo da augurarsi che gli storici e le storiche abbiano il coraggio di servirsi della propria intelligenza e sappiano affrontare “l’attuale crisi di identità della storiografia” (Emilio Gentile)!
*
Federico La Sala (cfr.: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=5882)