di Armando Polito
Sono, se ancora qualcuno non l’avesse capito, un coacervo di contraddizioni, uno in cui convivono, a tratti anche contemporaneamente, la fantasia a volte troppo fervida ed entusiasta del sognatore e lo scetticismo disincantato e forse troppo spesso troppo amaro di chi crede ciecamente nella ragione pur con i suoi limiti. Non c’è da meravigliarsi, perciò, se di fronte al paranormale e alle sue molteplici manifestazioni da un lato mi lascio attrarre dal fascino del mistero, dall’altro perdo ogni controllo, anche verbale, appena appena mi sfiori il sospetto che certe più o meno millantate capacità hanno il solo scopo di ingannare il prossimo. La storia dell’umanità è piena di maghi, indovini e simili, su cui anche le religioni hanno costruito la loro fortuna, basata essenzialmente, mi si dimostri che non è così, sulla paura della morte. Il Cristianesimo stesso non ne è indenne, avendo riciclato, per esempio, la figura pagana della Sibilla, anzi delle Sibille che, possedute dal dio, predicevano eventi futuri in versi (ah, il potere suggestivo della poesia rispetto alla prosa!) sovente oscuri o quanto meno (qui sta uno dei trucchi…) suscettibili di diverse interpretazioni. Non voglio tediare il lettore con abbondanza di citazioni; chi ha interesse a vedere come, nella fattispecie, alle pagane Sibille sia stata attribuita la profezia della venuta di Cristo sulla terra basterà ricordare le parole di Lattanzio (Divinae institutiones, IV, 61 e VII, 182) e di Agostino (De civitate Dei, XVIII, 233) e, per quanto riguarda l’assimilazione a livello iconografico, la presenza singola (o combinata con quella dei Profeti) delle Sibille nella decorazione pittorica di molte nostre chiese4.
Come per due mesi la Rai ci ha tormentato ricordandoci le scadenze (una con una piccola penale…) del pagamento del suo canone, c’è da aspettarsi che a partire dalla fine dell’estate il tormentone avrà come protagonista la profezia maia che pone la fine del mondo (anche qui le interpretazioni si sprecano…) al 21 dicembre di quest’anno.
Nell’attesa anche io nel mio piccolo mi dò da fare sottoponendo alla riflessione del lettore la profezia contenuta nei versi 341-342 dei Libri sibillini5:
O Italia tre volte infelice, resterai completamente deserta, priva di lacrime6,
suolo funesto da distruggere in una florida terra!
Dico solo che per fare le cose come si deve questa Sibilla avrebbe dovuto farci la cortesia di predire anche la data in cui sarebbe avvenuta questa catastrofe. Nella sua storia il nostro paese di catastrofi ne ha viste tante e probabilmente questa da lei annunciata, a differenza di quella dei Maia, non era la definitiva…
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1 Esse autem summi Dei Filium, qui sit potestate maxima praeditus, non tantum congruentes in unum voces Prophetarum, sed etiam Trismegisti praedicatio, et Sibyllarum vaticinia demonstrant… Sibylla Erythraea in carminis sui principio, quod a summo Deo exorsa est, filium Dei Ducem et Imperatorem omnium his versibus praedicat ( Che poi sia figlio del sommo Dio, che è dotato del massimo potere, lo dimostrano non solo le voci concordi dei Profeti ma anche la predicazione di Trimegisto e le profezie delle Sibille… la Sibilla Eritrea al principio della sua profezia poiché cominciò dal sommo Dio annunzia il figlio di Dio guida e signore di tutti con queste parole…).
2 Sibyllae quoque non aliter fore ostendunt, quam ut Dei Filius a summo patre mittatut, qui et iustos liberet de manubus impiorum, et iniustos cum tyrannis saevientibus deleat…(Pure le Sibille mostrano che null’altro accadrà se non che il Figlio di Dio sia mandato dal sommo padre a liberare i giusti dalle mani degli empi e a sterminare gli ingiusti insieme con i tiranni che incrudeliscono…).
3 Haec sane Erythraea Sibylla quaedam de Christo manifesta conscripsit…(Certamente questa Sibilla Eritrea lasciò per iscritto certe profezie su Cristo…).
4 Basta ricordare, tra le più famose, la serie che decora il pavimento del Duomo di Siena, a Roma quelle, del Pinturicchio, dell’Appartamento Borgia in Vaticano e della Chiesa di S. Maria del Popolo, nonché quelle dipinte da Michelangelo nella Cappella Sistina.
5 Cito da Chresmòi Sibyllakòi, Oracula Sibillina, a cura di C. Alexandre, Firmin Didot fratres, Paris, 1841, v. I, pag. 212.
6 Traduco così àklaustos, composto da a– privativo + klaustòs=degno di pianto, da klàio=piangere; debbo aggiungere, a commento poco confortante, che priva di lacrime è da intendersi in senso attivo (che non ha neppure lacrime per piangere) o passivo (non compianta da nessuno), conformemente ai due significati con cui la voce è usata dagli autori greci (per esempio, Sofocle nell’Antigone al v. 847 in senso passivo e nell’Elettra al v. 912 in senso attivo). A rincarare la dose va detto che in un codice compare, invece di dapos (per dàpedos), dakos=bestia che morde, mostro, da dakno=mordere.