Dal Salento nel Rwanda
l’esperienza straordinaria di uomini e donne dell’estremo Salento
“Le prime missioni con Mons. Miglietta, l’esperienza del genocidio ed infine Amahoro”
di Giacomo Cazzato
“A che serve avere le mani pulite se le si tiene in tasca?”[1] Don Lorenzo Milani nelle sue analisi lucide e al tempo stesso passionali, era efficace nel richiamare tutti ad un impegno vero biasimando quanti additavano le ingiustizie senza però mettersi in campo e costruire nel proprio piccolo un mondo che rispondesse maggiormente a verità e a giustizia[2]. E sarebbe bello se tanti di quei borghesi illuminati, quelli con le mani in tasca, quelli dai toni degni di un predicatore luterano in piena lotta protestante (sarebbe bello anche se avessero una tale cultura), conoscessero in un clima di sana dialettica le tante belle realtà di un cristianesimo sano, sensibile ai segni dei tempi[3], che anche qui in terra salentina ha lasciato piccole ma importantissime testimonianze.
Una di queste viene proprie dall’estremo sud, ed i protagonisti sono tanti, donne e uomini, giovani e adulti. Un esercito alternativo, che non pesa sulle tasche dei cittadini, che non usa le armi e promuove la dignità umana con l’assistenza sanitaria, il lavoro, la cultura, secondo valori laici ed universali giustificati per noi missionari da autentiche Verità di Fede, vissute nonostante le solite accuse di pelagianesimo o naturalismo.
Era il 1987 quando dal Salento un primo gruppo di laici partì per l’Africa con a capo mons. Mario Miglietta vescovo della Diocesi di Ugento Santa-Maria di Leuca, il suo segretario don Beniamino Nuzzo e il giovane direttore del relativo ufficio missionario, don Rocco Maglie. Ad accoglierli in quel desolato aereoporto solo tanta miseria e la realtà triste della periferia di Kigali, più precisamente quella del centro abitato di “Kicukiro”, “spazzatura” nella lingua locale. Lì vi erano già alcune religiose delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico e fu con la loro prima collaborazione che iniziò la lunga e straordinaria esperienza dell’Ufficio Missionario della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, esperienza che portò l’ufficio ad essere freneticamente attivo non solo in Rwanda, non solo in Africa ma in diversi stati nel mondo. Forse potremmo parlare delle attività in Kenya, in Tanzania, in Burundi, in Madagascar, in Birmania ed in India, quelle eccezionali e miracolose con le donne del Cile, quelle in Brasile; ma non lo faremo per questioni di opportunità poiché sarebbe bello parlarne pian piano, mese per mese.
Le prime attività in Rwanda ed il genocidio
Nel 1991 dopo i primi volontari arrivò la decisione di don Tito Oggioni-Macagnino, parroco ad Acquarica del Capo, di partire per Kicukiro come“fidei donum” e di passare gli ultimi anni della propria vita al servizio del popolo africano. L’ufficio missionario poteva dunque contare su una solida base nel Salento e su dei punti di riferimento stabili per l’intero Rwanda. Si cominciò dalla costruzione della grande casa del volontario con l’ausilio di muratori e maestranze salentine e poi con il centro sanitario di Sante’, rivelatosi utile durante la guerra del 1994 come postazione di pronto soccorso per Medici Senza Frontiere. Si seguì a collaborare con il Petit Seminaire di Ndera, dove don Tito con la professoressa Antonietta Stasi decisero di dedicarsi per interi anni. Ben presto arrivò anche un coppia di nuovi coniugi, si avviarono attività per migliorare le pratiche agricole grazie all’ausilio di agronomi italiani e tante altre piccole attività di assistenza sanitaria ai più disagiati.
Quella che sembrava una esperienza felice ben presto però si ruppe tragicamente. Già dall’inizio degli anni ’90 dopo un primo tentativo di colpo di stato da parte del Fronte Patriottico Rwandese (RPF), incominciarono le prime violenze tra le due etnie Hutu e Tutsi; nel frattempo Tonia Locatelli, missionaria italiana, venne assassinata pur di salvare dall’eccidio qualche centinaio di vite umane e di mese in mese le tensioni aumentavano. Si giunse così all’aprile del 1994 quando con l’esplosione dell’aereo del presidente Juvénal Habyarimana il livello delle violenze arrivò a quello di un vero e proprio genocidio ai danni della minoranza Tutsi e degli Hutu moderati. Ed il lutto e la folle morte arrivarono a toccare anche i volontari dell’ufficio missionario di Ugento-Santa Maria di Leuca ed i loro collaboratori. Gli estremisti Hutu si presentarono anche al Petit Seminaire di Ndera e davanti al rifiuto dell’economo e del rettore di collaborare per la consegna di alcune centinaia di rifugiati, risposero ammazzando il primo e ferendo il secondo. Furono molte le lacrime che versarono Antonietta Stasi e don Tito, le scene consumate davanti ai loro occhi, l’impossibilità di salvare tutti. Partirono in fretta e furia con un aereo di stato e fu a Ruffano e presso l’ospedale G. Panico di Tricase che alcuni rifugiati ed il rettore trovarono amore ed assistenza. Una triste sorte aspettava invece il vescovo di Kigali Vincent Nsengiyumva, altri due vescovi e decine di religiose e missionari.
La nascita di Amahoro e la cooperazione nel mondo
Si tornò dopo alcuni mesi, in ottobre, dopo che i fiumi si tinsero di rosso e che i machete e le mazze chiodate lavorarono di buona lena falciando oltre 800.000 persone. Fu il direttore dell’ufficio missionario, don Rocco Maglie, ad occuparsi di ispezionare i plessi saccheggiati ed occupati dai senza tetto.La Caritasprese l’impegno di ristrutturare la casa dei volontari a Kicukiro e si iniziò al ripristino delle attività. Con l’ausilio della Provincia di Lecce si inaugurò il nuovo reparto di maternità al Centro Sanitario di Santé; si proseguì con adozioni e sostegni scolastici a distanza per quasi cinquecento interventi annuali.
Nel 2003 i laici che operavano in Rwanda fondano Amahoro Onlus[4], associazione di volontariato internazionale con propria personalità giuridica. In questo modo un nuovo impulso venne dato all’impegno laicale nella cooperazione internazionale e nella spiritualità missionaria nell’intero Salento sotto la guida e l’aiuto dell’ufficio. Nel 2004 dopo la morte di don Tito Oggioni Macagnino, si portò a compimento il suo desiderio di realizzare un centro di accoglienza per anziani, quelli che in passato dormivano sotto le stelle per ricevere assistenza, al mattino, presso il Centro Sanitario di Santé.
Con Amahoro si sono avviati innumerevoli interventi per la fruizione di acqua potabile[5], si è dato una risposta alla mancanza di ammortizzatori sociali organizzando le vedove in piccoli laboratori tessili e comprando piccoli animali per la sussistenza dei più giovani. Nuove attività sono ancora in cantiere: scuole professionali per tornitori, una scuola a Ruhua, ed un centro polivalente a Bicumbi, ormai in fase di ultimazione. Ma l’attività non si ferma all’estero, instancabili volontari e volontarie si prestano ogni giorno nel centro missionario di Ruffano, lì dove opera attivamente Amahoro Onlus[6] e si promuove l’artigianato estero secondo le logiche del commercio equo-solidale, finalizzando gli introiti a progetti di cooperazione e pratiche di micro-credito in tutto il mondo. Dopo la scomparsa di mons. Vito De Grisantis, strenuo sostenitore della pastorale missionaria, anche mons. Vito Angiuli, nuova guida della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, ha subito desiderato partire per il Rwanda accompagnato dall’instancabile Don Rocco Maglie, lasciando ben sperare per un futuro altrettanto avvincente per questa piccola diocesi di Puglia in campo missionario.
L’amore e la passione che in molti impiegano silenziosamente in questo angolo di Salento ha prodotto e produce molti miracoli i cui protagonisti sono semplici donne e uomini, anziani e giovani. Chissà se da Spigolature Salentine un po’ di curiosità innaffierà il seme deposto nel cuore di qualche inaspettato operatore di pace. Diceva Adriana Zarri: “Ricevere doni è ricevere amore, accoglierlo e scaldarlo, dentro di noi, come un piccolo seme concepito. Un povero riceve tanti doni; specie un povero come me che è ricco – ricchissimo – di amici. Credo proprio di averne in ogni parte del mondo”
[1] A che serve avere le mani pulite se le si tengono in tasca?, Don Lorenzo Milani, Chiare Lettere 2011.
[2]Costituzione pastorale della Chiesa nel Mondo Contemporaneo, Gaudium et Spes, 55.
[3]Enciclica Pacem in Terris, Giovanni XXIII, 22-25.
[4]Amahoro significa Pace nella lingua del Rwanda.
[5]Il progetto “Acqua e Vita” ha realizzato cisterne, pozzi artesiani, e impiati UV di depurazione.
[6]Amahoro Onlus ha sede legale in Ugento, mentre quella operativa con una vera e propria bottega del mondo è sita in Ruffano in piazza Libertà presso il ex Convento dei Francescani, ora delle Missionarie della Consolata.
Mi onoro di aver avuto la Professoressa Antonietta Stasi come maestra per i 5 anni delle scuole elementari: Erano gli anni ’60 ma ancora oggi mantengo vivi tanti ricordi bellissimi; come quando il 13 giugno, in occasione del suo onomastico, portava in classe una scatola piena di ghiaccioli da mangiare tutti insieme, oppure la lettura (a puntate) di tanti libri che ci faceva nell’ultima parte della lezione che a noi (incantati) quasi dispiaceva il suono della campanella perchè interrompeva il racconto, oppure quando ai più “patiti” come me somministrava ogni mattina un cucchiaio di sciroppo “ricostituente” (?!).
Mi onoro altrettanto di avere avuto Don Tito come parroco, come insegnante di religione, dalle elementari alle medie, come guida per tutti noi ragazzi che frequentavamo l’oratorio che abbiamo contribuito (nel nostro piccolo) a tirar su.
Mi onoro infine di appartenere (anche se da anni vivo lontano) alla comunità acquaricese che direttamente con i valorosi e coraggiosi volontari (alcuni nelle foto) ma anche con il costante sostegno di gran parte dei compaesani ha contribuito ai piccoli-grandi miracoli riportati nell’articolo.
Grazie a tutti
Tommaso Coletta