di Giuseppe Massari
Pierfrancesco Orsini, nobile di nascita, il 2 febbraio 1650, e morto il 21 dello stesso mese dell’anno 1730, da papa ( quest’anno la data e il giorno della morte coincidono come allora),decise di abbandonare gli agi familiari, le prerogative legate al suo ruolo dinastico e scelse la vita religiosa, la vita claustrale, vestendo “le bianche lane” dei domenicani, col nome di frà Vincenzo Maria.
In questa famiglia monastica eccelse, nonostante i divieti, le ritrosie della madre che non aveva creduto alla sua vocazione, ma si convinse solo dopo che ebbe ricevuta la conferma dal papa Clemente X, il quale mise alla prova il giovane novizio e ne uscì edificato, così come raccontano i biografi e gli storici del tempo. Quindi, il domenicano Orsini legò indissolubilmente il suo nome, la sua vita, la sua azione pastorale, da vescovo e da papa, alla storia dei figli di san Domenico da Guzman.
I più degni di questa famiglia monastica furono canonizzati da lui. E’ l’esempio della monaca domenicana Agnese Segni da Montepulciano. L’Ordine non si disgiunge da lui in altri momenti della sua vita papale. Infatti, elevò alla porpora il Maestro Generale dei domenicani, Agostino Pipia, oltre Gotti, Selleri e Ferreri. Infine, non bisogna dimenticare quanto impegno mise, anche da un punto di vista economico per ristrutturare e portare ad un decoroso splendore le chiese di Santa Maria sopra Minerva e quella di San Sisto Vecchio Quanto l’Ordine dei Predicatori abbia fatto per questo suo figlio lo lasciamo al giudizio della storia.
Il tentativo che piace ricordare è quello del confratello padre Giuseppe Bartolomeo Vignato, autore della poderosa storia, in 9 volumi, della vita di questo santo pontefice. Oltre, non si segnalano iniziative di rilievo o, comunque, degne di menzione.
Ma la vita di questo pontefice è legata ad altre numerose famiglie religiose. L’indissolubile legame con i padri dell’Oratorio, i discendenti naturali e diretti di san Filippo Neri, verso il quale, il cardinale Orsini, prima e papa Benedetto XIII, dopo, ha nutrito una speciale attenzione, devozione e considerazione filiale. Le frequenti visite alla tomba del venerato fondatore, presso la chiesa della Vallicella, il dono di un ricco piviale a questa chiesa, la istituzione, per Roma, della festa di precetto, nel giorno in cui, il 26 maggio, la Chiesa celebra liturgicamente questo santo fiorentino ma molto amato dai romani; l’aver costruito chiese e consacrato altari in onore di san Filippo Neri, sono i segni di una gratitudine, ma sono anche le testimonianze della profonda radicalità sancita e scaturita fra un santo, la sua famiglia religiosa e un frate domenicano, sempre memore dei benefici ricevuti.
San Filippo Neri e l’Orsini sono un tutt’uno nella storia e nella vita della Chiesa. Ma quali sono i legami con le altre istituzioni, comunità, congregazioni religiose e papa Benedetto XIII? Possiamo dimenticare i gesuiti? No, perché, durante il suo pontificato, il papa pugliese e gravinese, elevò agli onori degli altari due figure illustri di questa famiglia religiosa: San Stanislao Kostka e San Luigi Gonzaga, quest’ultimo, addirittura riconosciuto e dichiarato patrono della gioventù.
I carmelitani sono grati a questo pontefice per due ragioni: perché è stato colui che ha portato alla gloria eterna il santo fondatore e dottore della Chiesa, San Giovanni della Croce, ed anche perché in precedenza, il 24 settembre del 1726, con un Breve estese il culto e la festa della Madonna del Carmine a tutta la Chiesa con una messa propria.
La famiglia passionista, voluta da San Paolo della Croce, ha verso questo papa un debito di riconoscenza. Non solo perché il santo fondatore fu ordinato presbitero dall’Orsini, ma perché fu l’Orsini ad incoraggiare Paolo Francesco Donei, conferendogli a voce il mandato di fondare un nucleo di apostoli e di predicatori della passione di Cristo.
Il percorso si snoda e giunge ad un’altra fermata, anche questa d’obbligo e doverosa: gli agostiniani. Ai figli spirituali del vescovo d’Ippona concesse il privilegio di vedersi riconosciute le ossa e il corpo da questo pontefice, nel momento in cui, tramite il vescovo di Pavia, si procedette alla ricognizione dei resti mortali del grande dottore e maestro Agostino.
I Fratelli delle Scuole Cristiane, fondate da San Giovanni Battista DeLa Salle, sono coloro che serbano grato il ricordo verso Benedetto XIII, per essere stati ufficialmente riconosciuti da questo pontefice che ne approvò le costituzioni predisposte dal santo francese, fondatore di un metodo educativo cristiano, volto alla formazione religiosa dei giovani, ma, anche, e , soprattutto alla loro crescita culturale. Questa istituzione laica, di diritto pontificio, è l’unica, forse, a pronunciare il nome di Benedetto XIII, così come previsto dal formulario, durante le cerimonie per le professioni solenni, perpetue o il rinnovo dei voti dei fratelli.
Ovviamente, in tutto questo elenco di comunità religiose, non possono mancare i francescani, se è vero, come è vero uno dei primi atti del suo pontificato, il 17 settembre 1724, fu la consacrazione della chiesa dei SS Dodici apostoli, a Roma, sede della Curia generalizia dei francescani conventuali. Ai figli meritevoli di San Francesco concesse l’aureola della santità, canonizzando Giacomo della Marca, Margherita da Cortona, penitente dell’Ordine francescano. Coincidenza strana; il pontefice, come abbiamo ricordato, morì il 21 febbraio del 1730, vigilia della festa dedicata a questa santa. A questi bisogna aggiungere anche Francesco Solano. Beatificò, inoltre frà Giovanni da Prato, Giacinta Marescotti, terziaria francescana, il martire cappuccino, Fedele da Sigmaringa.
Nella storia di un’altra comunità religiosa, L’Ordine dei Servi di Maria, Benedetto XIII entra a pieno titolo per aver canonizzato il santo più famoso di questi congregati, San Pellegrino Laziosi. Indirettamente, ma non meno importanti, sono gli stretti legami con le Congregazioni dei benedettini di Montecassino e di Montevergine, per aver, nel 1727, di ritorno da Benevento, riconsacrato l’abbazia dell’antico cenobio di Montecassino e per essere stato, quando era arcivescovo, cardinale protettore della Congregazione Verginiana di Montevergine.
Tutto questo elenco per dire cosa? Quale il messaggio che dovrebbe scaturire da queste pagine? La convinzione che tutti questi ordini, comunità religiose, congregazioni sono depositari di molto materiale storico, bibliografico e d’archivio a testimonianza della fede di questo pontefice. Fede elargita a piene mani, senza soste e senza risparmiare nulla, in termini fisici, di tempo, di preghiera. Per cui, riaprire questi scrigni, significa arricchire la fase di beatificazione e canonizzazione che sta interessando l’Orsini. Significa, coinvolgere, tutte queste famiglie di santi, nell’economia del Processo che potrebbe portare ai gradini degli altari un vero santo, un uomo di pietà, un mistico, un asceta, un monaco, vescovo e papa al servizio della plebe, della gente dimenticata, abbandonata, esclusa, emarginata; di quelle persone affette da morbi inguaribili e contagiosi. Se questa raccolta di nuovi dati, di nuovi elementi fosse stata fatta, forse, il Processo avrebbe potuto procedere più speditamente, con più rapidità, ma, soprattutto, con più cognizioni di causa, con più elementi probanti , per dare maggiore lustro anche a tutti quei conventi e comunità di frati, monaci, monache che conservano gelosamente le testimonianze di quel grande servo di Dio che fu l’Orsini: santo fra i suoi santi; colui che potrebbe essere canonizzato e rientrare fra coloro che egli riconobbe e di cui fece dono alla Santa Madre Chiesa.