di Alessio Palumbo
Bologna, 11 febbraio, ore 10:00
Apro gli occhi, soddisfatto per le dieci ore di sonno ininterrotto appena trascorse. Stamattina non si lavora e me la posso prendere comoda. Mio fratello dorme ancora all’altro capo della stanza, meglio non far rumore. Accendo il cellulare, un messaggino di buongiorno alla mia ragazza e la giornata può iniziare.
Mi muovo con passo felpato, con il pensiero fisso di una bella tazza di caffè. Percorro il breve corridoio ed eccomi in cucina. Le finestre sono aperte, le avranno lasciate così i miei coinquilini per mandar via il fumo delle sigarette. C’è un freddo da paesi scandinavi, ma non è questo che mi infastidisce. Quel che mi rovina la giornata è che fuori…nevica. Ancora neve! basta non ne posso più. Sopporto il freddo, accetto di buon grado la pioggia, non mi lamento se c’è nebbia, ma la neve proprio no. È più forte di me, non la tollero.
Fuori è tutto bianco, così bianco da far quasi male agli occhi. Sono dieci giorni che non vedo altro che neve. Ho camminato su strade lastricate di ghiaccio sconnesso e limitate da montagnole candide alte quanto persone. Dal tetto di casa mia spuntano stalattiti più lunghe di un metro e, due giorni fa, con abilità da funamboli, io e mio fratello siamo riusciti a buttar giù dei lastroni di ghiaccio da più di un quintale che pendevano minacciosi sulle nostre teste. Ma quando arrivano le belle giornate? Quelle mattinate di inizio primavera che…
Monto la caffettiera ed ecco che, una di quelle mattine torna alla mente.
Non sono più a Bologna, a meno sette gradi e con un paesaggio da steppa siberiana di fronte a me, ma a Galatina, Liceo Scientifico Vallone, cielo limpido e temperatura primaverile, sui ventidue-ventitre gradi.
“Che c’avete da fare dopo scuola?” chiede Gabriele a me e Carlo
“Niente” rispondiamo in coro
“Andiamo a mangiare al mare?”
“Perché no. Sì, dai”
“Andiamo a Lido Conchiglie, da S. Ci siete mai stati?”
“Io lo conosco di fama” rispondo
“Io non ci sono mai stato” fa Carlo
“Vi ci porto io” sentenzia sicuro Gabriele, con l’aria dell’uomo vissuto
“Ma io non ho soldi addosso” obietta Carlo “andiamoci la prossima settimana”
“Ma quale prossima settimana” mi oppongo “Con una giornata del genere! E poi io lunedì parto per Foligno, ho le visite per il concorso in accademia”
“Anticipo io” risolve Gabriele
Partiamo con la mia uno, ma guida l’organizzatore della gitarella. Finestrini abbassati, fischi alle ragazze, battute urlate in corsa ai passanti e tante risate. La giornata è così luminosa, così solare che è un obbligo sentirsi bene. Provenendo da Sannicola, all’altezza di San Mauro, Gabriele svolta a sinistra, dimostrando di non conoscere per nulla la strada.
“Dobbiamo andare a destra, dove vai?” gli faccio
“Ah, mi sono confuso” farfuglia
“Dì la verità, ci sei mai stato da S.?”
“No, ma me ne hanno parlato bene” ammette
“Sei il solito fanfarone” borbotta Carlo
Costeggiamo un mare talmente calmo da sembrar finto. Il sole gli brilla addosso che è una meraviglia.
Finalmente arriviamo a Lido Conchiglie. Entriamo da S., ordiniamo con piglio sicuro e, arrivate le portate, diamo il meglio di noi. Trenta ricci cadauno, una porzione di vongole per tre, sessanta cozze crude da dividere tra me e Carlo (Gabriele non si fida), spaghetti alla scoglio, cinque fritture miste e vino bianco a pioggia. Non è un pranzo, il termine tecnico è “mangiata”. Paghiamo e, quasi senza accorgercene, ci ritroviamo stesi sugli scogli, a torso nudo e con la tipica voglia di parlare, di dire cavolate, di spararle grosse, propria di chi ancora il vino non lo regge perfettamente. Le parole fluiscono da sole e non devono essere delle più forbite, visto che una mamma porta via il proprio figliolo tappandogli le orecchie. Ma cosa ci vuoi fare? Non puoi non essere felice, guascone, stupidamente spiritoso a diciotto anni, con tanto vino e cibo in corpo, pochi pensieri per la testa e quel mare dipinto davanti.
Il gorgoglio del caffè mi scuote e mi ritrovo a Bologna, ore 10.15. Gabriele ora vive e lavora a Roma, Carlo ha raggiunto la ragazza per due mesi in America e io sono qui, impiegato a tempo indeterminato presso l’Università di Bologna, da dieci giorni alle prese con la neve.
La settimana scorsa un amico burlone di Gallipoli pubblicò su facebook la foto del termometro che aveva in auto, verso le 13 temperatura a più 18. Didascalia: Nord sotto zero – Salento sotto venti. Sic.
Se il ricordo della nostra terra ti è rimasto dentro così profondamente, vuol dire che sei un salentino verace e che tale resterai per sempre, anche se la vita ti ha portato lontano. Consolati pensando che sei sempre in Italia e che poi …con la fantasia puoi sempre tornare.
Credo tu abbia proprio ragione!
Alessio!!! Hai ragione!! Da quello che leggo sono certa che sia proprio tu!! Ti mando un saluto Grande!! Paola P. (Liceo A. Vallone – VB)