piccolo tributo ad Antonio Niceforo
di Giacomo Cazzato
Se muore un uomo buono, straordinario nell’ordinario, non ci sono protocolli o steli commemorative che possano lasciare su pietra o su carta ciò che invece le opere incisero nei cuori delle persone che lo ebbero a conoscere. Era il dieci febbraio del 1980 quando in un normale martedì si ebbe la notizia della scomparsa improvvisa di Antonio Niceforo, medico condotto a Tiggiano sin dal 1946.
Quando Anna, infermiera autodidatta, mi parla di lui, ha gli occhi che le brillano. Nonostante sia vicina la soglia dei suoi novant’anni, mi parla con orgoglio di quell’esperienza di carità infinita in un’epoca di miserie materiali e di sofferenze. Un dopoguerra difficile, in cui senza impegni e senza pretese regalìe, lei e il dottore Niceforo si prestavano volentieri a curare malanni di ogni tipo a qualsiasi ora della notte e in qualsiasi periodo dell’anno.
Una esperienza che specialmente per il dottore Antonio Niceforo andò ben l’oltre l’assoluzione dei doveri di Ippocrate. Da padre e da fratello dispensò mille premure e mille raccomandazioni a seconda delle occasioni, senza confini territoriali, accogliendo tutti senza distinzioni di censo nel suo ambulatorio, pronto anche a lasciare in estate la sua Marina Serra per finire intorno a tavoli di legno in angusti tuguri, lì dove si viveva numerosi, scaldati corpo a corpo; lì dove gli aghi e le suture erano pratica umana prima ancora che professionale; lì dove la nascita di un bambino era non solo trionfo di vita ma più volte sconfitta mortifera. Lucia, l’anziana e fedelissima domestica che vive da sola in una casa piena di ricordi, rammenta bene le tante volte in cui il dottore tornava a tarda notte, lasciando nella preoccupazione sia lei sia la moglie Anna, incuranti magari che quell’uomo eccezionale stesse accompagnando a proprie spese una sua paziente in ospedale, allorquando le macchine in un paese come Tiggiano si contavano sulle dita di una mano.
Lo potremmo definire un medico senza frontiere, una eccezione per la regola del minimo impegno e del massimo guadagno, quella di quanti non prestavano soccorso se non con la certezza che la grana fosse pronta sotto il cuscino del bisognoso.
Se le comunità del Capo di Leuca ne conservano un caro ricordo è anche obbligatorio pagare questo grande pegno con la memoria di un uomo buono, anacronistico allora ma ancor di più oggi, cui additare come esempio mirabile di onestà e di amore.
Condividiamo il ricordo di un uomo che, nell’esercizio della sua professione, si è sempre prodigato generosamente per alleviare le sofferenze dei tanti pazienti che accorrevano nel suo ambulatorio, utilizzando al meglio,con destrezza e con tempestività gli strumenti a sua disposizione. Anna e Pina
In un periodo in cui sono poco ricordati gli eroi, se non in occasioni di immani tragedie, mi associo con un senso di riconoscenza profonda alla commemorazione di Antonio Niceforo che, per il solo fatto di aver nobilitato la natura del suo essere uomo, si è guadagnato l’immortalità in un mondo di fantasmi viventi. Insieme a chi, come me, non l’ha mai conosciuto di persona, dichiaro un posto perenne e privilegiato nella memoria.
Grazie per averci allargato un po’ il cuore, Giacomo.
Ringrazio di cuore per le sentite ed ammirate parole con cui ha ricordato mio padre Giacomo che, pur essendo troppo giovane per averlo conosciuto direttamente, è riuscito a descriverlo per quello che era veramente nel suo lavoro quotidian…o. L’affetto, la riconoscenza e la stima per la sua umanità e professionalità delle persone che lo hanno conosciuto direttamente o indirettamente è per me la più preziosa ed importante eredità ed anche il migliore modello che un genitore può fornire, specialmente in un periodo in cui, come dice giustamente Giacomo, sembra che solo il denaro sia l’unico valore. Mio padre mi insegnato invece, sia a casa che nel suo lavoro, che fare bene agli altri fa star bene con gli altri e questo è quello che conta veramente. Grazie ancora, Giacomo, e perdonami una sola puntualizzazione: l’anno in cui mio padre è morto è stato il 1981, non aveva ancora compiuto 62 anni.
Milly Niceforo Lecce 10 febbraio 2012
Cara Milly, pur non avendo conosciuto tuo padre di persona, l’ho intravisto negli occhi commossi e riconoscenti di tante persone. Questo non era null’altro che un piccolo e dovuto pensiero, una sorta di frutto emozionale dopo le tante storie ascoltate a tu per tu.
P.s. Effettivamente se lo scorso anno era il trentennale della morte e venne ricordato con una bella messa, tuo padre è morto nel 1981.Grazie per la precisazione.
è stato anche il mio medico di base
Per coloro che,come me,non hanno avuto la benedizione di conoscere di persona il “dottore nostro”, così come amava e ama chiamarlo il popolo Tiggianese e non, c’è una memoria grata, affettuosa, commossa e anche nostalgica da parte di tanta gente e soprattutto di gente semplice e umile verso la persona del dott. Niceforo. Dalla loro testimonianza traspare la viva immagine del buon samaritano che si è piegato sulle sofferenze di tanti infermi, per curarne il corpo, ma con uno sguardo che andava oltre: in quel corpo il “dottore nostro”, vedeva un’anima appartenente a Qualcuno. Mia madre riferisce spesso una sua espressione pronunciata entrando in casa nostra e notando le foto dei familiari defunti: “Questo resta di noi, Signora, e le opere buone, se le facciamo”. Come non additarlo quale esempio di vocazione alla santità?Tiggiano può gloriarsi di avere avuto un uomo come lui che ha scritto una pagina importante della sua storia, proprio perchè il dott. Niceforo ha incarnato e vissuto la storia dell’Uomo.
La lapide commemorativa migliore? Desiderare di imitarlo secondo le nostre capacità!
don Antonio Riva 1979 (sicuramente lo avrò avuto come mio pediatra!)
Un pensiero riconoscente anche se non ho mai conosciuto questo valoroso medico;storie così belle e vere dovrebbero essere conosciute da tutti …e farebbero ancora del bene !