di Vito Roberto
Angelo Conte
LA DEA DEL SORRISO
Scorpione Editrice, Taranto, 2011
Una scultura straordinaria, l’unica a carattere religioso proveniente dalla Magna Grecia; le circostanze del suo ritrovamento nel 1912; il suo trafugamento e i movimenti di affaristi clandestini; l’acquisto da parte del Pergamon Museum di Berlino nel 1914, ove tuttora si trova; le prime indagini di un’archeologa italiana; le diatribe sull’identità della statua – Persefone oppure Afrodite – e sulla sua origine – tarantina oppure locrese….
Angelo Conte ricostruisce con competenza e passione le vicende della divinità femminile in trono, capolavoro della scultura tardo-arcaica (480-460 a.C.) esportata clandestinamente un secolo fa. Una storia di storie che si intrecciano lasciando tante zone oscure tra pochi sprazzi di luce. La curiosità, la tenacia, la capacità di affrontare in modo apparentemente distaccato i diversi aspetti della vicenda servendosi dei documenti originali, fanno di Conte l’investigatore di una moderna fiction che riesce ad appassionare il lettore.
Il libro parte da un’analisi storico-artistica dell’opera quale oggi ci appare, anche dopo i restauri che ha affrontato. Poi, le vicende del ritrovamento, clandestino al punto da rimanere di fatto ignoto per almeno due decenni. E’ soltanto nel 1933 che Paola Zancani Montuoro, archeologa di fama internazionale, ne fa una puntigliosa ricostruzione: ma si tratta pur sempre di una ricostruzione a distanza di tempo insormontabile. Ciononostante, parte un’inchiesta della Guardia di Finanza, alcuni testimoni ancora in vita vengono ascoltati……. Le testimonianze emergono dagli archivi e sono riportate direttamente nell’appendice documentaria che costituisce oltre un terzo del libro. La storia delle storie si sviluppa attraverso lettere, resoconti d’interrogatorio, relazioni di funzionari. Sono i documenti a diventare protagonisti, perché gli uomini di questa storia non hanno mai la statura degli attori di un dramma. Non un solo vero ladro, ricettatore o mercante d’arte, ma tanti piccoli personaggi che fanno da sfondo, ciascuno a suo modo attento ad arraffare per sé quel poco che si può e a non essere invischiato nelle indagini. Ciò che li unisce è il profondo senso di estraneità al bene pubblico … E anche chi il pubblico interesse dovrebbe tutelare, lo fa da burocrate del ventennio. Ne deriva un ‘pasticciaccio’ che solo la fantasia di Carlo Emilio Gadda avrebbe potuto concepire.
Altra conseguenza dell’intrigo è la disputa che nacque tra Taranto e Locri per la sede del ritrovamento. Il libro si occupa anche di questo, portando prove decisive a favore della tesi ‘tarantina’. La vicenda della Dea in Trono è diventato un caso clamoroso di perdita di memoria collettiva.
Angelo Conte riesce a farci riflettere su quanto i beni culturali siano, ancora un secolo dopo, ostaggio dell’indifferenza dei tanti e dell’inettitudine dello Stato…. al punto che il danno – il vero danno – è la perdita della nostra identità.
Sull’onda di queste ricerche importanti, di questi studi, di queste passioni, di queste testimonianze, la nostra identità collettiva recupera e restituisce a tutti noi cose preziose. Quanto ai “trafugamenti” e alle “vicende clandestine”, ciò che è estraneo ad un paese, ad una cultura, col tempo si aliena da sè per mancanza di radici. Così chi si impossessa di opere d’arte grazie al malaffare, al potere del denaro, ad una politica che non tutela il proprio patrimonio artistico-culturale prima o poi ne paga le conseguenze.
Il libro di AngeloConte sarà la mia prima lettura di archeologia.