“Italiani di Crimea, una tragedia attuale”: la cerimonia nel 70° della deportazione
di Paolo Rausa
Si è svolta sabato scorso, 21 gennaio 2012, nella Sala Affreschi di Palazzo Isimbardi, sede della Provincia di Milano, la cerimonia in commemorazione della deportazione degli Italiani di Crimea, subìta il 29 gennaio 1942: “Italiani di Crimea, una tragedia attuale”.
Sono oramai trascorsi 70 anni da quel tragico 29 gennaio del 1942, quando per volere di Stalin oltre duemila italiani da tempo residenti in Crimea furono arrestati e deportati in Kazakhstan. Erano i figli e i nipoti degli emigrati, soprattutto dalla Puglia, che in due ondate, negli anni ’30 e ’70 dell’Ottocento, si erano trasferiti in Crimea, ormai ben integrati nella società locale. Al termine di un viaggio della durata di due mesi per le vie di mare e di terra nei vagoni piombati, durante il quale morì la metà dei prigionieri, i deportati sopravvissuti furono rinchiusi nei campi di lavoro e abbandonati a se stessi.
Pochissimi sopravvissero agli stenti e solo alcuni fortunati poterono ritornare in Crimea durante il regime di Krushev. Nel frattempo tutte le loro proprietà, compresa la terra acquistata nel cimitero, erano state confiscate. A distanza di 70 anni da quei fatti, le Autorità Ucraine non hanno ancora riconosciuto la deportazione della comunità italiana, né sul piano storico né su quello giuridico, a differenza di quanto avvenuto per le altre comunità nazionali coinvolte (tartara, tedesca, greca, armena, bulgara).
Mentre le Istituzioni Italiane non sono finora riuscite a far riconoscere lo status di comunità deportata e a concedere, per quanto di loro competenza, la cittadinanza ai sopravvissuti e ai discendenti dei deportati, una comunità oramai ridotta a 300 componenti. Questi argomenti storici e soprattutto le implicazioni sociali che si riflettono negativamente sulla comunità italiana supersite sono stati al centro degli interventi del Presidente dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano, Dino Abbascià, a cui sono seguite le riflessioni amare, ma risolute nell’esprimere solidarietà e impegno a favore della comunità di Crimea, di Giulio Vignoli dell’Università di Genova, di Francesca Gori presidente di Memorial Italia, di Tito Manlio Altomare, giornalista Rai, di Francesco Pergolo, figlio di profughi e parente di deportati e fucilati, e del sindaco di Bisceglie Francesco Spina, l’unico fra le amministrazioni pugliesi invitate.
Molte le testimonianze e le prove di affetto espresse dai numerosi rappresentanti delle Associazioni intervenute e in particolare, toccante, quella di don Canetta, che per quasi vent’anni ha svolto la sua missione di fede e di cultura in Kazakhstan. Fra le adesioni e gli attestati di riconoscimento delle Autorità Italiane, fra cui quelle del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, significativa è stata la missiva inviata dal Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, in cui si ribadisce l’impegno per la nostra comunità, anche con la conferma dell’istituzione di borse di studio in Italia a favore delle giovani generazioni. Ma l’emozione ha pervaso i presenti quando sono state lette alcune testimonianze dei deportati nei campi di lavoro sovietici, accompagnate dal video tratto dal documentario “Puglia oltre il Mediterraneo” di Tito Manlio Altomare. Ma ancor più quando una telefonata con la Crimea ha riportato in sala la viva voce, veramente e profondamente commossa, di Giulia Giacchetta Boico, presidente dell’Associazione “Il Cerchio” degli italiani di Crimea.
In conclusione è stata scoperta la riproduzione della stele commemorativa bilingue, con il bassorilievo opera dello scultore Antonio Sodo, che verrà installata sulla banchina del porto o in altro luogo significativo della città di Kerč, la città dove risiedeva la più grande comunità italiana in Crimea e da dove prese avvio la deportazione.
Una delegazione dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano ha partecipato alla cerimonia che si è svolta a Kerč ieri, 29 gennaio.
Triste drammatico pezzo di una storia poco conosciuta, quella forse retrocessa, per chissà quale logica, in serie B: la deportazione in Kazakistan degli italiani stabilitisi in Crimea tra il 1830 e il 1870.
C’è qualcuno di noi che si ricordi di averlo imparato a scuola?
Se pensiamo che perfino dell’eccidio delle foibe siamo venuti a conoscenza da poco, niente ormai ci può stupire. Ci sono stati accenni qua e là, forse qualche sbadigliante riferimento. Grata alla Redazione sempre attenta alla diffusione del mondo passato e attuale, e grata all’autore di questo articolo, Paolo Rausa, denuncio la mia quasi totale ignoranza dei fatti e m’indigno. Agricoltori, marinai e addetti alla cantieristica navale partirono verso la Crimea da Trani, Bisceglie e Molfetta col miraggio di una vita nuova. Fu solo l’illusione di poco perchè, tra purghe staliniane e politiche perverse e tiranniche della neofondata UNIONE SOVIETICA, le minoranze nazionali, tra cui quella italiana, furono deportate in Kazakistan con fantomatiche accuse di spionaggio e fascismo rivolte perfino a tutti i rifugiati politici dichiaratamente antifascisti. Solito delirio di potere e onnipotenza, rinnovato orrore del vuoto dell’anima. La metà dei deportati morirono durante la massacrante odissea da Kierc al Kazakistan, i loro corpi buttati fuori dai vagoni e dalle navi come vuoti a perdere e i pochi arrivati a destinazione fucilati, torturati, maltrattati nei campi di lavoro sovietici.
Vedete? Il ‘Giorno della memoria’ destinato al massacro degli ebrei nei lager nazisti, in realtà si dilata nel tempo spaziando tra passato e presente in un unicum fatto di dolore e riflessione: i nomi cambiano, ma le barbarie permangono e di qualsiasi colore si tingano, di qualsiasi nazionalità si presentino e sotto qualsiasi perversa ideologia politica si nascondano, gridano pietà! La pietà della conoscenza per restituire dignità a corpi senza croci, rispetto a storie senza pagine, veridicità a sacrifici senza riconoscimento e amore a sogni senza futuro.
I fatti stanno proprio come dici tu, Raffaella. Ma vedi, la questione non è solo legata ad avvenimenti della storia negata. I discendenti di quegli italiani deportati sopravvivono in Crimea in condizioni di miseria, perché non gli è stato restituito nulla degli averi posseduti, neanche la terra del cimitero acquistata per seppellire i congiunti. Ad essi e solo ad essi, rispetto agli altri popoli deportati – l’armeno, il greco, il tedesco, il tataro – non è stato ancora riconosciuto lo status di deportati, anche per il disinteresse dimostrato in questi anni dalle autorità italiane. Per questo ci battiamo. Per richiedere giustizia e togliere dall’oblio una vicenda che offende ancora le nostre vittime! Grazie del tuo commento.
Sono al vostro fianco, Paolo, e se mai potrò fare qualcosa per questa causa, fammelo sapere! Il grazie mio e di molti lettori di Spigolature è sempre e solo a te che con il tuo gruppo ti adoperi a sensibilizzare e divulgare notizie attuali e storiche soffocate per anni a discapito della giustizia da rendere a connazionali che hanno pagato e pagano un prezzo umano spropositato e non di loro pertinenza. Hai ragione, è macabro pensare che uno Stato che allora tacque su un crimine vergognoso come questo, si ostini a farlo tuttora non impegnandosi nella lotta al riconoscimento internazionale dei fatti, del sangue e dei diritti del suo stesso popolo, dovunque esso sia stanziato. Ciò offende tutti noi, cittadini di un’Italia riconosciuta come repubblica DEMOCRATICA che se anche dovesse ormai essere fondata poco sul Lavoro, dovrebbe quanto meno puntare di più sulla giustizia.
Raffaella, la tua sensibilità ti rende significativamente vicina ai nostri connazionali di Crimea, da cui sono appena ritornato per portare la mia solidarietà e quella dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano nel ricordare sul pontile di Kerch la deportazione avvenuta 70 anni fa, il 29 gennaio del 1942. Se vuoi puoi condividere l’impegno per far ottenere dallel Autorità Italiane e Ucraine il riconoscimento dello status di deportati e l’azione di solidarietà verso gli italiani, soprattutto pugliesi, di Crimea. Mandami un tuo contatto alla mia mail: paolo.rausa@gmail.com. Ciao, Paolo.
La storia è la materia scolastica che dovrebbe essere abolita, è inutile, in quanto non serve a non far ripetere gli errori all’umanità ed è immorale, perchè è stata dettata quasi integralmente da assassini, infatti non mi risulta che gli assassinati abbiano potuto dettare alcuna pagina.
Condivido fino all’ultima parola, con buona pace del ciceroniano “historia magistra vitae”, sconfessato da millenni, ormai, di storia…
Professò, tu queste cose non le puoi dire, questo si chiama infedele patrocinio.
Scusate, il problema non è solo la giusta indignazione e riprovazione o la considerazione amara che purtroppo le tragedie si ripetono, ma quando queste avvengono e lasciano delle terribili conseguenze come rimediarvi sul piano istituzionale, spingendo le Autorità a rimediarvi, per quanto possibile, e soprattutto come solidarizzare sul piano umano, come portare conforto a chi ha perso tutto ma non le radici, il senso dell’appartenenza. Sarà strano o paradossale tutto questo ma è così commovente l’attaccamento al nostro paese, alla bandiera tricolore, alla lingua che merita da parte nostra un sostegno illimitato e generoso! Non siete d’accordo? Grazie comunque per l’interesse dimostrato, ma purtroppo non basta… A presto!