di Lucio Causo
Oscar Kokoschka nasce a Pochlarn, sul Danubio, il 1° marzo 1886. Dal grande musicista Mahler, con la di cui moglie Alma aveva avuto una relazione, prenderà l’espressionismo dei suoi eccellenti spartiti che si staccano decisamente dalle vecchie relazioni tonali per divenire, più tardi, il motivo innovatore della dodecafonia.
Nei primi anni del ‘900 Adolf Loos procura dei lavori a Kokoschka, che disegna e dipinge ritratti a Berlino facendosi notare dai collaboratori della rivista Der Sturm che lo accolgono nel gruppo redazionale.
Nel 1910 espone alcuni quadri nella capitale tedesca insieme al gruppo di Blaue Reiter (Cavaliere Azzurro). Le sue immagini sono diafane e nascondono tormenti misteriosi che dissolvono il barocco viennese per inserirsi nelle nuove formule dell’espressionismo.
Nel 1919 viene chiamato ad insegnare nell’Accademia di Dresda, ove rimane fino al 1924. Nel periodo fra le due guerre ha già cominciato i suoi viaggi durante i quali dipinge soprattutto paesaggi. Dedica buona parte della sua attività anche alle incisioni.
Nel 1934, dopo la condanna della sua opera, come arte degenerata, dal regime nazista, Kokoschka si trasferisce a Praga e vi rimane fino al 1938, anno in cui è costretto a rifugiarsi a Londra, città che diviene la sua dimora fino al 1953. Successivamente si trasferisce in Svizzera, ed è qui che si spegne nel 1980 all’età di 94 anni.
G. Carlo Argan sostiene che il problema di Kokoschka è quello del segno, inteso come trascrizione immediata di uno stato sensorio, affettivo, istintivo.
Nel 1984 alla Mostra Permanente di Milano sono stati esposti i fogli da lui disegnati ed acquerellati nel periodo dal 1906 al 1924, insieme ai cento fogli, provenienti dai musei italiani ed americani, di Gustav Klimt che ritrae le donne della nuova epoca e gli uomini con barba ad appena 16 anni.
La nuova oggettività tedesca, la moda-arte, l’erotismo grafico e il verismo decorativo di scuola viennese compaiono come cronaca del tempo e del costume in una stimolante, eccezionale esposizione, della quale Giorgio Mascherpa su Avvenire di gennaio del 1994 dà ampia notizia.
Kokoschka intervistato da Piero Girace per il Roma, nel gennaio del 1959, afferma che “l’arte moderna potrà essere superata dalla civiltà meccanica, mentre l’arte accademica ritarderà la sua distruzione poiché l’accademia è costituita da elementi disciplinari difficilmente costretti alla demolizione. L’arte non può staccarsi dalla tradizione, essa è come un essere vivente che ha i suoi genitori, i quali devono essere rispettati nella loro continuità di idee e di pensieri rinnovati”.
Kokoschka visita il Salento negli anni successivi al secondo dopo guerra e, da Gallipoli, riporta la visione fantastica del tramonto sulla perla dello Ionio, filtrata dall’istintismo di un grande drammaturgo.
Una chicca a nota del tuo interessante articolo su Kokoscka, credo qui Lucio valga la pena ricordare. Ed è relativa all’opera unanimemente ritenuta massima dell’artista “La sposa del vento” e alla musa che lo ispirò. La sopra citata Alma Mahler. Donna colta e affascinante, ritenuta la musa del XX secolo, tre matrimoni con importanti personalità dell’allora cultura viennese. Di cui in ordine; il compositore Gustav Mahler, l’architetto Walter Gropius, fondatore della nota Bauhaus, e il il poeta Franz Werfel. La loro fu una passione travolgente, ma il carattere passionale e gelosamente morboso dell’artista fece naufragare la loro unione, a niente valse la sua insistente offerta di matrimonio. Kokoscka male accetto l’abbandono della sua amata musa, tanto che addirittura ne ordinò minuziosamente un feticcio in tutto assomigliante a lei, ma quando la strana bambola fu pronta, non incontro la sua soddisfazione per la riuscita, ciononostante non se ne separò per lungo tempo. A lei soprannominata- la più bella ragazza di Vienna-,dedicò più di 450 opere tra disegni e tele.