Devono pagare i danni ai 220mila proprietari di oliveti del Salento leccese
di Antonio Bruno
Il giornale sudafricano Times.online del Sunday Times ha pubblicato ieri una notizia dal titolo “Italian olive oil mostly non Italian”, che fa riferimento a un’inchiesta del quotidiano italiano Repubblica sul mercato dell’olio d’oliva e sugli inganni che si celano dietro etichette di difficile lettura.
L’ha scritto a chiare lettere Paolo Berizzi su “La Repubblica” del 23 dicembre 2011 che c’è una frode commerciale in atto che danneggia i proprietari degli 85mila ettari con 9 milioni di giganti del mediterraneo del Salento leccese che piangono da anni lacrime amare lasciando le olive sull’albero.
L’indagine di Paolo Berizzi
L’indagine giornalistica di Paolo Berizzi rivela i meccanismi incredibili delle dinamiche fraudolente dei “signori dell’olio”, un gruppo di potere agroalimentare – come afferma anche Coldiretti – che sull’importazione e sull’assenza di tracciabilità delle “miscele” sta facendo fortune illegali, attraverso un sofisticato sistema di import export con anomalie fiscali, fatture gonfiate e proficui scambi intra ed extra comunitari.
Secondo il rapporto 2010 Coldiretti/Eurispes sulle agromafie, il 93,1% dell’olio vergine ed extravergine importato dai paesi extracomunitari viene dalla Tunisia e in Italia inonda varie regioni, anche quelle storicamente vocate alla produzione di olio; ma anche Spagna e Grecia sono fra i principali bacini di approvvigionamento.
E come ha affermato Stefano Masini di Coldiretti: “Queste non sono semplici frodi in commercio, sono organizzazioni criminali strutturate che controllano i prezzi e tengono in mano un’intera filiera. È la mafia dell’olio”.
Vendono l’olio dicendo che è di olive italiane invece non è vero!
Si tratta di olio spagnolo, tunisino, greco, marocchino che ogni giorno viaggia sulle strade dell’Italia a Bordo di Tir e nei porti delle coste della nostra penisola a bordo di navi cisterna. Tutto questo è in un’indagine, ancora in corso condotta dall’Agenzia delle Dogane, dai detective del settore frodi del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia di Finanza, in collaborazione con Coldiretti. Quattro bottiglie di olio extravergine su cinque battono ufficialmente bandiera italiana ma contengono prodotti stranieri (provenienti soprattutto da Spagna e Grecia) e quattro chili d’olio su dieci in vendita nei supermercati sanno di muffa (studio Unaprol, Coldiretti e Symbola). Inoltre l’Italia esporta 250mila tonnellate di olio ma ne importa 470mila (nel 2010 sono state 100mila in più). Perché?
La truffa dell’agromafia
Sapete che fanno? Acquistano olio d’oliva straniero a 25 centesimi al chilo e dopo che trattano quest’olio, lo mescolano, lo deodorano e lo sbattono sugli scaffali della Grande Distribuzione Organizzata a prezzi stracciati! Li avete visti sui cartelloni pubblicitari gli oli extravergini di oliva ancora oggi venduti dai due ai quattro euro al chilo. Stefano Masini, responsabile consumi della Coldiretti ha dichiarato al giornalista Paolo Berizzi:
“E’ qui che i signori dell’olio giocano la loro partita sleale. C’è un gruppo di potere agroalimentare che sull’importazione e sull’assenza di tracciabilità delle “miscele” sta facendo fortune illegali. Così come per i rifiuti si parla di ecomafia, è arrivato il momento, anche per l’olio, di parlare di agromafia. Bisogna iniziare a aggredire i patrimoni”.
Tutto questo è oggetto di un indagine giudiziaria e il giornale La Repubblica, per non pregiudicare l’esito delle indagini, per ora tiene coperti i nomi delle aziende finite nel mirino degli investigatori.
Sulle etichette non si legge se è olio italiano o miscelato!
Sempre al giornale “La Repubblica” Sergio Marini, presidente nazionale di Coldiretti ha dichiarato: “L’ex ministro delle politiche agricole Saverio Romano quattro mesi fa aveva annunciato con grande enfasi un decreto che fissando delle dimensioni minime rendesse più leggibili le etichette Che fine ha fatto il decreto? Si è perso?”.
Ma perché è bene che non si leggano le etichette?
Perché è li che c’è la speculazione! Questi signori acquistano l’olio di oliva dall’estero a 25 centesimo e lo rivendono a tre o al massimo quattro euro! Insomma non raccolgono le olive, non le portano al frantoio ma acquistano olio dall’estero, se lo fanno portare con i Tir o con le navi cisterna, lo trasformano e lo imbottigliano e tutto questo gli da un guadagno da favola!
Invece nel Salento leccese le olive non le raccogliamo più!
Lo dico a Cesare Vernaleone che me lo chiede sempre e a tutti quelli che mi chiedono il perché non conviene raccogliere le olive e del basso prezzo dell’olio. Adesso abbiamo capito cosa accade?
Lo chiarisce ulteriormente sempre sul giornale “La Repubblica” Amedeo De Franceschi, vice comandante dei Nafs della Forestale con questa dichiarazione
“L’olio, rispetto ad altre produzioni agroalimentari, per esempio il vino, è un prodotto straordinariamente semplice. Vent’anni fa l’attività dei produttori era regolata da una legge europea che diceva: l’extravergine d’oliva è un prodotto ottenuto solo dalla spremitura meccanica delle olive. Oggi è cambiato tutto. L’olio d’oliva è sparito. E l’extravergine è diventato una giungla. Risultato: le aziende non spremono più niente: mettono in cascina olio che viene da fuori, da lontano, coi tir. La gente lo compra e non sa che è un inganno. Perché dall’etichetta non si riesce a capire che cosa c’è nella bottiglia”.
L’olio che viene venduto a prezzi dai 2 ai quattro euro, secondo Massimo Gargano, presidente di Unaprol, non è extravergine ed è un olio d’oliva di pessima qualità; sempre a “La Repubblica ha dichiarato:
“C’è pieno di oli di oliva difettati venduti come extravergini. Sono oli che meritano di essere declassati, altro che made in Italy. La prima indagine nazionale sulla qualità dell’olio d’oliva in vendita nei supermercati italiani ha dato esiti disastrosi. Su dodici campioni (delle marche più vendute) prelevati dagli scaffali e analizzati in laboratorio, quasi la metà sapeva di muffa. Le analisi organolettiche hanno evidenziato difetti gravi come il rancido e il riscaldo. Un olio per poter essere considerato extravergine deve essere privo di difetti organolettici”.
Bisogna farsi promotori di una class action con richiesta di danni nei confronti delle ditte. Bisogna passare dalle parole ai fatti! Ci sono dei danni e quindi è necessario che tramite una class action con richiesta di danni nei confronti delle ditte oggetto dell’indagine ancora in corso condotta dall’Agenzia delle Dogane, dai detective del settore frodi del Corpo Forestale dello Stato e della Guardia di Finanza, in collaborazione con Coldiretti. In questo senso sarebbe opportuna la presentazione di una azione civile fatta dalle organizzazioni professionali agricole ma anche in collaborazione con il Codacons che auspichiamo possa raccordarsi con tutte le associazioni dei consumatori del Salento leccese affinché con i soldi recuperati si possa di nuovo lanciare l’olio d’oliva salentino nel mondo!
Bibliografia
Paolo Berizzi, Il businnes dei furbetti dell’olio “La Repubblica” del 23 dicembre 2011, pagina 26.
http://www.ow8.rassegnestampa.it/mipaafportale/pdf/2011/2011-12-23/2011122320506661.pdf
Abbiamo uno degli oli migliori del mondo e dobbiamo lasciarlo marcire sugli alberi per far guadagnare soldi a farabutti????
Class action imediatamente, a difendere l’orgoglio salentino!!!