di Armando Polito
Brundisii sargus bonus est; magnus si erit, sume.
Apriculum piscem scito primum esse Tarenti.
(Il sarago di Brindisi è buono; se è grande compralo!
Sappi che il pesce-cinghiale di Taranto è il primo)
I due esametri appena tradotti sono di Quinto Ennio, poeta nato a Rudiae nel 239 a. C., uno dei padri della letteratura latina. Purtroppo di lui ci restano solo frammenti delle opere, pervenutici per tradizione indiretta. È il caso anche dei due versi qui citati facenti parte di un gruppo di undici ed appartenenti all’opera Hedyphagetica (Squisitezze, dal greco edýs=piacevole e fagèo=mangiare); titolo dell’opera e versi sono citati da Apuleio di Madaura (II secolo d. C.) nel capitolo XXXIX della sua Apologia.
In altra occasione parlerò più estesamente di questi due pesci. Oggi non posso farlo perché vivo nel terrore di dover scontare una pena storica…
Un mio antenato, pescivendolo non digiuno di latino, in epoca rinascimentale pensò bene di sfruttare il messaggio enniano per dare lustro alla sua bancarella, e di immortalare l’evento nell’arazzo riprodotto in testa e a me pervenuto, questa volta, per tradizione diretta.
Vivo, come ho già detto, nel terrore che prima o poi l’Agenzia delle entrate, applicando qualche dispositivo “tecnico” dell’ultima ora con valore retroattivo per i pescivendoli e senza prescrizione del reato e bypassando pure il controllo della Finanza (l’arazzo parla chiaro…), mi commini qualche multa per evasione fiscale “storica” (avrebbe fatto bene il mio antenato a lasciarmi, allegato all’arazzo, almeno un centinaio di ricevute di pagamento, cosa superflua e non dovuta per quelle contemporanee che sguazzano non compilate e libere nei paradisi fiscali…) e che anche i vigili urbani (di Roma o di Nardò?) me ne comminino una supplementare perché sui cartelli del mio antenato mancava l’indicazione del prezzo…