di Pino de Luca
Dallo Jonio all’Adriatico, dal desiderio di riappropriarsi della terra a quello di riprendersi l’umanità. Con il Patto dell’Arca, Noé si appropria della propria umanità ubriacandosi nella vigna, così Gesù, nella istituzione eucaristica prende il più sacro e lo rende il più terreno: pane e vino, il mezzo della trasformazione è la preghiera.
Ne son nate tante di preghiere, alcune codificate da Ministero, una moltitudine impressionante private e privatissime.
Si prega in silenzio, sottovoce, in coro e cantando.
“Matonna te lu mare” è una preghiera. Nata dalla interazione ventennale di Mimino Gialluisi e Bozzi Mozzi (Sergio Mangia), colonne portanti di un gruppo musicale che ha fatto la storia della Canzone Popolare Salentina: “Santu Pietru cu tutte le chiai”.
Strana preghiera, profumata di mare e di sudore invece che d’incensi, comincia subito potente e potente prosegue, ma mai scomposta, mai adirata o ricattatoria. Una petizione onesta, con voce alta e distesa perché chi è in alto ricordi chi conduce una vita grama, chi si fa le mani a sangue remando nelle tempeste per poter crescere i suoi quattro figlioli. Parole di grande dignità e insieme di grande umiltà. Ascoltavo questa canzone mentre da San Pietro Vernotico, seguivo verso nord la strada provinciale 78. Masseria Maime (www.tormaresca.it). Zona a vocazione vitivinicola da sempre, a due passi dal “grande mare Adriatico”, recentemente acquisita dall’azienda Tormaresca di Castel del Monte. I nuovi proprietari non hanno fatto scempio di culture e colture, ma, sapientemente, ne hanno tratto il meglio riprendendo e valorizzando vocazioni, precazioni e anche imprecazioni. Masseria Maime è anche l’etichetta di un negroamaro in purezza che della “Matonna te lu mare” ha la stessa impronta: Profumi complessi (di lampone e frutti rossi del sottobosco, ho sentito evidente il corbezzolo maturo, in seconda battuta anche spezie esotiche, ginseng con un finale quasi vanigliato). Possente al gusto, da subito, ma insieme gentile, mai aggressivo, men che meno supponente. Ma non va via subito, per nulla. Resta a lungo a far compagnia al palato, persistente e anche di buona acidità come il pescatore che invoca la Madonna. Anche nel mare in tempesta sulla sua scorza di nocciola così è Masseria Maime, non prevarica, non deborda ma è li sereno e forte a rappresentare chi non ha paura del destino nemmeno quando è solo di fronte all’immenso.
Ho versato tre dita di Massseria Maime (2007) e ho alzato il volume, davvero emozionante la combinazione, quando la canzone finisce e finisce anche il vino, si prova una sensazione di forza e, insieme, di grande tenerezza. Lo so, ho dimenticato qualcosa, capita sempre quando si scrive di una emozione. Ho dimenticato di dir del colore di Masseria Maime. Ma son sicuro che lo avete indovinato. Rubino intenso. Rosso.
Provateci a metterli insieme, ad ascoltare la musica e a gustare il vino. Ad occhi socchiusi, magari pregando la Madonna del mare: per Mimino, per Sergio, e per tutte le chiavi di San Pietro.
Io torno ai remi.
Pubblicato su Nuovo Quotidiano di Puglia del 23 settembre 2011 La Dolce Vita – p. 27